“Ma sta già creando problemi!” Jess si girò, irritata.
“Sicurezza!”, urlò. “Aiuto! Qualcuno fermi quell'uomo!”
Galvanizzato dalle urla di Jess, uno dei passeggeri afferrò la giacca di Zane, mentre lui gli passava accanto. Il ragazzo scivolò sulle piastrelle, dimenando le braccia, e trascinando con sé uno dei paletti mentre cadeva a terra.
“Trattenetelo”, Jess invocò. “Sicurezza, presto!”
Con un'ondata di sollievo, Cassie si rese conto che la sicurezza si stava effettivamente muovendo. Due poliziotti dell'aeroporto si stavano affrettando verso la fila. Avrebbero raggiunto Zane in tempo, prima che potesse avvicinarsi a lei o scappare.
“Sono venuto per salutare la mia ragazza, agenti”, farfugliò il ragazzo, ma i suoi tentativi di affascinare i due poliziotti non funzionarono.
“Cassie", chiamò Zane, mentre quello più alto gli afferrava un braccio. “Au revoir".
Restia, la ragazza si girò a osservarlo.
“Au revoir! Non è un addio", urlò lui mentre gli agenti lo facevano allontanare. “Ti rivedrò. Prima di quanto credi. Farai bene a stare attenta”.
Cassie riconobbe la minaccia nelle ultime parole del ragazzo— ma, in quel momento, si trattava di parole a vuoto.
“Grazie mille", disse a Jess, sopraffatta dalla gratitudine per quell’atto di coraggio.
“Anche io avevo un ragazzo nocivo”, simpatizzò la ragazza. “So quanto possano essere possessivi, si appiccicano come il velcro. È stato un piacere essere stata in grado di fermarlo”.
“Passiamo il controllo passaporti prima che trovi un modo per rientrare. Ti devo un drink. Cosa vuoi — caffè, birra o vino?”
“Vino, senza dubbio", rispose Jess, mentre le due ragazze si dirigevano verso i gate.
“Quindi, dove stai andando esattamente in Francia?” chiese Cassie, dopo che ebbero ordinato da bere.
“Questa volta vado da una famiglia a Versailles. Vicino a dove si trova il palazzo, credo. Spero di aver la possibilità di andare a visitarlo quando avrò un giorno libero”.
“Questa volta, hai detto? Hai già avuto un altro incarico?”
“Sì, ma non è andata molto bene”. Jess fece cadere un cubetto di ghiaccio nel suo bicchiere. “La famiglia era orribile. Infatti, ho deciso di non usare mai più Le ragazze alla pari di Maureen. Questa volta sono con un'agenzia diversa. Ma non preoccuparti”, disse di fretta, “sono sicura che a te andrà tutto bene. Maureen deve avere degli ottimi clienti nei suoi libri”.
Cassie si sentì la bocca improvvisamente asciutta. Fece un grosso sorso di vino.
“Pensavo avesse una buona reputazione. Voglio dire, il suo slogan dice La miglior agenzia europea”.
Jess rise. “Beh, si tratta solo di marketing. Anche altre persone me l’hanno descritta diversamente”.
“Che cosa ti è successo?” chiese Cassie. “Per favore dimmelo”.
“Beh, il lavoro sembrava a posto, anche se alcune delle domande di Maureen durante il colloquio mi avevano fatto preoccupare. Erano talmente strane che avevo iniziato a chiedermi che problemi avesse quella famiglia, perché a nessuna della mie amiche ragazze alla pari avevano chiesto certe cose nel corso del loro colloquio. E quando sono arrivata — beh, la situazione non era proprio quella pubblicizzata”.
“In che senso?” Cassie si sentì raggelare. Anche a lei le domande di Maureen erano parse alquanto strane. Al momento, aveva dato per scontato che a tutte le candidate venissero chieste le stesse cose; che si trattasse di un test sulle loro abilità. E forse lo era… ma non per i motivi che aveva immaginato lei.
“La famiglia era decisamente tossica”, disse Jess. “Mi mancavano di rispetto e mi umiliavano. Il lavoro che dovevo fare esulava completamente dai miei compiti; a loro non importava, e si rifiutavano di cambiare le cose. E quando ho detto che me ne sarei andata — è lì che è diventato un campo di battaglia”.
