Various - Bollettino del Club Alpino Italiano 1895-96
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Il suo nome, dal giorno in cui, nel 1865, comparve nella prima sottoscrizione apertasi al nostro Club per costruire una grotta sui fianchi del Cervino, figurò sempre su tutte le liste degli oblatori, non solo per cospicue somme, ma anche per oggetti da servire all’arredamento di detti rifugi.
«Lo studio dei monti—diceva Egli—è uno studio fecondo di grandi idee, grandi quindi saranno le nazioni che vi si dedicano». Ma affinchè queste idee trovassero terreno pronto a farle fruttare, a svolgerle, avrebbe voluto che ogni alpinista fosse dotato d’una soda ed ampia coltura. Nè con ciò intendeva di vedere in ognuno di essi uno scienziato, od uno specialista di questa o di quella dottrina, ma che, pur mantenendosi semplici alpinisti, fossero in grado di notare nelle loro relazioni quelle osservazioni che una mente colta può facilmente fare sui fenomeni naturali osservabili durante un’escursione, affinchè gli studiosi possano trarre dati utili a chiarire punti ignorati o mal conosciuti dalla scienza.
Quindi si doleva allorchè nelle pubblicazioni alpine vedevano la luce degli scritti unicamente o troppo alpinistici, ed anche quando trattavano di una sola regione, perchè Egli non credeva cosa buona che i nostri Clubs dovessero solamente illustrare i paesi nei quali erano stati fondati, poichè per lui l’alpinismo non aveva confini.
I primi articoli che trattano di grandi ascensioni e che videro la luce nelle pubblicazioni nostre, furono in gran parte da lui tradotti da giornali del C. A. Inglese e da quelli Tedeschi, e subito accanto ad essi altri ne vediamo di varietà e geografici, quali i Viaggi ed ascensioni in Norvegia , in cui ci descrive questo singolare paese «così bello ed attraente per gl’immensi ghiacciai, per le innumerevoli cascate, per le folte foreste, per le montagne pur grandiose, malgrado la non grande elevazione, ma sopratutto per l’incomparabile incanto dei magnifici fjords»; quelli sulle Società di geografia ed i Clubs Alpini , sull’ Oberland ed i suoi ghiacciai , sulla catena del Suffaid Koh e sulla regione di Jellalabad nell’Afghanistan , sulle Esplorazioni nelle grandi Ande dell’Equatore , il sunto del libro del professore Albert Heim di Zurigo sui terremoti ed il loro studio scientifico , nel quale succintamente ci dà le norme da seguirsi affinchè qualunque persona, anche non munita di strumenti, possa riuscire a fare osservazioni; la descrizione del termografo stato collocato sul Faulhorn, occasione propizia a lui per muovere invito agli italiani di fare anche loro qualche cosa di simile su quelle vette ove non è possibile stabilire osservatorî; un lungo scritto sul nuovo metodo per lo studio dei ghiacciai , ecc.
È a lui, conoscitore di parecchie lingue, che si deve lo svolgimento preso dalla «Bibliografia» nel nostro «Bollettino» prima e nella «Rivista Mensile» poi, ove ci tenne continuamente al corrente di quanto accadeva e si pubblicava oltr’alpe, portando a conoscenza nostra ciò che praticavano i potenti Clubs d’Inghilterra, di Germania e Austria, di America, ecc.
Nè mancava mai di dar risalto ai punti dai quali avevamo qualcosa di buono da imparare, qualcosa di utile da imitare, ed affinchè ci servisse di sprone e di norma sicura e non rimanessimo indietro agli altri, iniziò nel 1874 la compilazione della Rivista generale dei Clubs e delle Società Alpine , che mantenne al corrente sino alla sua morte.
Mentre poi ci segnalava quanto di meglio facevano gli altri, non appena anche da noi qualcosa si era ottenuto, lo rendeva noto agli stranieri, esaltando l’opera nostra, onde ce ne venisse stima maggiore.
Le nostre pubblicazioni ebbero da lui un impulso vigoroso, e senza tema di errare può dirsi che, fra tutti i soci, fu quello che maggiormente contribuì con consigli e con pregevoli e numerosissimi scritti a dar loro l’importanza che oggi hanno. I suoi articoli che trattano d’un infinito numero di soggetti, attinenti all’alpinismo, nei primi tempi erano contraddistinti colle segnature: « Un membre étranger du C. A. I.; Un Inglese amico delle montagne » ecc.; e più tardi colle sole iniziali R. H. B., od anche col nome in disteso.
