Guido Pagliarino - L’ira Dei Vilipesi

Здесь есть возможность читать онлайн «Guido Pagliarino - L’ira Dei Vilipesi» — ознакомительный отрывок электронной книги совершенно бесплатно, а после прочтения отрывка купить полную версию. В некоторых случаях можно слушать аудио, скачать через торрент в формате fb2 и присутствует краткое содержание. ISBN: , Жанр: unrecognised, на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале библиотеки ЛибКат.

L’ira Dei Vilipesi: краткое содержание, описание и аннотация

Предлагаем к чтению аннотацию, описание, краткое содержание или предисловие (зависит от того, что написал сам автор книги «L’ira Dei Vilipesi»). Если вы не нашли необходимую информацию о книге — напишите в комментариях, мы постараемся отыскать её.

26 settembre 1943, Napoli è sul punto di ribellarsi ai tedeschi occupanti. Rosa, prostituta e borsanerista già confidente della polizia politica fascista, muore per cause violente. Gennaro, suo presunto assassino, è fermato e interrogato inutilmente da un ancor inesperto vice commissario, Vittorio. Poco dopo s'accende l’insurrezione che passerà alla storia come Le Quattro Giornate di Napoli. Vi aderiscono il vice commissario e, stranamente liberato dal questore in persona, il presunto assassino di Rosa. Partecipa alla lotta anche la giovane Mariapia che, dopo aver subito uno stupro plurimo da parte tedesca, brama vendetta. Presto Gennaro risulta essere suo parente. Avviene un altro assassinio, bersaglio un tabaccaio, anch'egli imparentato con Mariapia.
Affresco storico sociale con aspetti polizieschi ambientato a Napoli prevalentemente nel 1943, durante le storiche Quattro Giornate in cui la città si liberò da sola dell’occupante nazista. Accanto ai personaggi in carne e ossa è protagonista il furore, sia l’ira collettiva che erompe sul campo di battaglia e ha per corollario, da parte vincitrice,stupri e altre bestialità, sia, parallelamente, la collera che s’esprime nella ribellione a privati soprusi impuniti dall’autorità e ormai insopportabili. Se un popolo oppresso può di pieno diritto ribellarsi e insorgere e se, come ammetteva addirittura san Tommaso d’Aquino, è consentito l’omicidio del tiranno quando non ci sia altra via per ritrovare la  libertà che Dio stesso ha concesso all’essere umano, è lecito o no uccidere un malavitoso che la giustizia non riesce a raggiungere e colpire, il quale continua ad angariare, sfruttare e uccidere il prossimo entro il proprio quartiere? Chi, non avendo altra difesa possibile, ricorra alla difesa estrema è colpevole? E, se sì, fin a che punto? Questo è il dilemma privato che corre lungo il romanzo attraversando la vicenda pubblica della ribellione di Napoli ai tedeschi. La scena si apre sulla morte violenta di Rosa, ricca prostituta e borsanerista già confidente della polizia politica fascista. Gennaro, suo presunto assassino, è fermato e interrogato inutilmente da un ancor inesperto vice commissario, Vittorio D’Aiazzo. Pochissimo dopo, siamo al 26 settembre 1943, s'accende l’insurrezione che passerà alla storia come Le Quattro Giornate di Napoli. Vi aderiscono lo stesso vice commissario e, stranamente liberato dal questore in persona, il presunto assassino di Rosa. Partecipa alla lotta anche la giovane Mariapia che, dopo aver subito uno stupro plurimo da parte tedesca, brama vendetta. Gennaro risulta essere, a un certo punto dell’opera, suo parente. Nel corso degli scontri avviene un altro omicidio che, almeno all’apparenza, come già la morte della prostituta, non è attinente alla rivolta: la vittima è un tabaccaio, cugino di Mariapia, che qualcuno ha sgozzato mentre stava defecando, tagliandogli poi i testicoli. I due decessi sembrano a un certo punto collegarsi, perché i defunti non solo erano entrambi legati alla camorra, ma pure ai servizi segreti militari americani O.S.S. Entrano in scena tra un combattimento e l’altro diversi personaggi tra cui, personaggio secondario ma basilare, l’anziano riparatore di bici Gennarino Appalle che scopre il cadavere del tabaccaio e, al termine d’uno scontro fra insorti e SS tedesche sulla via innanzi alla sua bottega, esce in istrada e, ansante, ne avverte il vice commissario D’Aiazzo, che allo scontro ha partecipato assieme al suo aiutante, l’impetuoso brigadiere Bordin. Il tabaccaio era stato una laida persona, a suo tempo picchiatore della camorra. Relativamente alla morte della prostituta, la soluzione giunge già verso la metà dell’opera. Quanto all’identità dell’assassino del tabaccaio, le indagini di Vittorio D'Aiazzo continuano assai a lungo e l'autore del crimine si svelerà solo nel 1952.

