Margherita Guglielmino
Una bellissima storia sbagliata
romanzo
Pubblicato da Tektime
© 2021 - Margherita Guglielmino
Una bellissima storia sbagliata
Fotocomposizione: relegosplende communication
https://relegosplendecommunication.tumblr.com/
In copertina Giulia Maffei fotografata da Lorenzo Mascali
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Ringraziamenti
Ho sempre sognato di scrivere un libro e nel mio immaginario i ringraziamenti non stavano alla fine del libro, ma all’inizio, proprio per enfatizzare l’importanza che queste persone hanno avuto nella mia vita e nella genesi di questo romanzo.
I miei ringraziamenti saranno rigorosamente in ordine temporale e non d’importanza.
Grazie a mio nonno Mimmo, integerrimo uomo del sud, che faceva il bidello nel Circolo didattico che frequentavo e che il sabato mattina, quando le lezioni erano sospese mi portava con lui a scuola. Mentre lavorava io mi rintanavo nella biblioteca della scuola, annusando l’odore della carta stampata su quei classici senza tempo. Da lì credo sia nata la mia passione per la lettura.
Grazie alla professoressa Patrizia Grasso, che ha creduto in quella ragazzina tredicenne, infondendole la fiducia necessaria per emergere in un contesto difficile e grazie per non aver mai dimenticato quella ragazzina che ha ricercato quasi 30 anni dopo su Facebook.
Grazie a mia cugina Valentina, che nel momento più difficile della mia vita, mi ha aperto le porte di casa sua, proprio dalla finestra del suo terrazzo, la notte da “sira e 3” mentre vedevo i fuochi e le luci della mia Catania in festa, ho avuto l’ispirazione per scrivere.
La scrittura si è impossessata di me!
Grazie alla mia amica Anna, la mia prima lettrice, che mi ha esortato a finire ciò che avevo iniziato tre anni prima e che avevo lasciato in sospeso.
Grazie al mio amico Duilio, che oltre al punto di vista fiscale mi ha dato anche quello di un lettore maschile.
Grazie a Cristina che leggendo un mio post su Facebook, mi scrive Marghe, scrivi troppo bene, dovresti scrivere un libro! E quando le ho risposto che in realtà avevo iniziato a produrre qualcosa, mi dice bene allora poi ti presento mio cugino editore… e così ha fatto!
Grazie ad A. che nel difficile momento della quarantena mi ha fatto tornare la voglia di scrivere. Grazie a mia zia Elivia, in primis per essere il mio DNA segreto e poi per avermi suggerito il titolo.
Grazie a Tizy e Bea, che hanno letto il romanzo work in progress, incitandomi tutte le sere a finirlo, perché avevano voglia di vedere come andava a finire.
Grazie a mia figlia Valeria, la prima metà del mio cuore, suggeritrice di libri e film e perfetta correttrice di bozze!
Grazie a mia figlia Giulia, l’altra metà del mio cuore, nonché bellissima ragazza copertina.
Ed infine grazie al mio editore Antonello La Piana, che ha realizzato il mio sogno!
PS: grazie a tutti voi che mi state leggendo o mi avete letta e che mi permettete di continuare a sognare.
Margherita
Fuori dalla finestra iniziava ad albeggiare, un misto di nebbia copriva il nascere rossastro del sole, in quella tiepida mattinata autunnale. Bologna era così, un misto di contraddizioni, cultura e divertimento, sacro e profano, la dotta e la grassa, forse fu proprio per le sue due anime che Luisa la scelse come sua nuova dimora, perché anche lei in fondo era un po’ così, in lei conviveva un dualismo interiore fin dall’infanzia.
Lei, figlia modello di un professore universitario, appartenente alla ricca borghesia romana, sempre composta e perfetta covava dentro un fuoco che veniva puntualmente spento dalla paura di perdere tutto, soprattutto il gelido amore di sua madre; solo una volta aveva permesso a quel fuoco di bruciarle nelle vene ed era andato tutto in fumo. Così decise di lasciarsi tutto alle spalle e trasferirsi ovunque purché lontano da Giorgio e da quella insana passione.