Cassie si morse il labbro. Aveva avuto la stessa esperienza, crescendo. Si ricordava voci alte dietro porte chiuse, litigi bisbigliati in auto, un incredibile senso di tensione. Si era sempre chiesta quali motivi potesse mai riuscire a trovare sua madre — così tranquilla, sottomessa, sconfitta — per litigare con il suo pomposo e aggressivo padre. Fu solo dopo che sua madre morì in un incidente d'auto che Cassie capì che i litigi erano iniziati tutti con lo scopo di mantenere la pace, gestire la situazione, proteggere lei e sua sorella maggiore dalle aggressioni che scoppiavano senza preavviso, e senza alcuna buona ragione. Senza la presenza di sua madre, il conflitto in ebollizione si era tramutato in una vera e propria guerra.
Cassie si era immaginata che fare la ragazza alla pari avrebbe portato tra i suoi vantaggi quello di far parte della famiglia felice che non aveva mai avuto. Iniziava però a temere che la realtà fosse totalmente opposta. Lei non era stata in grado di mantenere la pace a casa. Sarebbe mai stata capace di gestire una situazione instabile nello stesso modo in cui aveva fatto sua madre?
“Sono preoccupata per la famiglia che troverò”, confessò Cassie. “Anche a me hanno fatto domande strane durante il colloquio, e la loro ragazza precedente se n'è andata prima della fine del contratto. Cosa succederà se mi trovassi costretta a fare lo stesso? Non voglio rimanere se le cose iniziano ad andar male”.
“Non andartene a meno che non si tratti di un’emergenza”, l'avvisò Jess. “È un’azione che causa contrasti enormi, e dovrai sborsare un sacco di soldi; sarai ritenuta responsabile di moltissime spese extra. Proprio per questo motivo ero quasi decisa a non provarci un’altra volta. Sono stata molto attenta prima di accettare questo incarico. Non sarei stata in grado di permettermelo se questa volta non avesse pagato tutto mio padre”.
Jess posò il suo bicchiere di vino.
“Andiamo al gate? Siamo vicino alla coda dell'aereo, quindi saremo il primo gruppo ad imbarcare”.
L'eccitazione di salire sull'aereo riuscì a distrarre Cassie da ciò che le aveva detto Jess, e una volta sedute ai loro posti, le due ragazze si misero a chiacchierare di altro. Quando l'aereo decollò, Cassie sentì risollevarsi anche il suo spirito, perché ce l'aveva fatta. Aveva lasciato il Paese, era riuscita a scappare da Zane, ed era in volo, verso un nuovo inizio in una terra straniera.
Fu solo dopo cena, quando ripensò con più attenzione ai dettagli del suo incarico, e agli avvertimenti che le aveva dato Jess, che i suoi timori iniziarono nuovamente a insinuarsi.
Non tutte le famiglie potevano essere male, no?
E se invece un'agenzia in particolare avesse la reputazione di accettare famiglie difficoltose? Beh, in quel caso le possibilità sarebbero state maggiori.
Cassie provò a leggere per un po', ma si rese subito conto di non riuscire a concentrarsi sulle parole; i suoi pensieri si susseguivano rapidi mentre si preoccupava di cosa le avrebbe riservato il futuro.
Diede un'occhiata a Jess. Dopo essersi assicurata che la ragazza fosse assorbita dal suo film, Cassie prese la confezione di pillole dalla propria borsa, senza farsi notare, e ne ingerì una con l'ultimo sorso di Coca Cola Light. Dato che non riusciva a leggere, tanto valeva provare a dormire. Spense la luce e reclinò il sedile.
*
Cassie si ritrovò nella sua malmessa cameretta al piano superiore, rannicchiata sotto al letto con la schiena contro il freddo muro ruvido.
Dal piano di sotto giungevano risate ubriache, tonfi ed urla; baldoria che, di lì a poco, sarebbe diventata violenta. La ragazzina tese bene le orecchie, in attesa di sentire rumori di vetri infranti. Riconobbe la voce di suo padre e quella della sua ultima ragazza, Deena. C'erano almeno altre quattro persone di sotto, forse di più.
E poi, sopra le urla, Cassie sentì lo scricchiolio delle assi del pavimento, mentre passi pesanti salivano le scale.
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