Mattia Zangari - Tre storie di santità femminile tra parole e immagini

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Tre storie di santità femminile tra parole e immagini: краткое содержание, описание и аннотация

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Come in un castello incantato, tre mistiche guardano immagini che le fanno volare. I testi che parlano di loro traboccano di visioni ove bambini divini saltano fuori da culle celesti; fanciulle graziose in groppa ai cavalli percorrono boschi «trasformanti»; Madonne che parlano possono inchinarsi davanti alle donne o possono litigare con loro; Cristi loquaci possono animarsi, in modo da «sedurre» le mistiche, o possono sconvolgerle come i cavalieri delle favole. In questo libro si analizzano le storie di tre donne mistiche – due agiografi e e un'autobiografi a – fatte di parole sì, ma pure di immagini. Inizialmente l'attenzione è rivolta all'agio-biografi a di santa Lutgarda (1182–1246), appartenente alla raccolta di vite scritte dal domenicano Tommaso di Cantimpré – le Vitae matrum; Lutgarda mostra infatti di avere alcune visioni di personaggi celesti in base a come questi venivano rappresentati dall'iconografi a del suo tempo. Un'altra esperienza mistica analizzata è quella di sant'Angela da Foligno (1248–1309), una donna carnale e passionale che cerca l'Assoluto con l'aiuto delle immagini dipinte, come leggiamo nella sua autobiografi a spirituale. Il cerchio si chiude con la mistica sant'Agnese da Montepulciano (1268–1317), a sua volta molto sensibile al «potere delle immagini». Delineando le storie di queste donne, lo studio mette in luce un'indicazione metodologica che riguarda la possibilità di individuare, nella rappresentazione agiografi ca, motivi comuni fra le mistiche del Nord Europa e quelle italiane, individuando così un typus di santità femminile europea.

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Infine, da un punto di vista stilistico, ricorrono delle appendici ai capitoli, appendici scritte in versi. Ad esempio, in III, 2, un luogo in cui è riferito il racconto della teutonica relativo all’ascesa al cielo di Giordano, generale dell’Ordine dei Predicatori, al quale la narratrice avrebbe assistito bilocandosi, leggiamo:

Hic terram sanctam adiit illic fratres invisere, [prope Terram sanctam submerso,]

Sed cum per mare rediit.

Mergendo cœpit psallere,

Christumque benedicere,

Sicque cælum mox subiit,

Ut signis datur credere.

Nec mora: mox incanduit

Columna lucis maxima,

Quæ dum de cœlo micuit,

Membra lustravit sanctissima;

Et quo transisset anima

Videntes scire voluit.

In re manifestissima,

Adiecto sacro littori

Cæli lampas emicuit:

Quæ ter superstans funeri,

Quarto quoque resplenduit,

In hunc quem secum habuit.

Et sic recursu celeri

Rapta nube non patuit.

Corpus fragrans mirifice

Curatur a fidelibus.

A Græcis dantur unice

Latinis et Gentilibus

Laudes Christo cum fletibus.

Et sic verum magnifice,

Sub tribus patet testibus.6

Per quanto attiene al discorso delle edizioni a stampa, oltre a quella di Surio, ne viene realizzata una a Madrid nel 1627 fondata, oltre che sulla Vita Sanctae Lutgardis , anche su una vita ulteriore con digressioni esortative alle monache di quella stessa città, opera questa dalla quale sarebbe stata tratta successivamente una traduzione italiana uscita a Venezia nel 1661. L’edizione del 1627, intitolata Sponsa Christi e posseduta da Bernardino de Villegas, avrebbe avuto come traliccio, stando sempre alle notizie dei Bollandisti, il manoscritto Ultraiectino della chiesa di San Salvatore. A queste edizioni avrebbero fatto eco alcuni compendi, realizzati in età moderna; fra di essi ricordiamo: l’opera del Frisen, nei Flores Ecclesiae Leodiensis , quelli di Crisostomo Henriquez, nei Gigli del Cistercio ; quella di Angelo Manrique, negli Annali Cistercensi ; infine quelli di Lippeloo e di Hareo, i quali assieme a molti altri, pubblicano nelle lingue volgari le agiografie esemplate sull’opera del Surio, portandosi appresso l’eredità degli errori da lui commessi.7 Fondamentali risultano le aggiunte del Molano al Baronio,8 mentre vivaci controversie sorgono a proposito della cronologia degli spostamenti di Lutgarda e a proposito della sua morte. Risulta interessante come i compilatori del Commentarius praevius , a un certo punto, contraddicano Tommaso di Cantimpré a proposito del ruolo che la pia Lutgardis avrebbe rivestito all’interno del monastero di Aywières: se Tommaso nega il fatto che le sia attribuita la carica di priora, i bollandisti la vogliono abadessa ad Aywières, dove si sarebbe recata ventiquattrenne, per adempiere un comando divino. Prima di allora la Santa trascorre dodici anni a Tongeren, fra le monache di San Benedetto, presso il monastero di Santa Caterina, in cui riceve la consacrazione a cinque o sei anni dal suo ingresso. La veridicità della notizia relativa al priorato della monaca sarebbe confermata, oltre che dal Molano, pure da Giacomo Baro le Roy, il quale dà la lista delle badesse succedutesi ad Aywières. Testimonianza preziosa quella di Baro le Roy, assai attento all’abbazia di Aywières, di cui cura l’icona: un’immagine successivamente incisa in un elegante cesello, in base a come il complesso si presentava, illo tempore , da settentrione.9

