Olga Kryuchkova - Venuti Dal Cielo, Volume 1

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Venuti Dal Cielo, Volume 1: краткое содержание, описание и аннотация

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La storia di un archeologo dell’era vittoriana che svela il mistero delle antiche divinità sumere…
Estratto dal libro: “William capì chiaramente che la spedizione archeologica che stava pianificando sarebbe stata, per certi versi, un’avventura. Dopotutto, rischiava non solo le sue finanze, ma anche la sua reputazione. La direzione del British Museum impiegò molto tempo per giungere a una decisione. William era già disperato perché non riusciva a ottenere fondi dal museo e cercava un altro finanziatore. Un giorno, un americano sicuro di sé e con gli occhi azzurri apparve sulla soglia di casa sua, pronto a investire negli scavi di Uruk. Dapprima William fu contento, ma poi si rese conto che l’americano aveva intenzione di portare oltremare tutti i ritrovamenti di valore per venderli ai collezionisti con lo scopo di ricavare un profitto. William non era contrario alle collezioni private. Tuttavia, l’americano, facendogli pressione, era chiaramente imbarazzante e sembrava più un furfante che un rappresentante del Fondo Archeologico Americano. William promise di riflettere per un po’ sulla proposta del suo ospite. Fortunatamente, il British Museum inviò a Mr. Adamson una notifica di concessione di fondi per una futura spedizione a Uruk. William ne fu felice. Il British Museum aveva impiegato tre mesi per prendere una decisione. Ed era già febbraio. William si affrettò a condividere la bella notizia con sua sorella, a pranzo. Lei reagì con pacatezza. “Sapevo che saresti andato a Uruk, con o senza il British Museum,” disse Alice. “Circa una settimana fa ho fatto un sogno… Una bella donna con i capelli dorati è venuta da me e mi ha detto che avresti trovato dei manufatti che avrebbero minato le nostre fondamenta… Ma non te l’ho detto. Tu continui a non prendere sul serio le mie parole.” William raccolse la zuppa con un cucchiaio e ne trangugiò volentieri il contenuto. Poi disse: “Grazie per il tuo sostegno, cara sorella, anche se è così insolito.” Alice sorrise con fare dubbioso e pensò: “Non ti ho raccontato tutto del sogno… Perché? Non ci crederesti comunque… Vai a Uruk… Questa spedizione cambierà completamente la tua vita…”

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“Ho fatto un sogno, oggi…” confessò la sorella. “Sembrava che tu avessi trovato un tesoro! E poi alcune persone sono sbucate dall’oscurità… E poi hanno cominciato ad impossessarsi del tuo tesoro, William!”

Mentalmente, William rimpianse di avere fatto a sua sorella quella domanda: “Oh, perché ho detto quello?! Adesso, lei comincerà a dire che questa non è una buona cosa e che sarebbe necessario leggere le carte…”

William trovava difficoltà a credere nei “sogni profetici” di sua sorella (sebbene, spesso, fossero un avvertimento). Le sue paure, ahimè, erano pienamente giustificate: l’irrequieta sorella-medium alzò gli occhi in maniera teatrale verso un cielo immaginario (il soffitto) e cominciò a dire, in modo emotivo:

“Sono sicura che non sia una buona cosa! Devo leggere le carte!”

E senza nemmeno finire il suo tè, si precipitò, testa avanti, verso il mazzo dei tarocchi. Poco dopo, Ms. Adamson ricomparve in sala da pranzo con in mano i tarocchi, e riprendendo il suo posto, cominciò abilmente a mescolare le carte.

“Alice, non fare predizioni a colazione! Dove sono finite le buone maniere?” osservò suo fratello con disapprovazione.

La sorella, semplicemente, ignorò quell’osservazione. Dopotutto, William era sempre insoddisfatto di qualcosa. E un minuto dopo il tavolo fu coperto di carte…

“William, le carte dicono chiaramente che nel prossimo futuro avrai una riunione e alcune difficoltà,” disse Alice, pensosamente.

“So già cosa intendi…” sorrise lui tristemente, in risposta. “Oggi ho un incontro con un altro potenziale finanziatore della spedizione archeologica. Probabilmente, otterrò un altro rifiuto… E cominceranno nuove difficoltà…”

“Tuttavia, in merito al finanziamento, posso leggere di nuovo le carte,” disse la medium. E senza aspettare una risposta, lei mescolò il mazzo e dispose di nuovo le carte sul tavolo.

Osservò le carte con uno sguardo pensoso. Nella sala da pranzo regnava il silenzio. Alla fine, William non poté resistere e sarcasticamente domandò, incuriosito:

“E cosa dicono le carte, cara sorella?”

“Dopo la tristezza e la delusione, riceverai aiuto,” rispose la medium-sorella.

Come se fosse stato d’accordo con la sua padrona, Coon, che se ne stava sdraiato sul davanzale della finestra, miagolò eloquentemente. Alice si sollevò di scatto:

“Vedi, anche Coon lo conferma! E lui può comunicare con le forze soprannaturali!”

William sospirò e pensò: “Il gatto ha appena miagolato… O magari ha sbadigliato… E ad Alice com’è venuta l’idea che lui potrebbe entrare in contatto con gli spiriti? Delirio… Povera ragazza…”

Ad alta voce, Mr. Adamson disse:

“Cara sorella, molto più probabilmente dovrò fare affidamento sulle mie capacità per convincere il prossimo finanziatore che l’imminente spedizione sarà un successo.”

