Melchiorre Pietranera - Senza velo di pianto
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Questi due linguaggi sono strettamente connessi, indissolubili, nella sua opera, e l'autore passa da uno all'altro con estrema destrezza, tanto da lasciarci quasi stupiti, incantati davanti a tale arte. Leggendo le poesie, sembra di vedere i suoi quadri, e osservando i quadri, sembra di leggere le sue poesie, con la mente.
Melchiorre ha scritto tante poesie, tantissime. Scritte bene, o scarabocchiate, su foglietti sparsi, a volte sui ricettari che aveva sempre con lui, vista la sua professione di medico.
Filo conduttore rimane sempre la forza della natura, l'amore per la vita, l'osservazione continua dell'animo umano, in tutte le sue sfaccettature. In questo lo ha aiutato soprattutto la sua professione di medico, che lo ha posto davanti alla sofferenza, alla morte, alla miseria umana.
Lo stesso Pietranera, in uno dei tanti foglietti sparsi ritrovati, scrive:
E la fantasia è anche Mito. Il Mito ha sempre accompagnato l'uomo nelle fedi, nei sogni.
E io ho scelto i Miti della mia terra: il Po, la pianura, la «bassa», le colline e i monti, spesso per quadretti intimi, da camera; la gente, la nostra cultura emiliana, la nostra religione cattolica, la nostra storia e i miti preistorici che la precedettero e perciò gli idoli. Ho cercato di interpretare eventi della storia moderna: la guerra d'Africa, l'otto settembre, Hiroshima in una larva d'uomo bruciato contro un muro.
Ed altri miti: la Giovinezza, la Bellezza, i Bambini, le Donne, gli Atleti, i Campioni.
E i Miti classici: Dafne. E i Vangeli: la fuga in Egitto, la Collina di Cranio.
Le favole: San Martino. E la lotta di San Giorgio attuale, perché l'uomo ha nuovi, sconosciuti miti da combattere.
Scrive ancora Melchiorre: