Stefano Vignaroli - Tranquilla Cittadina Di Provincia

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Una violenta esplosione durante la festa di inaugurazione di villa Brandi, una villa settecentesca restaurata grazie al contributo in denaro di un noto mister del calcio internazionale, provoca l'uccisione di quattro persone e il grave ferimento di una quinta. Caterina Ruggeri, capo della locale Sezione Omicidi, presente alla festa insieme al suo compagno e uscita illesa dall'attentato, prenderà in mano fin da subito le redini delle indagini, che vengono però depistate da oscuri personaggi legati da un lato alla massoneria locale e da un altro ai Servizi Segreti. La nostra detective dovrà superare non pochi ostacoli per giungere alla verità, che affonda le sue radici nella notte dei tempi.
Il Commissario di Polizia Caterina Ruggeri è una donna arguta, brillante e coraggiosa. È madre di una splendida bambina di nome Aurora e adora trascorrere le serate in compagnia di Stefano, suo immancabile compagno. Ma sotto questa facciata da donna qualunque si nasconde un’eroina intraprendente e avventurosa, sempre pronta a caricarsi di nuove indagini. Come quella che la vede coinvolta in un attacco dinamitardo durante la festa di inaugurazione di Villa Brandi, una residenza settecentesca delle Marche acquistata da un famoso Mister del calcio internazionale. Sembra che l'attentato sia stato  magistralmente portato a termine da un nemico senza nome e senza volto. È l’inizio di una nuova avventura, che trascinerà l’irrefrenabile commissario in un enigma senza fine, che affonda le proprie radici addirittura nella antiche Logge Massoniche. Non mancheranno i depistaggi dovuti a loschi individui legati ai Servizi Segreti governativi.

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Nella sala arrivi dell'aeroporto di Genova non trovai stavolta né lui, né altri ad aspettarmi. Ritirai il mio bagaglio e raggiunsi Imperia in Taxi.

Quando misi piede dentro il Distretto, mi resi conto che c'era un insolito trambusto. Durante la notte, al porto c'era stata una rissa tra immigrati stranieri e i colleghi avevano provveduto ad arrestare alcune persone di colore, che stavano facendo un baccano insopportabile. Chiesi spiegazioni a D'Aloia.

«Erano quasi tutti ubriachi, Dottoressa. Hanno iniziato a litigare, credo per motivi legati alla loro religione e, quando la discussione è degenerata, si sono tirati le bottiglie vuote della birra. Qualcuno le ha ricevute in testa ed è stato medicato al Pronto Soccorso. Ora li prendo a verbale, controllo i loro permessi di soggiorno e li butto fuori da qui nel più breve tempo possibile.»

«In bocca al lupo, D'Aloia! Non la vedo un'impresa semplice.»

Alle sei del pomeriggio, quando uscii dalla mia stanza, Walter era infatti ancora alle prese con alcuni di loro che, nonostante il permesso di soggiorno non in regola, affermavano di lavorare, chiaramente in nero, per alcune imprese edili.

«Dottoressa, non so più che pesci pigliare. Dovrei far loro il foglio di via, ma mi fanno pena!»

«Una soluzione ci sarebbe: denunciano chi li fa lavorare in nero e noi gli forniamo un permesso di soggiorno provvisorio per un massimo di tre mesi.» Sorrisi a D'Aloia, perché sapevo benissimo che nessuno di loro avrebbe avuto il coraggio di sporgere denuncia, mettendo magari in difficoltà altri loro amici o parenti che lavoravano per le stesse ditte, e uscii dal Distretto per avviarmi verso casa.

Stavo per fermare un Taxi, quando alle mie spalle comparve Mauro.

«Ho la mia auto e per oggi ho terminato. Io vado verso Ventimiglia per incontrare Anna, credo che una deviazione per accompagnarti a casa non mi farà fare troppo tardi.»

Accettai di buon grado il passaggio e, nel giro di un quarto d'ora, giunsi finalmente a casa. Clara era in giardino a giocare con Furia e notai che nel saluto che fece al mio collega traspariva molta complicità nei suoi confronti. Sul momento non badai molto alla cosa, in fin dei conti avevamo trascorso parecchio tempo tutti insieme in quell'ultimo periodo. E poi avevo altre cose per la testa.

Una delle priorità che dovetti affrontare nei giorni successivi fu quella di rivolgermi a un ginecologo che mi seguisse durante la gravidanza. Laura mi consigliò una giovane dottoressa che lavorava nel reparto di Ostetricia dell'Ospedale di Imperia.

«La Dottoressa Valeri è sempre disponibile e molto alla mano. Qui a Imperia il reparto è all'avanguardia e si preferisce farsi seguire nella struttura pubblica piuttosto che in ambulatori privati esterni. Vedrà che si troverà molto bene.»

Il consiglio di Laura fu ottimo e, dopo qualche giorno, uscii dallo studio della ginecologa con in mano le prime immagini ecografiche della creatura che portavo in grembo e la lista di una serie infinita di esami di laboratorio da eseguire. Il sesso del feto non era ancora sicuro, ma la Dottoressa si era sbilanciata.