La proposta di Anna la sua amica di sempre cadde a pennello, anni prima aveva vinto un concorso all’ospedale Maggiore di Bologna ed insieme a Fabrizio, il grande amore della sua vita, si era trasferita nella città delle torri degli asinelli. Ora si era liberato un posto in chirurgia pediatrica ed era stato facile per la stimata dottoressa Luisa Martinelli ottenerlo.
Mentre toglieva la mascherina verde e sorseggiava un caffè guardava le luci pulsanti della città lasciare il posto ai colori dell’alba.
Un'altra notte era passata, un altro bimbo era salvo e a lei andava bene così. La sua vita era tutta li, nel tragitto che faceva tutti i giorni in bicicletta da casa all’ospedale e viceversa. Quel monolocale vicino Piazza Grande era il suo rifugio. Piccolo ma efficiente, un angolo cottura con il lavello sotto il davanzale della finestra, che si affacciava su una stradina piena di negozi, panetterie, ristoranti, bar, pub, sembrava che a Bologna non si facesse altro che mangiare. Un letto a baldacchino bianco con copriletto lilla pieno di glicini al centro del loft e montagne di libri di ogni genere che dal parquet arrivavano al soffitto.
C'erano più libri che vestiti, d'altronde a differenza di Anna che era patita di moda, sfilate e accessori a Luisa bastavano i suoi immancabili jeans a zampa e i suoi maglioni extralarge unica tinta… e poi Theo, il suo inseparabile gatto nero, vero padrone di casa. Assorta nei suoi pensieri, Luisa non vide il riflesso di Mariarosa, la caposala del reparto di pediatria, che lentamente le si era avvicinata e quando le poggiò una mano sulla spalla, sobbalzò. Poi riconobbe la sua inconfondibile voce con quell’accento emiliano romagnolo che le ricordava le atmosfere felliniane:
- Dottoressa... nessuno sa meglio di lei...
- Che il caffè a digiuno… provoca buchi allo stomaco -completarono la frase insieme come sempre.
- Hai ragione Mariarosa, ma dopo una notte del genere con un intervento di sostituzione della valvola mitrale ad un bimbo così piccolo, un caffè forte ci vuole proprio!
- Mangi almeno qualcosa. Le prendo una brioches alla macchinetta?
- No grazie cara, mi cambio e vado a casa, nel tragitto passo da Nanni e faccio colazione, promesso.
Le sorrise e andò nello spogliatoio.
Era stata accolta bene a Bologna, era lì da quasi due anni ed era rispettata da tutti, certo ancora ogni tanto quando passava nel corridoio qualcuno bisbigliava e storceva il naso sulla fulminea carriera della dottoressa Martinelli.
A 35 anni aiuto del famoso prof Branciforte, chirurgo di fama mondiale al Bambin Gesù di Roma ed ora vice primario al maggiore di Bologna, certo il suo cognome pesava come un macigno per lei così schiva e riservata, ma era abituata a conviverci da sempre.
Prima era stata per anni la figlia del Rettore universitario e ora anche la nipote del segretario del partito di maggioranza al governo, nonché Presidente del consiglio. Ma a Luisa quel genere di politica fatta di bustarelle e raccomandazioni non era mai interessata.
Fu proprio per questo che, tre anni prima, quando suo padre aveva spinto per quel posto al Bambin Gesù, lei era fuggita in Africa con medici senza frontiere.
Già l’Africa, la Sierra Leone, il fuoco, la guerra civile, Giorgio e Asmait. Scacciò velocemente i ricordi che bruciavano come un marchio infuocato sulla pelle, si cambiò rapidamente e uscì dall’ospedale.
Erano più o meno le 7 del mattino, la sua bici era legata con catena e lucchetto ad un palo della luce, accanto alle fuoriserie dei colleghi, un vero paradosso, lei la raccomandata nipote del Premier girava per la città in bicicletta e i suoi colleghi comunisti poggiavano il culo su Porsche e BMW. E già, non esistevano più i comunisti di una volta pensava, come non esisteva più distinzione tra destra e sinistra. Con questo pensiero fece un timido sorriso e iniziò a pedalare. L’aria era tersa, ottobre le era sempre piaciuto, non era ancora pieno autunno e i viali alberati colmi di foglie arancioni le davano tanta pace, quell’arancio le ricordava i tramonti africani, dietro quelle dune l’orizzonte scompariva a perdita d'occhio e il silenzio l’avvolgeva.
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