“Non due, uno.”lo corresse Jaren “E non si tratta di mettere a tacere la coscienza, Assynt”aggiunse “ma di liberarli da quei mostri, lupi o quel che siano. Inoltre, se ce ne andiamo adesso, la morte di Marlok, non sarà servita a nulla.”
Goriath scosse la testa e si voltò, tornando indietro nella direzione da cui era venuto. Ci fu poi un silenzio imbarazzante e Assynt non riuscì più a tirar fuori altri argomenti per cercare di convincere il ragazzo, ostinato com'era.
“Sei del tutto sicuro di quello che dici?”chiese l'uomo con serena rassegnazione.
“Si”
“E sei anche sicuro che possiamo andare?”
“Potete partire in totale tranquillità. Mi assumerò tutti le conseguenze derivanti da questa decisione. Preferisco stare in pace con la mia coscienza che con mio padre.”
“Dovresti pensarci due volte riguardo a questo.”terminò prima di partire.
Il ragazzo si alzò e andò all'abbeveratoio per sciogliere le redini di Donko.
“Jaren!”
Si voltò a guardare Erik, che zoppicò e montò a cavallo prima che arrivasse il suo amico.
“Stai bene?”gli chiese il suo amico.
Lui annuì.
“Dove stai andando?”
“Non mi fare domande, Erik.”concluse, prima di dirigersi con determinazione verso nord.
Non ascoltò nemmeno le proteste di alcuni degli abitanti per la velocità con cui attraversava il villaggio come un fulmine, senza fermarsi, finché, lasciatosi il vecchio ponte alle spalle, raggiunse la fattoria di Hans e Lora.
Lì lasciò Donko legato alla recinzione che circondava la proprietà e passò sotto, risparmiandosi di camminare qualche metro fino alla porta. Mentre si dirigeva verso la casa, attraversando l'arida distesa di quelli che un tempo erano stati rigogliosi frutteti che raddoppiavano la quantità di frutta nella fattoria, diede un'ultima occhiata a quella foresta che sembrava racchiudere cosi tanti misteri. Quando fu arrivato alla porta, non ebbe nemmeno bisogno di bussare, poiché si aprì davanti a lui e Jaren incontrò i piccoli occhi tristi di Hans.
“Ragazzo...”mormorò.
“Ho bisogno di parlare con te.”
Il vecchio si fece da parte, lasciando passare Jaren, che si precipitò dentro.
Il salone sembrava un po più accogliente del giorno prima. Il caminetto acceso dava all'ambiente un calore che però non era sufficiente a scacciare la sensazione di solitudine di cui era impregnato l'ambiente. Jaren osservò un piatto con dentro una coscia di pollo e patate su cui ronzava una mosca.
“Ti offrirei altro per colazione, ma non sono riuscito a...”
“Non c'è bisogno”lo interruppe “Lo apprezzo comunque.”
“Ho sentito che siete andati nella foresta.”
“Cosa sono?”chiese senza ulteriori indugi. Hans lo osservava in silenzio. “Li ho visti davanti a me, a pochi metri di distanza, Hans, sono enormi e non hanno niente a che fare con i comuni lupi. Uno dei miei uomini è morto e un altro...è ferito.”
“Mi dispiace.”mormorò il vecchio, in un tono appena percettibile. Si voltò e andò alla finestra, che era aperta e dalla quale entrava la leggera brezza mattutina, che già odorava di pioggia. Le nuvole scure si accumulavano nel cielo plumbeo di Vianta, come un avvertimento che si sarebbero scaricate con intensità.
“Hans...”
“Perché pensi che ne sappia qualcosa, ragazzo?” chiese, voltandosi.
“Perché hai detto che sarebbero tornati per te, che erano venuti per Lora.”
“E tu hai detto che questo era ridicolo, sono solo animali senza raziocinio, cosa ti ha fatto cambiare idea?”
“E' tutto cosi strano...la forma e le dimensioni di quegli animali. Non so cosa siano, ma non sono lupi, nonostante quello che credono tutti. Quello che mi hai detto e...”
“E cosa?Cos'altro?”
“Quelli che ci hanno attaccato questa notte...i loro occhi, la loro voracità. Ci avrebbero fatto a pezzi tutti se avessero potuto, ma io stesso ne avevo uno a pochi metri di distanza poco prima dell'attacco e se n'è andato, senza indugi. Non aveva niente a che fare con gli altri; la sua pelliccia era leggermente più chiara e gli occhi di una tonalità diversa. E' come se ci fossero due tipi di questi animali, è possibile?”