«All'ottanta per cento femmina, ma non ci giurerei ancora.»

La successiva ecografia, dopo circa un mese, avrebbe confermato che era una femmina e, in cuor mio, decisi che si sarebbe chiamata Aurora.

Il mio stato di gravidanza non mi dava alcun disturbo e riuscivo a portare avanti tutti i miei impegni, sia lavorativi che extra. Andando ormai verso l'autunno, per mantenermi in forma, avevo iniziato a frequentare una palestra, dove l'istruttore mi aveva proposto un piano personalizzato, adeguato anche al fatto che ero incinta.

A metà Ottobre, a tempo di record, era stato completato il restauro di casa Della Rosa, che era pronta ad accogliere Clara come Direttrice della Fondazione Studi Esoterici di Triora. Avevo supportato Clara in quei mesi e l'avevo aiutata a sviluppare le sue idee. La ragazza era davvero in gamba e aveva un'intelligenza e una sapienza notevole. Credo che ascoltasse i miei consigli più per cortesia che perché ne avesse bisogno. Già conosceva bene i testi e i manoscritti presenti all'interno dell'abitazione della strega, per averli a suo tempo catalogati e sistemati, anche se molto materiale si era poi perso nell'incendio della dimora. Il salone del pentacolo sarebbe divenuto un centro studi aperto a tutti coloro che avessero desiderato arricchire il loro bagaglio culturale in materia di magia ed esoterismo, sotto la guida vigile della direttrice e bibliotecaria Clara Giauni. Mauro era sempre più presente ad aiutare la nostra amica, soprattutto nei lavori pesanti, tipo sistemazione di scaffalature, disposizione di suppellettili d'arredo e via dicendo. La parte più delicata, quella di adattare i passaggi segreti e i cunicoli sotterranei a una visita turistica guidata, fu diretta in pratica da Mauro, che sembrava quasi un vero esperto della Sovrintendenza alle Belle Arti o ai Beni Culturali. Quello che più mi meravigliava, e un po' mi preoccupava, era che invece vedevo sempre più raramente Anna accanto a lui. Cominciavo già a sospettare qualcosa, quando un giorno sorpresi Mauro e Clara scambiarsi tenere effusioni. Colto alla sprovvista dalla mia inaspettata presenza, Mauro farfugliò qualcosa.

«Tranquilla, Anna sa tutto già da qualche giorno. Ci siamo lasciati da buoni amici.»

Certo, si dice sempre così, ma poi bisogna vedere come sta la persona che ha subito l'abbandono e che, di solito, prova dentro di sé un vuoto incolmabile, anche se cerca di far finta di niente e non far pesare la cosa all'altro. Così telefonai ad Anna e capii che stava da schifo.

«So che non me la dovrei prendere così, Caterina. Mauro e io abbiamo sempre vissuto il nostro rapporto in piena libertà e ho sempre ritenuto normalissimo che potesse finire da un momento all'altro, ma ora ci sto male. Non ce l'ho né con lui, né con Clara, sia chiaro, ma Mauro mi manca molto.»

Decidemmo di andare a cena insieme e mi ci volle del bello e del buono per consolarla e per cercare di portare il discorso su altri argomenti. Terminata la cena in una trattoria di Sanremo, decidemmo di dedicarci allo svago totale, sconfinando nel principato di Monaco e andando a passare la nottata al casinò di Montecarlo. Rientrai a casa all'alba, ma quella fu l'ultima follia che mi concessi, dal momento che l'aumento di circonferenza del mio girovita mi suggeriva di iniziare una fase della mia esistenza che fosse più tranquilla e regolata.

A Novembre Clara e Mauro si trasferirono in via definitiva nell'ex casa Della Rosa e io rimasi da sola a condividere con Furia il casolare nella bassa Valle Argentina. L'inaugurazione del Centro Studi, alla presenza di importanti autorità, a metà del mese di Novembre, fu una bellissima festa. Casa Della Rosa risplendeva di nuova vita. Il salone del pentacolo, restaurato, era meraviglioso, l'incendio non aveva affatto rovinato il marmo del pavimento che, lucidato, era spettacolare. La specchiera era stata lasciata aperta, perché fosse visibile la biblioteca ricca di antichi testi e manoscritti. Un lungo tavolo in legno massiccio era stato disposto nel salone, a disposizione degli studiosi che avessero voluto consultare i testi, che venivano dispensati attraverso una scrivania disposta in corrispondenza del passaggio dal salone stesso alla biblioteca, un tempo delimitato dalla specchiera scorrevole. Quest'ultima era ancora funzionante, ma il complicato meccanismo d'apertura era stato sostituito da un comodo telecomando. Il lungo tavolo era in quel momento imbandito per il rinfresco e, dopo i discorsi del Sindaco, di un Sottosegretario del Ministero dei Beni Culturali, del Dottor Leone e della Dottoressa Honoris Causa Clara Giauni, una ditta di catering vi riversò sopra ogni ben di Dio.

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