Blake Pierce - Il Volto della Paura

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“UN CAPOLAVORO DEL THRILLER E DEL MISTERO. Blake Pierce ha svolto un lavoro magnifico nella caratterizzazione dei personaggi, così accuratamente descritti da un punto di vista psicologico che possiamo calarci nelle loro menti, provare le loro paure e gioire dei loro successi. Ricco di colpi di scena, questo libro vi terrà svegli fino all’ultima pagina.”
–-Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (re Il Killer della Rosa)
IL VOLTO DELLA PAURA è il volume #3 di una nuova collana di romanzi thriller incentrati sull’FBI ad opera dell’autore bestseller secondo USA Today Blake Pierce, il cui bestseller #1 Il Killer della Rosa (Volume #1) (download gratuito) ha ricevuto oltre 1,000 recensioni a cinque stelle.
L’Agente Speciale dell’FBI Zoe Prime soffre di una rara condizione che le dona anche un talento unico: quello di vedere il mondo attraverso una lente di numeri. I numeri la tormentano, rendendola incapace di relazionarsi agli altri e facendole avere una vita sentimentale deludente, ma le permettono anche di vedere schemi che nessun altro agente dell’FBI è in grado di vedere. Zoe tiene segreta la sua condizione, in preda alla vergogna e alla paura che i suoi colleghi possano scoprirla.
A Los Angeles, diverse donne vengono ritrovate morte, senza alcuno schema a parte il fatto di essere orribilmente marchiate. Trovandosi in un vicolo cieco, l’FBI si rivolge all’Agente Speciale Zoe Prime per trovare uno schema lì dove altri non riescono, e per fermare l’assassino prima che colpisca di nuovo.
Ma Zoe, in terapia, sta affrontando i propri demoni, ed è a malapena capace di muoversi nel suo mondo afflitto dai numeri, oltre ad essere sul punto di lasciare l’FBI. Riuscirà a entrare nella mente di questo assassino psicopatico, trovare lo schema nascosto e uscirne incolume?
Thriller ricco di azione dalla suspense al cardiopalma, IL VOLTO DELLA PAURA è il volume #3 di una nuova avvincente collana che vi terrà incollati alle pagine fino a notte fonda.
Il Volume #4 sarà disponibile a breve.

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“Un lavoro preciso,” disse, più a se stessa che a qualcun altro.

“È stato un attacco rapido,” convenne il medico legale. “Chiunque sia l’assassino, sa il fatto suo. In entrambi i casi, si è avvicinato direttamente alle spalle e ha praticato un singolo taglio lungo la gola, squarciandola completamente.”

Zoe raddrizzò la schiena e guardò Shelley, per far sì che fosse chiaro che la prossima osservazione sarebbe stata rivolta a lei e non all’irritante presenza aggiuntiva nella stanza. “Non è stato un delitto commesso in modo impulsivo. È stato pianificato, il luogo è stato scelto con cura.”

“Credi che le vittime siano state scelte di proposito?”

Zoe si morse le labbra per un istante, muovendo lo sguardo tra i due cadaveri. Cosa avevano in comune, a parte il fatto di essere ridotti entrambi in cenere?

“È presto per dirlo,” affermò. “Dobbiamo saperne di più su Callie Everard. Se riusciamo a trovare un collegamento tra i due, bene. Altrimenti, potrebbe trattarsi di una faccenda più grande.”

“Un serial killer?” gemette Shelley. “Spero che fossero segretamente amanti o qualcosa del genere. Incrocio le dita, magari riusciamo a tornare a casa per il weekend.”

“Buona fortuna,” si intromise il medico legale, un intervento assolutamente superfluo.

Zoe le rivolse un’occhiata malevola, ma la sua irritazione venne placata, almeno in parte, dal modo in cui la donna si irrigidì e iniziò ad armeggiare con un vassoio di metallo che si trovava nei paraggi, piuttosto che incrociare nuovamente il suo sguardo.

“C’è una stanza che ci attende al commissariato locale,” disse Shelley. “Il poliziotto con cui ho parlato mi ha garantito che il caffè fa schifo, ma anche che l’aria condizionata è completamente inutile, quindi abbiamo un sacco di cose da aspettarci.”

“Fammi strada,” rispose Zoe, desiderando almeno trovare divertente quella battuta per indorare la pillola.

CAPITOLO SEI

Con un sospiro, Zoe scelse una sedia e vi si afflosciò, allungandosi per prendere il primo dossier che era stato messo lì a loro disposizione.

“Grazie, Capitano Warburton, apprezziamo davvero il suo aiuto,” Shelley si trovava vicino alla porta e stava facendo il solito, ottimo lavoro con le chiacchiere e i convenevoli che Zoe non aveva mai gradito.

Era bello far parte di una squadra che funzionava. Una squadra in cui ogni componente aveva i propri specifici ruoli. Shelley capiva le persone tanto quanto Zoe capiva i numeri, e sebbene nessuna delle due riuscisse davvero a comprendere l’opera dell’altra, almeno veniva reso tutto più facile.

Dopo una buona ventina di minuti trascorsi a studiare i dossier, non si erano ancora avvicinate a nulla. Nonostante i locali avessero raccolto diverse dichiarazioni da parte dei familiari e ottenuto molte più informazioni rispetto ai dossier iniziali che avevano esaminato in aereo, nulla di tutto questo sembrava essere utile. Zoe lanciò sul tavolo i fogli che aveva in mano con un lamento di frustrazione.