Tutti riuniti, i suoi scritti formerebbero certamente diversi volumi di molta importanza, specialmente se fosse possibile radunare anche quelli pubblicati sui periodici nostrani e stranieri. Vedrebbero allora gli Alpinisti Italiani qual mole enorme di utile lavoro, quante nobili iniziative, quante opere generose, Egli ha predicate, che ancor non hanno potuto avere completa attuazione nelle nostre Alpi; quanto potente fosse l’amore che quest’uomo portava alla nostra Istituzione, il cui progresso fu scopo di tutta la sua vita.
Allorchè il Padre Denza si fece iniziatore degli Osservatori meteorologici in montagna , Egli tosto accorse a sostenere, ad aiutare quella ardita iniziativa, offrendo generosamente e l’opera e l’obolo suo, sì che l’illustre scienziato non dimenticò mai di segnalare nei suoi scritti e nei suoi discorsi, l’aiuto che il generoso Inglese gli aveva dato nell’impianto delle stazioni di Belluno, di Casteldelfino, di Valdobbia, di Domodossola ed altre.
Ed il senatore Torelli al Congresso Alpino tenutosi a Bormio nel 1873, rendeva grazie egli pure al Budden, d’essere stato dei primi ad aiutare l’impianto dell’Osservatorio Meteorologico alla IVª Cantoniera dello Stelvio.
Nè minor fortuna ebbe il padre Filippo Cecchi, direttore dell’Osservatorio Ximeniano di Firenze, quando a lui si rivolse, per stabilire nell’Appennino Toscano una rete di tali osservatorî che in breve volger di tempo, mercè l’aiuto che Egli ne diede e come privato e come Presidente della Sezione Fiorentina, poterono iniziare utili studi.
Amante sincero d’ogni progresso scientifico, quando seppe che il Padre Denza voleva tradurre in lingua italiana un libro del Whymper sui barometri aneroidi, e che difficoltà finanziarie facevano ostacolo a quel progetto, pagò del suo i diritti d’autore onde rendere possibile la traduzione, che per la morte dell’insigne scienziato non potè portarsi a compimento.
Così Egli proclamava coi fatti come la scienza debba essere sorella all’alpinismo e che le associazioni alpine debbono avere uno scopo eminentemente educativo, onde lo vediamo darsi a tutt’uomo per l’impianto delle Biblioteche del Club, recar buon numero di volumi alla prima filiale della nostra istituzione in Aosta e sollecitarne l’invio dai suoi connazionali; altri portarne all’Ospizio del Piccolo S. Bernardo, a Cogne, a Valtournanche, ai principali alberghi di montagna, alle guide, ecc....., mentre arricchiva di opere pregevolissime e di valore quelle della Sede Centrale, della Sezione di Firenze, di Agordo, ecc....., facendo sempre qualcosa anche per altre Sezioni nel lungo volger d’anni, dalla fondazione del Club ad oggi.
Animo educato al bello ed al buono, se per lui la scienza doveva essere compagna dell’alpinismo, non dimenticava però l’arte che considerava ausiliaria potente. Entusiasta dei monti, innamorato dei ghiacciai, di quelle immense distese di nevi, le quali, benchè non fossero state campo alle sue gesta, per lui non avevano segreti, avendole ammirate un infinito numero di volte, in ogni ora del giorno, inondate di luce, o coll’infuriar della bufera, all’alba ed al tramonto, silenziose o solcate da tuonanti valanghe, rimpiangeva soventi che i nostri artisti non studiassero quelle scene potenti, perchè riteneva sarebbero stati d’aiuto alla nostra causa. Più d’una volta in numerosi scritti insistette perchè principiassimo ad occuparci seriamente di quest’importante argomento, trovava anzi «un fatto piuttosto strano che in questo ramo d’attività il C. A. I. siasi lasciato prendere il passo dai Clubs Alpini Inglese, Austriaco e Svizzero, e che in nessuno dei diversi congressi si sia tentato di riunire una collezione di quadri alpini, affine di coltivare in tal senso la passione delle montagne nel pubblico, creando una vera scuola d’artisti che ci rendessero in modo vero i monti, mettendo al bando quella pittura di fantasia che ce li ha spesso rappresentati sotto aspetti imaginari» e combattendo così anche l’eccessivo verismo di questi tempi.
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