Charley Brindley - Mare Di Amarezze

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Un uomo ritorna in Thailandia dopo cinquant'anni di assenza. Quando si trovava a Bangkok, durante la guerra del Vietnam, egli aveva conosciuto una ragazza e se n'era innamorato. In seguito ad una sanguinosa battaglia era rimasto gravemente ferito ed era stato ricoverato in un ospedale di San Diego. Una volta guarito torna a Bangkok alla ricerca della sua Chayan, ma lei non c'è più. L'anno dopo ritorna in Thailandia, ma una delle amiche di lei gli dice che la ragazza è morta durante un'epidemia di tifo. Distrutto, l'uomo torna negli Stati Uniti dove continua la sua professione di medico e si forma una famiglia. Ora, dopo cinquant'anni, si è recato nuovamente a Bangkok ma, piuttosto che Chayan, scopre che la vita laggiù è andata aventi senza di lui.

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Se fossi stato un uomo abituato a bere, forse due bicchieri di vodka o di whiskey mi avrebbero rimesso in sesto. O mi avrebbero aiutato a dimenticare.

Odiavo quello che faceva Prija, ma nel contempo l’ammiravo. L’amore è così potente da condurre all’auto-distruzione? E io, se fossi stato al suo posto, avrei fatto come lei? No so se avrei la forza di fare un sacrificio simile, tale da cambiarmi la vita. Lei è disposta a sacrificare la sua giovane vita per il bene della sua famiglia.

Cosa avrei potuto dirle, la prossima volta che ci saremmo visti? Ogni mia accusa sarebbe crollata ai piedi di una sedia a rotelle e un vecchio morente. E i suoi genitori sapevano quello che faceva per loro? Probabilmente no. E cosa dire degli ubriachi e dei molestatori che le mettevano le mani addosso? Ogni sera, lei metteva in pericolo non solo la sua salute, ma la sua stessa vita.

La conosco da meno di una settimana e mi sento già immischiato nella sua vita. Devo andarmene da Bangkok, subito! Posso scrivere ovunque. Magari, me ne ritorno in Amazzonia. Nella foresta pluviale, lontano dal caos e dalla gente. Via dal cancro e dalle puttane. Lì, nel silenzio della jungla e senza distrazioni, l’unica cosa che mi serve è un collegamento satellitare, una bottiglia di repellente per insetti, e potrò starmene in pace finché ne avrò voglia.

* * * * *

Alle tre del mattino riuscii ad impossessarmi di un tavolo e ordinai qualcosa da mangiare, in modo che la cameriera non mi pregasse di andarmene subito. Se Siskit mi avesse raggiunto, avremmo potuto mangiare insieme.

Non passò molto prima che la sua dolce voce mi suonasse alle orecchie. Ceh bella ragazza, e che sorella affettuosa nei confronti di Prija!

“Sono contenta che mi hai aspettato.” disse, sedendosi.

Salutò Ringy. “Che vuoi da bere?” le chiesi, spingendo verso di lei il piatto con la cena. “Ti ho preso qualcosa da mangiare.”

“Ce l’hai ancora quella aranciata frizzante?” chiese a Ringy, in thailandese.

“Certo. Se volete, vi porto la bottiglia grande. Aranciata anche per lei, signore?”

“Sì, grazie.”

“Che fame!” esclamò Siskit.

Chiacchierammo del più e del meno in thailandese. Ero felice che sapessi parlarlo di nuovo.

Spinse il piatto verso di me. Feci un boccone anch’io.

“Che lavoro fai?” mi chiese.

“Medico e scrittore.”

“Davvero? E cosa scrivi?”

“Un po’ di tutto. Libri di avventura, storia, romanzi…”

“Qualcuno dei tuoi libri è stato tradotto in thailandese?”

“No. Esistono solo in Inglese.”

“E quanti ne hai scritti?”

“Sedici. E altri quattro sono in lavorazione.” Spinsi il piatto verso di lei. “Ma ora basta parlare di me. Ti piace i tuo lavoro al reparto spedizioni?”

“Sì, mi piace, ma non vedo l’ora di tornare al mio villaggio a Pattani.”

Smisi di masticare e la fissai.

“Mi manca la mia famiglia.” Spinse il patto verso di me. “Che c’è?”

Io ingoiai e bevvi un sorso d’acqua. “Pattani, giù al sud?”

“Sì. Lo conosci?”

“Allora sei musulmana.”

“Certo. Anche Prija lo è. Veniamo da un piccolo villaggio.”

“Ma non vi coprite i capelli.”

“Non siamo praticanti. Non ci inginocchiamo nemmeno le 5 volte al giorno per pregare verso la Mecca. Lo facciamo solo quando siamo al villaggio. Sai, per non dare scandalo.”