L’ira Dei Vilipesi — читать онлайн ознакомительный отрывок

Ниже представлен текст книги, разбитый по страницам. Система сохранения места последней прочитанной страницы, позволяет с удобством читать онлайн бесплатно книгу «L’ira Dei Vilipesi», без необходимости каждый раз заново искать на чём Вы остановились. Поставьте закладку, и сможете в любой момент перейти на страницу, на которой закончили чтение.

Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

Come già gli agenti della ronda, nemmeno il vice commissario aveva potuto credere che l’uomo fosse un cliente dell’esosa mondana, avendo valutato il suo abbigliamento modesto e mal ridotto e l’assenza di denaro nelle sue tasche. Considerando che l’uscio era stato lasciato aperto verosimilmente proprio per lui, l’aveva supposto un complice nel mercato nero. L’aveva dunque accusato d’averla ammazzata per sopraggiunti contrasti: “Confessalo e ti mando a dormire!”

“Non è vero niente, s’è trattato sicuramente d’un incidente avvenuto prima ch’io entrassi”, aveva negato l’altro.

“Se non eri un complice in disaccordo, allora eri stato mandato a ucciderla da un concorrente”, aveva premuto il funzionario.

“Signor dottore, vi 12dico ancora che non è vero!” s’era acceso l’uomo abbandonando l’atteggiamento docile che aveva tenuto fin a quel momento.

Non richiesto, il brigadiere Bordin era scattato: “Busòn! 13Porta rispetto al dottore o ti riempio di calci dove te lo fai ficcare!”

Il vice commissario non ammetteva villanie e l’aveva redarguito: “Marino, i calci e l’insulto te li tieni per te.” Aveva ripreso: “Gennaro, sempre che tu ti chiami davvero Gennaro Esposito, e sta’ sicuro che controlleremo all’Anagrafe domani… no, stamattina, vista l’ora, sentimi bene: anch’io, come te, avrei voglia di concludere, dunque ti faccio una proposta” – l’uomo aveva alzato la soglia d’attenzione visibilmente, semi schiudendo la bocca mentre le pupille gli si dilatavano un poco –: “Se ti confessi colpevole di omicidio preterintenzionale, il che significa che hai ucciso andando oltre l’intenzione che avevi…”

“…lo so.”

“Allora senti: potresti ad esempio dirmi che non avevi soldi e che la vittima non voleva concedersi a credito, per cui in un irrefrenabile impulso d’ira le avevi dato una spinta, senza volerla ammazzare ma, disgraziatamente, lei cadendo era rimasta lesa a morte; insomma, mi hai capito: in questo modo davanti al plotone d’esecuzione, non ci finisci 14, ti fai solo un po’ di galera. Se invece io scrivo nel mio rapporto per il giudice istruttore che sospetto tu sia il sicario d’un qualche borsanerista della camorra che ha voluto eliminarla, oppure un diretto concorrente della donna al mercato nero che ha voluto farla fuori per sempre, tu sei già bell’e fucilato.”

L’uomo, pur se più stanco del vice commissario, non aveva confessato: “Non solo vi ripeto un’altra volta che non sono un assassino e, a quanto ne so io, che la donna è morta per un incidente avvenuto prima ch’io entrassi da lei, ma adesso vi dico pure che sono un sergente maggiore artigliere e che ho passato le linee raggiungendo Napoli ieri sera.”

“Hm… dimmi di più.”

“Sono anche cuoco, ero in servizio come direttore di cucina nel circolo ufficiali del 3° battaglione, 1° reggimento Artiglieria Costiera, di stanza a un cinque chilometri a nord di Paestum, in provincia di Salerno.”

“Lo so dov’è Paestum… va beh, supponendo che tu m’abbia detto adesso la verità, è nel tuo stesso interesse che noi si controlli la tua identità militare e perciò dimmi della scuola allievi sottufficiali da cui vieni e da quale corso”: in realtà, nel caos seguito all’armistizio quella verifica sarebbe stata probabilmente impossibile e il D’Aiazzo lo sapeva, ma aveva contato sul fatto che l’altro, qualora gli avesse mentito, si sarebbe scoperto.

L’uomo non s’era scomposto: “La mia carriera è partita dalla gavetta: a ventotto anni, dopo aver perso il posto di aiuto cuoco in una trattoria…”

“…cos’avevi combinato?”

“...ma niente di male! Il locale aveva chiuso perché, come dicevano i padroni, erano arrivate le ultime conseguenze della crisi del ’29.”

“Va beh, va’ avanti.”

