“La maggior parte degli uomini è idiota.” dissi io.
“Tutti gli uomini sono dei perfetti idioti.” Sorseggiò il suo the. “Solo alcuni lo sono solo per metà.”
“Lo prendo come un complimento”
“Non lo era.”
Mi alzai. “Devo andare prima di mettermi a vomitare.”
“Sì, anch’io, prima di annoiarmi a morte.”
Lasciai dei soldi sul tavolo e infilai in tasca il mio iPad. “Ci vediamo.” dissi.
“Speriamo di no.” rispose.
Nella mia camera d’albergo mi feci portare un caffè, poi me ne dimenticai completamente.
A mezzogiorno lavoravo ancora sul mio PC.
A metà pomeriggio mi fermai e diedi un’occhiata a ciò che avevo scritto.
Wow, 115 pagine!
Di colpo provai fame e sonno.Indeciso sul da farsi, mi preparai una tazza di caffè solubile.
* * * * *
Giovedì notte. Mi sedetti al solito tavolo, a guardare Prija che lavorava. Provai a scrivere qualcosa sull’iPad, ma non ne venne fuori niente. Lei invece sembrava molto indaffarata.
Il mio cellulare trillò al suono di Johnny B. Goode.
“Ehi, numero Tre!” risposi. Ascoltai la voce al telefono. “ Sì, ero già sveglio. Che ore sono lì a L.A.?”
Dopo un attimo la voce rispose: “Circa l’una e mezza di notte.”
Non avevo molta voglia di parlare con lui, ma avevamo dei problemi da risolvere.
“Beh, comunque non riuscivo a dormire.” dissi.
“Ho fatto di nuovo i conti.”
“A che scopo?”
“Ho pensato che potremmo acquistare noi il materiale per il progetto e poi rivenderlo quando avremo finito.. Ho calcolato che comprarlo ci costerebbe di meno che noleggiarlo.”
“Perché parli al plurale?”
“Intendevo noi, tu ed io.”
“Ma potremmo chiudere il leasing, per alleggerire il nostro carico fiscale.”
“Potremmo invece ammortizzare gli acquisti.” disse il Numero Tre.
“Non funzionerà.”
“Ti mando le proiezioni P & L.”
“Mandale pure, ma ti ripeto che non funzionerà.”
“Problemi?” esclamò Prija, mentre si sedeva accanto a me.
“Devo lasciarti. Ci sentiamo più tardi.” Chiusi la comunicazione e gettai l’iPad sul tavolo.
“Con chi parlavi?”
“Col mio socio in affari.”
“Che tipo di affari?”
“La ristrutturazione dell’Ospedale di Los Angeles.”
“Sembra una cosa complicata.”
“Sì, è difficile infilare tutti nella stessa pagina.”
“Che pagina?”
Mi alzai stizzito, e afferrai il mio cellulare per mettermelo in tasca.
“Perché mi spii?”
“In verità, ero convinto che me ne sarei andato senza vederti.”
“Mi hai spiata tutta la notte.”
“Ho lavorato tutta la notte.” Le mostrai l’iPad che avevo ancora in mano.
“Spero che non siano le stesse stronzate dell’altra sera.” Rimase seduta al tavolo, ma io non avevo intenzione di restarci.
“No, questa volta erano cavolo e trippa.”
“Stai migliorando. Siediti, che sembri un corridore sull’asta di partenza.”
“Sono troppo vecchio per quello, ormai.”
Mi sedetti di nuovo. Lei fece un cenno alla cameriera.
“Quindi, sei una specie di guardone.” Si rivolse alla cameriera che era giunta al tavolo. “Ciao, Ringy. Ci porti due birre scure, per favore?”
Ringy sorrise e andò a prepararle.
“Come mai sei così gentile con lei?” le chiesi.
“Ha lavorato anche lei per strada, finché non è invecchiata troppo.”
“Come succederà a te. Forse la settimana prossima.”
“Divertente. Allora, che cavolo vieni a fare, qui?”
“Pensavo di trovare qualcosa che mi eccitasse mentalmente, e invece ho trovato solo le tue chiacchiere noiose.”
“Beh, anche l’eccitazione ha un costo.”
“Invece la noia è gratis?”
“Fin quando non troverò qualcuno disposto a pagarmela. E tu? Che ne diresti di qualcosa di eccitante?”