“Perché non c’è mai un collegamento semplice?”

“Perché, in quel caso, i locali riuscirebbero a risolvere il caso da soli, e noi rimarremmo senza lavoro,” rispose in modo calmo Shelley. “Ripassiamo quello che sappiamo. Parliamone. Magari scatterà qualcosa.”

“Ne dubito molto. Quei due erano così diversi.”

“Beh, iniziamo proprio da questo. John era un ragazzo in salute, giusto? Un fanatico della palestra.”

“Il suo coinquilino ha detto che trascorreva quasi tutto il suo tempo libero ad allenarsi. Era in ottima forma.”

“Ed era anche un bravo ragazzo.”

Zoe fece una smorfia. “Donava soldi in beneficienza e dava una mano in una mensa del povero la domenica. Non vuol dire per forza che fosse un bravo ragazzo. Moltissime persone fanno cose del genere perché nascondono un lato oscuro.”

“Ti stai arrampicando sugli specchi,” disse Shelley, scuotendo la testa. “Non ci sono altri significati nascosti. Aveva uno stile di vita pulito. Niente droghe, né condanne, neanche un rapporto disciplinare al lavoro.”

“Lei invece era l’opposto.” Zoe diresse quest’ultima affermazione verso una fotografia di una raggiante Callie Everard, che sorrideva alla fotocamera e aveva in mano una bottiglia di birra mentre un ragazzo dall’aria ubriaca le metteva il braccio attorno alle spalle.

“Beh, forse no. Ok, ha avuto qualche problema di droga quando era più giovane. Ma è entrata e uscita dalla riabilitazione quando aveva ventitre anni, ha completato il percorso e ha perso il vizio. Era pulita da un paio di anni. Si è rimessa in sesto.”

Zoe prese in considerazione questo aspetto. “Forse potrebbe essere un indizio. Entrambi con sane abitudini, anche se soltanto di recente.”

“A cosa stai pensando? A una sorta di culto della forma fisica o cose del genere?” domandò Shelley.

Zoe le rivolse uno sguardo cupo.

“Beh, è possibile,” disse Shelley. “Guarda tutta quella roba delle cyclette. E quel culto dell’auto-aiuto, quello che convinceva con l’inganno le donne a fare sesso e donare soldi al fondatore.”

“Suppongo tu abbia ragione.” Zoe non conosceva i dettagli, ma aveva sentito parlare dei casi. Shelley aveva ragione, in un certo senso. Non si sa mai cosa potrebbe esserci sotto la superficie fino a quando non si scava abbastanza a fondo da scoprirlo.

Sollevò le foto delle due vittime, cercando eventuali analogie. Era sempre frustrante imbattersi in casi del genere. In presenza di una sola vittima, era possibile limitarsi ad analizzare le prove, concentrarsi su ogni piccolo dettaglio di quell’unica persona. Quando c’erano tre o più vittime, era possibile avere a disposizione abbastanza dati per definire uno schema. Per capire che l’assassino si stava muovendo in una determinata direzione, oppure stava soltanto prendendo di mira le persone bionde di altezza inferiore a un metro e settantotto centimetri, o che magari presentavano un certo tic.

Ma quando le vittime erano due, la faccenda si complicava enormemente. Non era possibile mettere insieme le cose nello stesso modo. Un’analogia in termini numerici poteva anche rivelarsi soltanto una coincidenza che sarebbe stata demolita dal ritrovamento di un altro cadavere. Magari in un primo momento si notava che le età delle vittime erano numeri primi, soltanto per scoprire in seguito che quell’aspetto non aveva alcun senso. Era impossibile capire cosa fosse importante e cosa invece fosse soltanto fumo negli occhi, gettato dal proprio cervello e privo di qualsiasi proposito.

“C’è una cosa che hanno in comune,” disse Zoe, battendo l’indice sulle foto. “I tatuaggi. Dowling aveva una tigre sul bicipite sinistro, Everard una rosa sulla coscia destra, tatuata a puntini. Inoltre, stava andando a trovare un suo amico per farne un altro.”

Shelley scrollò le spalle. “Credi davvero sia un collegamento? Tantissime persone hanno dei tatuaggi.”

Zoe stava sfogliando altre foto, notando ulteriori segni su zone di pelle che erano visibili in diversi scatti. Erano stati presi quasi tutti dai profili social delle vittime, e sembrava che entrambi fossero orgogliosi dei propri tatuaggi, al punto da metterli in mostra. C’era un significato in tutto questo? “Non avevano soltanto un tatuaggio. Guarda. Entrambi ne erano pieni. Dowling aveva quasi tutta una gamba tatuata, fino al piede. Ed Everard, qui, sulla schiena e sull’addome.”

“Non sono ancora sicura che significhi qualcosa. È soltanto una moda di questo periodo.”

Zoe arricciò il naso. “Una moda?”

“Già. Non ci hai mai fatto caso? Un sacco di ventenni si tatuano, oggigiorno. Coprono tutto il corpo. Persino la faccia e le mani. Anche moltissime celebrità lo hanno fatto. Justin Bieber, Ariana Grande, conosci? Rapper, cantanti, sportivi. È considerata una cosa figa.”

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