Ora, ero completamente nel pallone. Provincia di Pattani… Da quanto tempo non sentivo più queste parole? Sarei dovuto andare lì, appena tornato in Thailandia.

“Che dottore sei?”

“Scusa?”

“Che tipo di dottore sei?”

“Oh…uno qualunque.”

“Hai detto che sei già venuto a Bangkok, tempo fa.” Fece un boccone di riso al curry.

“Sì.” Sollevai il bicchiere vuoto verso Ringy.

Non voglio rispondere a queste domande. Ma non voglio essere scortese con questa ragazza. Non c’è motivo.

Circa cinquant’anni fa.”

“E dopo tanto tempo, ricordi ancora la nostra lingua!”

Quando sono arrivato, due settimane fa, ho avuto dei problemi. Poi, piano piano, ho ricominciato a parlarlo.”

“Lo parli bene. Perché cinquant’anni fa eri qui?”

Feci ruotare il bicchiere sul tavolo, con lo sguardo fisso sulle goccioline di umido che lasciava sul tavolo.

“Mi fai una domanda abbastanza semplice, Siskit. Ma la risposta non è…”

“Credevo che te ne fossi andato!”

“Ecco che arriva Prija, –esclamai – e come al solito interrompe i nostri discorsi!”

“Cosa ho interrotto?” chiese lei, prendendosi una sedia e servendosi del mio bicchiere di aranciata fredda.

“Una conversazione piacevole con la mia amica.”

“Oh, hai un’amica?” Sorrise a Priskit e posò il cellulare sul tavolo.

“Sì, l’ho rubata a te.” Presi il mio drink e ci feci un sorso. “Stai ancora lavorando?”

“Infatti.”

“Non ci farai un soldo a scherzare con me.”

“Fossi in te, non ci giurerei.”

“Sai che è un dottore? – disse Siskit – E ha anche scritto sedici libri!”

“Che tipo di dottore?”

“Ehmm…uno per le donne.” dissi, in Inglese. Feci un profondo sospiro. “Ginecologo.”

“Cosa?’” chiese Siskit.

“Tipo…una dottoressa.” rispose Priskit, con un sorriso cattivo.

“Lasciamo perdere, ok?”

Il suo cellulare squillò. Diede un’occhiata. “Devo andare.” Si voltò verso di me. “Resta lì finché non torno. Non abbiamo ancora finito, io e te.” E sgusciò via.

“Oddio! A volte penso che dovrei tapparmi la bocca!” esclamai.

“Perché? – chiese Siskit – Ti fa schifo essere paragonato ad una dottoressa?”

“Niente affatto, ma Prija mi sfotterà a lungo per questo.”

Siskit sorrise. “Hai ragione!” esclamò.

“Parliamo del tuo lavoro. Ti occupi delle vendite dirette?”

“No, sto a logistica.”

“Sembra difficile.”

“Per niente. Sto al computer e mi occupo di riempire di merci i containers, e poi assegnarli alle navi dirette in America o in Europa.”

Si dilungò sul modo migliore per utilizzare gli imballaggi in base alle loro dimensioni. E a come assegnarli ai vari containers in modo che quelli in cima fossero i primi da scaricare.

“Wow, affascinante! Ma che…?!?!”

“Ho un’eruzione cutanea!”

“Oddio, eccola che torna!” Mi misi le mani sulla faccia. “Monistar, Prija. Compralo in farmacia. Non c’è bisogno della ricetta medica. Siskit e io stavamo parlando.”

“Di me?” E sorrise. Per la terza volta, quella sera.

Devo andarmene subito, prima di spiattellare tutto.

“Oh, Signore.” Mi appoggiai allo schienale della sedia, per prendere i soldi dalla tasca dei pantaloni. “Proprio divertente. Ora devo andare.”

“Perché te ne devi andare?” chiese Siskit.

“Ho bisogno di dormire.” dissi.

“Domani è domenica. Nessuno lavora.” aggiunse Prija.

“C’è gente costretta a lavorare tutti i giorni.”

“Sulle femmine o sui libri?” chiese Prija.

“Non ti arrendi mai, vero?” Sorrisi.

Lei scosse la testa, ridendo.

“Devo iniziare un nuovo libro.”

“E di che parla?”

“Non te lo posso dire. E’ una storia triste.”

“A me piace leggere.”

“Pensi di essere capace?”

“Leggo meglio di come scrivi tu.”

“Buonanotte, signore.”

“Ci vediamo domani.” disse Siskit.

“Ti porteremo in un bel ristorante.” disse Prija.

Scossi il capo: sapevo che stavano scherzando.

CAPITOLO TRE

Un bussare alla mia porta mi spaventò. Chi poteva essere? Diedi un’occhiata all’orologio sul microonde: le quattro pomeridiane di domenica.

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