“Wow, questi sono incredibili!” disse Joy entusiasta. “E se non te l’ho già detto, di questo mi piace molto la storia. Per me colpisce nel segno. Credo che tu abbia fatto un ottimo lavoro.”
“Mhmm…forse,” fu la mia sola risposta. Fissai pensierosamente il testo che era stato inserito per seguire le illustrazioni.
“Cosa c’è che non va?”
“Non lo so. Voglio dire, ne sono felice, ma mi domando se mi sono spinta troppo oltre o detto troppo in una volta.”
“No, non credo proprio tu l’abbia fatto.” Joy scosse la testa con veemenza. “ E io sorrido tocca ogni aspetto, mostrando come il pregiudizio sia un comportamento appreso, anche se non lo hai fatto in maniera diretta se capisci cosa voglio dire. Non farti venire troppi dubbi. Secondo me ci dovrebbero essere più libri per bambini come questo.”
“Credo di essere solo nervosa, tutto qui. Considerando che i nostri fondi federali hanno appena ricevuto un taglio drastico, non possiamo permetterci poche vendite con questo libro.” Non aggiunsi che neppure io potevo permettermelo. La retta della scuola di Kallie era prevista per la fine del mese.
Joy tornò dall’altro lato della scrivania e riprese il suo posto. Poi si sporse in avanti con un’espressione d’intesa.
“Cadence, abbi un po’ più di fiducia in te stessa. Tutto andrà bene. Inoltre, non dimenticare il galà che sta per arrivare. I biglietti sono andati esauriti molto velocemente, sono sicura che sarà un successo. Hai fatto una cosa incredibile qui. Pensa solo a tutte le famiglie che I sognatori di Dahlia ha rimesso insieme o a tutti i giovani studenti a cui è stata data l’opportunità di fare qualcosa di grande. Quelle persone non avrebbero mai avuto una possibilità se non ci fossi stata tu. Sei amata da così tante persone, e il nuovo libro andrà bene anche per questo motivo.”
Contrassi le mie labbra ma non risposi. Forse mi stavo preoccupando troppo. Però, nuovamente, c’erano in palio delle vite. Le persone stavano contando su di me e il mio gruppo.
Diedi un’occhiata all’angolo superiore dello schermo del mio computer. Indicava le tre del pomeriggio.
“Visto che Simon non verrà, finirò le poche cose che mi sono rimaste da fare, poi andrò da Kallie. Ti dispiace tenere la postazione per il resto della giornata?”
“Cosa stai aspettando?” Joy fece un gesto con la mano come per sparare. “Va’ ora! Il ballo è una serata speciale per lei!”
Risi, pensando all’urlo di gioia di Kallie dopo che aveva finalmente trovato il vestito ‘perfetto’.
“Già, lo è. É anche così eccitata,” aggiunsi e cominciai a raccogliere i documenti con le informazioni sul caso Álvarez. “Andrò via fra pochissimo. Voglio solo sistemare tutto questo disastro sopra la mia scrivania prima di andare.”
“Beh, non metterci troppo.” Joy si alzò per andarsene. “Divertiti a farla bella stasera—non che Kallie ne abbia realmente bisogno. Quella ragazza ha il volto di un angelo!” Sorrise, ma il suo volto si incurvò un attimo, il rammarico era evidente nei suoi occhi. “Mi manderai delle foto, vero?”
Joy non aveva mai saltato neppure una festa di compleanno di Kallie. Sapevo che si stava sentendo un po’ male per perdersi quella serata. Le sorrisi per rassicurarla, dicendole in silenzio che capivo la sua situazione imbarazzante.
“Joy, è il tuo anniversario. Goditelo! Sai che ti manderò dei messaggi. Diavolo, puoi contare su di me per il fatto che ti farò esplodere il telefono con una cronaca minuto per minuto. Sarà come se tu fossi lì. Ora esci di qui così posso sistemare le mie cose,” le disse facendole l’occhiolino.