Mi misi a ridere. “IO? E perché dovrei?”
“Perché comunque sei un uomo.”
“E quindi desidero una vera donna.”
“E secondo te io non lo sono?”
“Secondo me tu sei… In quell’istante Ringy ci portò le birre e io zittii. Prija sorseggiò la sua, poi mi guardò con aria interrogativa.
“Credo che ci sia un tempo per scherzare e uno per fare le cose serie.” dissi.
“E perché? Sabato scorso ti ho detto che sei un lurido vecchiaccio Americano.”
“La verità non ha mai ucciso nessuno.”
“Allora dimmi la verità su di me.”
“Ok. Sei bellissima.”
“Oh, mi fai arrossire.”
“E lavori per strada perché in fabbrica non faresti gli stessi soldi.”
Il suo cellulare vibrò. Lei gli diede un’occhiata distratta ma non rispose.
“Come mai Siskit si adatta a lavorare al reparto spedizioni per un decimo di quello che guadagni tu?”
“Perché non le permetterò di fare il mio stesso lavoro.”
“Ma va bene per te, vero?”
“IO so cosa faccio.”
“Oh…e cosa stai facendo?”
Lei stette zitta per un attimo. “Va bene. Paga e tornatene al tuo lavoro.”
Si alzò. La guardai andarsene, prima di lasciare i soldi sul tavolo.
Meraviglioso. Proprio come ai bei vecchi tempi.
* * * * *
Le due di notte di sabato sera. Tutti i tavoli del solito caffè erano occupati. Mi misi a camminare sul marciapiede al alto opposto. Avevo il mio computer portatile nello zaino a tracolla.
Prija non era al solito posto.
Scrutai la strada in lungo e in largo: niente.
A un tratto vidi Prija uscire da una porticina dell’edificio e sistemarsi la gonna. Era in compagnia di un ometto basso e grasso.
“Sassone!” esclamò una voce alle mie spalle. Mi voltai.
“Siskit! Che piacere vederti!”
Mi abbracciò. “Che fai? Controlli Prija?”
“Ehmmm…sì, fino a poco fa.”
“Anch’io lo faccio, ogni tanto. Ho sempre paura che qualcuno le metta le mani addosso.”
”E’ già successo?”
“Sì, molte volte.”
“Perché lo fa?”
Siskit fece un cenno di saluto a Prija dall’altro lato della strada. Lei rispose con un cenno del capo.
Mi sta guardando?
Provai il forte impulso di salutarla, ma rimasi fermo con la mano avvinghiata allo zaino.
Se n’è accorta che prima la stavo guardando?
Tutti i soldi che guadagna li dà alla famiglia. Nostro padre è malato di cancro, e nostra madre è costretta sulla sedia a rotelle.”
“Oh, no. Che tipo di cancro?”
“Polmoni.”
“E’ in chemio?”
Mi guardò. “Che cos’è?”
“Ehmm…delle sostanze chimiche che ti danno per endovena.” Feci il gesto dell’ago ficcato nel braccio. “A volte te lo danno con le pillole.”
“Ah, sì. Dovrebbe farlo. Ma costa 300.000 bath al mese.”
“Allora fa la radio?”
“Sono sei mesi che la fa. Ha perso tutti i capelli, ormai.”
“Mi dispiace molto.”
“Non dire a Prija che te l’ho detto.”
“Ok.”
Arrivò un messaggio al suo telefono. Lei lo lesse e sorrise. Mi guardò.
“Allora, promesso?”
“Promesso. Ma non lo sa nessuno?”
“Solo un’altra persona. Comunque, Prija sta arrivando.”
Vidi Prija che dall’altra parte della strada aspettava che una moto passasse, prima di dirigersi verso di noi.
“Devo andare. Mi raggiungi più tardi al solito caffè?”
“Certo. Ma perché te ne vai’”
Dovetti scappare per non farmi sommergere dalle emozioni. Adoravo le mie chiacchierate acide con Prija, ma non volevo assolutamente che lo sapesse. E adoravo i suo viso, così simile a quello della donna scolpita nella mia memoria. E ora, la rivelazione che vendeva il suo corpo per pagare le medicine al padre gravemente malato. Tutto ciò stava mandando in tilt il mio cervello, come un pallone che si gonfiasse fin quasi a scoppiare. Qualcosa stava per cedere.
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