Sibilla de Gagis ed Elisabetta de Wans: due testimoni per un’inchiesta

Tommaso cantimpratano è di Lutgarda devoto cronista. Egli si pone il problema legato al valore testimoniale ed edificante del racconto, si pone il problema della veracità di esso e, volendo dare un impianto di carattere storico all’insieme delle parti che costituiscono il testo, mette in parallelo le testimonianze di chi Lutgarda l’ha conosciuta. Pur senza prescindere dalla messa in rilievo della suggestionabilità dei testimoni, l’autore sottolinea nella sorpresa un indicatore di autenticità; lui stesso non ha mai sentito nulla di simile all’esperienza di Lutgarda e alla virtù di questa, eppure continuamente ripete «quid mirum?», appunto per sottolineare come la sua madre spirituale viva con estrema naturalezza il suo itinerario di rigorosa sequela di Cristo. Molto interessanti sono citazioni come: «non erroneum testimonium habeo»;1 «in testimonium veritatis»,2 o ancor di più: «Qui vidit, testimonium perhibuit, et scimus quia verum est testimonium eius»,3 in cui si indravede una reminiscenza del De Trinitate Dei 4:

Nec credo vitam alicuius, quæ tot virtutum insignia et mirabilium ac miraculorum prærogativas in se contineat, a multis retroactis annis fuisse descriptam. Si autem quæritur, quomodo legentibus fidem faciam de iis omnibus, quæ conscripsi: breviter dico, quod ipse Christus testis et judex sit, quod plurima ex iis ab ore ipsius piæ Lutgardis, sicut familiarissimus eius, accepi: et in iis nullum ita temerarium credo, qui eius testimoniis contradicat: cætera vero a talibus me percepisse profiteor, qui nequaquam a veritatis tramite deviarent. […]. Cum ergo caritas omnia credit, omnia sustinet; peto ab iis, quibus Deus spiritum suæ caritatis infudit, ut credant his siqua sunt sancta, siqua utilia, siqua veritati consona proponuntur; simulque sustineant patienter, siqua minus apte, siqua minus litteratorie vel indiscrete posuero: quæ tamen propter hæc minus debite ab improbis repelluntur. Bonorum enim ingeniorum, ut dicit gloriosissimus Augustinus, insignis est indoles, in verbis verum amare, non verba. Neque enim aurum minus pretiosum est, quod de terra tollitur; neque vinum minus sapidum, quod de vilibus lignis excipitur. Ergo non solum vos, sed omnium monasteriorum Brabantiæ cœtus virginum, Vitam piæ Lutgardis suscipiant; ut quæ in fama virtutis notissima omnibus fuit, ipsa brevi libelli huius insinuatione plenius innotescat; augeatque legentibus virtutem et meritum, quibus præscriptum aderit virtutis exemplum. Valeat vestra sancta et sincera benignitas, et mei vos memores in orationibus vestris Divina pietas incolumes tucatur; Amen.5

Nel Prologo si parla di «fides», e cioè di «affidabilità», e si invoca il giudizio di Cristo stesso. In più si fa appello al gloriosissimus Augustinus , del quale è riportato il pensiero senza indicarne la fonte, che in questo caso è il De doctrina Christiana .6 Quanto alla divisione dei libri, si segue la scansione di progresso spirituale, sulla quale torneremo; ad ognuno dei tre libri cioè è correlata una condizione del direttorio ascetico, in base alla tripartizione dei Sermones super Cantica di Bernardo di Chiaravalle:7 incohantes o vulnerati ( status poenitentiae ); proficientes o anche fatigati ( status pugnae ); infine perfecti ossia delicati ( status vitae contemplativae ).8

La narrazione di Tommaso di Cantimpré, la stesura di questa biografia che è insieme edificante e propagandistica, si sostanzia di alcuni testimoni, abbiamo già detto, chiamati a suffragare la fondatezza della grandezza di Lutgarda. Due sono le testimoni più attendibili: Sibilla de Gagis, che aveva servito Lutgarda devotamente, ed Elisabetta de Wans, la nobile sposa di nozze bianche, intima della pia Lutgarda. Elisabetta non solo acquisisce progressivamente il dono della profezia, ma è pure vittima di rapimenti in cui le visioni si manifestano in maniera praticamente analoga a quelli di Lutgarda. Non è forse errato pensare a Elisabetta come a un doppio della sua maestra e non soltanto in quanto, esattamente come questa, Elisabetta viene rapita in estasi, ma pure perché, acquisendo il dono del vaticinio, la donna parla con gli spettri dei nascituri e conosce le sorti di quelli che verranno. Estremamente esemplificativa è la manifestazione del colloquio col crocifisso, che avviene in base ai racconti di Lutgarda: Cristo stacca cioè la mano dalla croce e la consola. Si veda per esempio questo luogo del Commentarius :

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