“Non tutti i lupi sono uguali, come anche i cani. Perché dovrebbero esserlo loro?”
“Hans, se non mi dici quello che sai, non potrò aiutarti.”
“E che differenza farebbe!?”esclamò il vecchio, tornando alla sua sedia a dondolo.”Ve ne andrete comunque, vero?Hai detto che non avresti prolungato la permanenza dei tuoi uomini qui per più di un giorno. Mi dispiace per la morte di quel soldato.”
Jaren inspirò e fissò i suoi occhi verdi oltre la finestra, dove il vecchio aveva guardato un momento prima, non avrebbe avuto risposte da lui, se solo quel pover'uomo avesse avuto qualche informazione.
“Saldano i conti in sospeso con la gente di questa terra.”disse alla fine. Jaren si voltò e lo guardò, senza dire nulla.”Sapevamo che sarebbero tornati, anche se molti hanno cercato di ignorarlo.”
“Quali conti in sospeso?”alla fine osò chiedere.
“In passato li abbiamo cacciati. Le loro teste erano appese sui migliori muri delle nostre taverne.”
Il vecchio si portò una mano alla fronte e chiuse gli occhi; sembrava stanco e molto più debole di quanto Jaren lo ricordasse.
“Quindi hai già visto animali come questi?”
“E' stato molto tempo fa. Scomparvero, e sebbene alcuni credevano che avessimo chiuso per sempre con loro, altri sapevano che sarebbero tornati.”
“Ma è assurdo che abbiano giurato vendetta, come dici tu, che stanno saldando conti in sospeso. Non so se sono lupi o no, Hans, ma sono animali.”
Il vecchio rimase in silenzio mentre iniziava a dondolarsi lentamente sulla sua sedia a dondolo.
“Chi altri li ha cacciati?”chiese Jaren “Se pensi che torneranno per loro...”
“Non ci sono più cacciatori...solo i più vecchi del posto...Io...”
“E se li avessero cacciati i più vecchi, che senso ha la morte di Tordath?Il fratello di Sarah non doveva avere più di vent'anni.”
“Suo nipote. Il vecchio Jillian è morto pochi anni fa, ma si vendicheranno attraverso il suo sangue, la sua discendenza, la sua stirpe.”
“Significa che Sarah è in pericolo?”
“Lei e gli altri discendenti dei cacciatori.”
“Loro chi sono?”
“Non ce ne sono quasi più. Molti hanno lasciato Vianta molto tempo fa. Avrei dovuto fare lo stesso, ma Lora non voleva. Amava questa terra.”
“Loro chi sono?”insistette Jaren. Ripensandoci si sentiva ridicolo dando credito alle parole di Hans sulla presunta vendetta che potessero aver giurato di compiere quei mostri, che sembravano soltanto guidati dal desiderio di divorare ogni essere umano che avessero incrociato sul proprio cammino.
“Dimenticalo.”concluse alla fine, senza speranze.
“Sono rimaste solo tre famiglie discendenti dei cacciatori.”disse Hans, nonostante il disinteresse di Jaren.”Il povero Tordath e sua sorella Sarah sono nel loro mirino. Jensen, il fabbro, un giovane vigoroso dal carattere sorridente, pagherà per quello che ha fatto sua nonna, la vecchia Delmara; per ironia della sorte i suoi due fratelli sono già morti, a causa di malattie. Delmara era una delle poche donne della confraternita di Gaia, così veniva chiamata, ma molti uomini invidiavano il suo coraggio e la sua forza durante la caccia. E quei due giovani, Erik e sua sorella Sylvaen, salderanno i conti in sospeso di Unkor, il loro severo nonno.
Jaren si sentì gelare il sangue. Si appoggiò al davanzale della finestra e chiuse gli occhi, cercando di calmarsi. Si era convinto a non dare credito alle parole di un vecchio pazzo che, con la morte della moglie aveva anche perso la testa. Era assurdo che delle bestie affamate pianificassero la vendetta che, inoltre, avrebbero compiuto sui discendenti di coloro che si erano affermati come loro nemici attraverso una sorta di confraternita, ma sentire anche il nome del suo amico tra quelli scatenò dentro di lui una resistenza a negare tutta la veridicità delle parole di Hans.”
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