Una volta che se fu andata, misi in una cartellina i pacchi di fogli che avevo raccolto per Simon Reed e la depositai in una cassettiera piuttosto vecchia dove tenevamo i casi aperti. C’erano tre altri casi ancora da risolvere. Due di loro erano ancora in corso, e la prospettiva non era buona. Il terzo, invece, era stato chiuso il giorno prima ed era stata una conclusione lieta. Pensai al bambino che, dopo aver passato mesi separato, era stato riunito ai suoi genitori. Il suo caso era finito nella cassettiera con una etichetta con una faccina sorridente. Quello era lo scopo finale del nostro lavoro—creare sorrisi.
Quando mi girai verso la scrivania, notai un documento legale che faceva capolino da sotto un quaderno a spirale. Era una lettera di offerta che mi era arrivata una settimana prima. In un istante, tutta la mia eccitazione per Kallie e il suo ballo scomparve e mi sentii precipitare.
Lo tirai fuori e lo fissai, il testo mi provocò quasi un buco nel cuore. E questo succedeva ogni volta che guardavo quell’offerta. Era per l’ultimo pezzo di terra che i miei genitori possedevano ad Abingdon in Virginia. La proprietà—in tutto cento e quaranta acri—era passata a me dopo la loro morte oltre dieci anni prima. Era stata la loro vita e il loro sogno fino alla loro morte.
Sospirai mentre un’ondata di tristezza mi travolgeva.
“Mi manchi così tanto, mamma,” bisbigliai verso una stanza vuota.
Avevo ventiquattro anni quando mia madre era morta, mio padre l’aveva seguita poco meno di un anno dopo. Le loro morti mi avevano quasi distrutta, specialmente quando mi ero resa conto che mi mancavano le conoscenze e le risorse per mandare avanti il loro campeggio. Ero una madre single che lottava per stare a galla. Dovevo stabilire delle priorità. Incapace di permettermi il carico fiscale, alla fine cominciai a vendere pezzi di terra uno alla volta. Usai un po’ del denaro per pagare i miei debiti studenteschi e per dare vita a i Sognatori di Dahlia. Poi vendetti altra terra per comprare una piccola casa per me e Kallie, ma le scuole non erano il massimo. Vendetti altra terra per potermi permettere di mandarla a una scuola privata.
Ora erano rimasti solo trentasette acri. La retta della scuola di Kallie e il destino de i Sognatori di Dahlia erano sulla bilancia. Nonostante l’incertezza sul mio futuro finanziario, esitavo nel venderla per una delle clausole principali. Il compratore interessato rifiutava di dividere la proprietà che includeva il cottage estivo dove avevo vissuto con i miei genitori e il lago nelle vicinanze.
Il mio lago.
Quello era il vero motivo per cui non riuscivo a convincermi a firmare sulle lineette tratteggiate. Non avrebbe significato solo perdere la casa estiva della mia adolescenza. Avrebbe significato anche rinunciare al lago. Per quanto l’offerta fosse buona, il pensiero di rinunciare al mio posto segreto e al luogo dove ero passata da bambina a donna quasi mi distruggeva. Per me sarebbe stato come vendere un pezzo del mio cuore.
Avevo sempre amato il lago. Aveva un senso di bellezza e mistero che mi attirava. Trovavo magica l’afosa aria estiva e i tramonti. Visto il modo in cui avevo idealizzato il posto non c’era da meravigliarsi che fosse stato sin troppo facile innamorarsi lì.
Ricordi soffocati cercarono di tornare in superficie. Lottai per scacciarli, ma lo sforzo fu vano. Per quanto volessi negarlo, in fondo in fondo, sapevo il motivo che mi stava bloccando dall’essere d’accordo sulla vendita. Una vendita finale avrebbe significato la chiusura e non ero sicura di esserne pronta. Avrebbe significato rinunciare definitivamente a lui . Avrebbe significato che tutti i ricordi insieme sarebbe finiti con l’essere solo quello che erano—ricordi.
Fitz
Ero seduto all’esterno di un famoso pub irlandese di Washington e stavo osservando distrattamente il monumento a Washington in lontananza. Era una limpida giornata di inizio maggio. Era caldo ma il gran calore estivo non era ancora arrivato nella capitale della nazione.
Il senatore Robert Cochran era seduto davanti a me e si stava aprendo il suo secondo pacchetto di Marlboro Rosse. Mentre avvicinava il suo accendino alla punta dell’ennesima sigaretta, mi convinsi che aveva voluto incontrarci lì solo perché il pub permetteva di fumare nel patio esterno.
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