Sua sorella sorrise maliziosamente:

“Vediamo cosa dirai quando la predizione si avvererà…”

***

Dopo colazione, William si diresse al college per fare lezione.

Alice, nel frattempo, si era spostata in soggiorno per domandare alle carte se quel giorno doveva aspettarsi visitatori diurni oppure no. Naturalmente, molti dei suoi clienti abituali preferivano mandarle un biglietto in anticipo per informarla della visita imminente. Ma molti, che credevano nella magia e nei poteri soprannaturali, potevano facilmente presentarsi senza avvisare.

Ad Alice piaceva il luminoso e arioso soggiorno. Al tempo, sua madre chiamava il soggiorno “stanza dei disegni”. Quando lei era giovane, quella stanza era un indicatore dello status e del benessere materiale dei suoi proprietari. Lì, l’ordine era mantenuto con la massima cura, casomai qualcuno fosse arrivato all’improvviso per una visita non programmata.

A casa Adamson, nel soggiorno c’erano un morbido sofà, sedie con lo schienale alto e un piccolo tavolo rotondo. E, naturalmente, poltrone acquistate da sua madre, Mrs. Genevieve. Le sedie variavano in forma e dimensione: c’erano quelle per le donne e quelle per gli uomini. Le poltrone per gli uomini erano più profonde e avevano braccioli larghi. Le poltrone per le donne non avevano proprio i braccioli. La ragione di questo era banale: le donne dell’epoca in cui Genevieve era giovane indossavano gonne alla moda con la crinolina. Con un indumento simile, non era possibile sedersi comodamente su un sedile profondo dotato di braccioli alti. A dire il vero, i sellini 11recentemente stavano attivamente soppiantando le sorpassate crinoline, ma le sedie in casa Adamson erano rimaste le stesse.

L’interno del soggiorno era corredato di un caminetto, decorato da piastrelle colorate con motivi in stile spagnolo. Sopra di esso era appeso un grosso specchio rotondo, e il caminetto stesso era decorato con candelieri d’argento e piccole sculture in stile rustico.

Genevieve aveva progettato il soggiorno con un amore speciale, decorando le pareti con dipinti ad acquerello di tendenza (di qui il nome del soggiorno – stanza dei disegni). Lungo una delle pareti c’erano due librerie intagliate, su cui venivano conservate varie piccole cose e graziosi ninnoli fatti a mano dalla madre. Sul soffitto del soggiorno c’era un grande lampadario con delle cupole, dipinte a mano, in ceramica di Faenza. Nonostante l’arrivo dell’elettricità nelle case dei ricchi in Inghilterra, il soggiorno degli Adamson era illuminato alla vecchia maniera, con candele di cera. Alice aveva paura delle lampade a gas e dell’illuminazione a gas in genere. Lei l’accettava soltanto per le strade di Londra. E non importava quanto William cercasse di convincerla della sua sicurezza, tutti i tentativi erano inutili. Alice aveva molte riserve sull’uso interno dell’illuminazione a gas. In particolare, aveva letto sul giornale di una serie di esplosioni avvenute nelle case, a causa del gas. Proprio per questo motivo, invece di un fornello a gas, la famiglia Adamson aveva ancora un fornello alimentato a carbone, in cucina.

Genevieve ci teneva molto all’arredamento, perché alcuni mobili erano appartenuti al nonno paterno di William e di Alice. Non era un caso che uno dei criteri per la scelta dei mobili fosse la loro buona qualità, cosicché durassero per parecchie generazioni. Ecco perché le poltrone del nonno erano ancora nel soggiorno. Genevieve si era limitata semplicemente a cambiare le fodere che le ricoprivano.

Recentemente, con grande dispiacere di Alice, un vecchio armadio con inserti in marmo ridotti in pessimo stato. Genevieve diceva orgogliosamente che era appartenuto alla Regina Elisabetta Tudor. Non era possibile verificare questo fatto, e quindi tutti i familiari e gli amici di famiglia prendevano per buono il passato reale dell’armadio. Tuttavia, lei, mostrando una discreta dose di pragmatismo, chiese a William di rimuovere gli inserti in marmo da esso. Ma ad un esame più attento, essi sembrarono deprimenti.

Alice ricordava quell’armadio dall’infanzia; decise di disegnare uno schizzo e ordinarne uno uguale presso una delle botteghe che realizzavano mobili e che praticamente riempivano il mercato londinese di eleganti imitazioni di oggetti d’antiquariato.

Come risultato, nel soggiorno apparve un armadio di compensato che l’artigiano aveva dipinto per farlo sembrare di mogano. E gli inserti in marmo erano imitati da carta tinta con venature. William fece una smorfia alla vista di quel nuovo pezzo di arredamento. L’armadio somigliava davvero a quello vecchio. Ma con una invidiabile differenza: era plebeo di nascita.

Naturalmente, come in tutte le case londinesi rispettabili, nel soggiorno c’era un pianoforte. Alice aveva provato, senza successo, a padroneggiare quello strumento. Genevieve stessa aveva provato a insegnarlo a sua figlia, obbligandola a sedersi al pianoforte dritta come un bastone. Alice si stufava in fretta e studiava controvoglia. Sua madre era costantemente arrabbiata e, alla fine, disperò di insegnare a sua figlia qualsivoglia abilità musicale. Sebbene Genevieve stessa suonasse bene.

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