“Avevo cercato lavoro altrove ma trovato niente: nessuno assumeva, semmai licenziavano. Allora, per non pesare su mia madre ch’era rimasta vedova e faticava facendo le pulizie in negozi e cucendo e ricamando in casa per estranei, alla fine m’ero arruolato volontario, sperando di fare carriera e diventare sottufficiale: sei anni prima ero stato congedato dal servizio, con onore, col grado di caporale, che mi era stato riconosciuto alla riafferma; e siccome ero stato già nelle cucine durante la leva, dopo il corso d’aggiornamento su certi cannoni m’avevano di nuovo spedito davanti alle pignatte, a parte le periodiche esercitazioni di tiro con l’artiglieria, il fucile e la pistola; e così è stato per tutta la mia carriera militare, prima da caporalmaggiore, quindi da sergente e, finalmente, da sottufficiale 15: sergente maggiore direttore della cucina del circolo ufficiali. Dopo l’armistizio e lo sbarco degli ex nemici 16sulle nostre coste, mi sono trovato allo sbando coi commilitoni, preoccupato di non incontrare né angloamericani né tedeschi. Mi sono imboscato, mangiando frutta e verdura portate via agli orti e, le poche volte che mi ospitavano in cascine, anche pane, latte e uova; ma i contadini, o almeno quelli che ho incontrato io, son gente interessata, mi hanno chiesto senza eccezioni un compenso, prima in soldi, e ho dato loro, a mano a mano, quanto mi restava dell’ultimo stipendio, poi, finito il denaro, ho dovuto lasciare il mio orologio: era d’acciaio, ma di marca; e all’ultimo purucchio 17ho mollato la mia medaglietta di san Genna’ con catenella, tutt’e due in oro 18 carati, dono dei miei per la Prima Comunione, in cambio del camisaccio e della tuta da lavoro che ancora indosso. Mi sono messo in borghese e ho gettato la piastrina militare di riconoscimento e anche i documenti militari, perché noi di carriera l’abbiamo non solo d’altro colore ma con scritto sopra che siamo appunto militari e anche il nostro grado…”

“…lo so”

“Già, pure per voi è così. Ho buttato la carta d’identità e la patente militari tenendo solo la patente civile e, non più in divisa, mi sono diretto alla mia Napoli, sono riuscito a passare la linea del fronte e, ieri sera, sono entrato in città. Muovendomi prudentemente anche se ero in borghese e avevo con me un documento, sono giunto in piazzetta del Nilo, che non è lontana dall’alloggetto di mammà e mio nel vicolo Santa Luciella; e, per colpa del mio buon cuore, dopo quant’avevo già passato, ho ancora avuto l’impulso d’aiutare quella donna che gemeva e… eccomi qui, proprio quand’ero ormai vicinissimo a casa.”

“Come mai sul tuo permesso di guida non è segnato il tuo domicilio nella zona di Paestum?”

“Occupavo una stanza in caserma, assieme a un altro sergente maggiore anch’egli scapolo, non avevo un’abitazione esterna: mai ho considerato le caserme come casa mia e mai m’è venuto di far togliere l’indirizzo di Napoli: solo sulla carta d’identità e sul permesso di guida militari facevo variare, perché era obbligatorio, a parte il fatto che sulla patente civile avrei dovuto far cambiare sovente l’indirizzo dalla Motorizzazione 18, dato che mi trasferivano ogni pochi anni; e invece la carta e la patente militari, me le rifacevano direttamente nel nuovo reparto; e poi, dopotutto, a Napoli da mammà tornavo ogni volta che andavo in licenza.”

“Sappi che andremo in vicolo Santa Maria a controllare se ci abita davvero tua madre e se altre persone ti conoscono.”

“…e io vi ringrazio, signor commissario, perché è proprio là che sta mammà e potrete avere conferma di me da lei e pure dai vicini; mi raccomando, però, di tutto cuore: non spaventatemi mammà, ditele, per piacere, che vi ho incaricato io di salutarmela dato che non ho potuto venire di persona per ragioni di servizio.”

“Se troviamo tua madre, non te la spaventiamo e le parliamo come tu desideri.” A questo punto, però, il vice commissario gli era stato di nuovo addosso: “Prima avevi tentato di farmi credere d’aver avuto con la Demaggi un appuntamento galante prezzolato e poi hai ammesso che non era vero; allora dimmi: se la vedevi per la prima volta, come facevi a sapere che quella donna era un prostituta?”

Читать дальше
Тёмная тема
Сбросить

Интервал:

Закладка:

Сделать

Похожие книги на «L’ira Dei Vilipesi»

Представляем Вашему вниманию похожие книги на «L’ira Dei Vilipesi» списком для выбора. Мы отобрали схожую по названию и смыслу литературу в надежде предоставить читателям больше вариантов отыскать новые, интересные, ещё непрочитанные произведения.


Отзывы о книге «L’ira Dei Vilipesi»

Обсуждение, отзывы о книге «L’ira Dei Vilipesi» и просто собственные мнения читателей. Оставьте ваши комментарии, напишите, что Вы думаете о произведении, его смысле или главных героях. Укажите что конкретно понравилось, а что нет, и почему Вы так считаете.

x