Giovanni Mongiovì - Le Tessere Del Paradiso

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Le Tessere Del Paradiso: краткое содержание, описание и аннотация

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Il Regnum è un enorme mosaico variopinto in cui gente di culture, lingue e religioni diverse convive l’una accanto all’altra. Siamo intorno alla metà del XII secolo e sul trono di Sicilia siede Guglielmo il Malo. In questa storia si muovono sei protagonisti, ognuno facente parte di una delle razze che compongono l’enorme mosaico del Regno. Alessio, maestro d’arte bizantino, dal carattere remissivo e alla ricerca dell’amata figlia; Amjad, potente eunuco saraceno, votato segretamente alla causa dell’Islam; Vittore, figlio del popolo di Palermo, innamorato di una donna musulmana; Manfredo, nobile lombardo ambizioso e vendicativo; Chana, vedova di un prestadenari ebreo, alla ricerca di giustizia per l’assassinio del marito; e Roberto di Rossavilla, ago della bilancia delle controversie del Regno. In particolare quest’ultimo viene messo di fronte ad una complicata scelta: sposare la bella Rocca, figlia del dissidente Eraldo, oppure accettare l’offerta del Re, ripudiando la promessa spos Il Regnum è un enorme mosaico variopinto in cui gente di culture, lingue e religioni diverse convive l’una accanto all’altra. È stato il potere forte e accentrato dei sovrani normanni a rendere possibile tale creatura unica al mondo, prospera e potente. Pende tuttavia sul Regno una pericolosa legge di natura: ciò che è bello è spesso anche fragile… ciò che riesce è spesso anche precario! Siamo intorno alla metà del XII secolo e sul trono di Sicilia siede Guglielmo, detto “il Malo”. Questi preferisce l’ozio e il vizio all’esercizio di governo. Emergono perciò uomini senza scrupoli intenzionati ad accrescere il proprio prestigio. Majone, Ammiraglio del Regno, punta subdolamente al trono, mentre Matteo Bonello, giovane e valoroso barone, intende sovvertire il sistema con la forza. Le tensioni sfociano in una vera e propria guerra tra razze, che mette contro i saraceni, rappresentati dai potenti eunuchi di corte, e i lombardi, interessati al potere degli eunuchi e capeggiati dalla nobiltà dissidente. Intanto approfittano di questa debolezza le potenze confinanti, il papa così come i musulmani d’Africa, pronti a colpire al cuore il regno più avanzato d’Europa. In questo contesto si muovono sei protagonisti, ognuno facente parte di una delle razze che compongono l’enorme mosaico del Regno. Alessio, maestro d’arte bizantino, dal carattere remissivo e alla ricerca dell’amata figlia; Amjad, potente eunuco saraceno, votato segretamente alla causa dell’Islam; Vittore, figlio del popolo di Palermo, innamorato di una donna musulmana; Manfredo, nobile lombardo ambizioso e vendicativo; Chana, vedova di un prestadenari ebreo, alla ricerca di giustizia per l’assassinio del marito; e Roberto di Rossavilla, ago della bilancia delle controversie del Regno. In particolare quest’ultimo viene messo di fronte ad una complicata scelta: sposare la bella Rocca, figlia del lombardo Eraldo, oppure accettare l’offerta del Re, ripudiando la promessa sposa ed infrangendo gli accordi col nobile dissidente. Roberto potrebbe lasciar decidere il cuore, ma c’è un problema: non ama Rocca! Si sviluppa così una storia piena di colpi di scena, in cui le vicende dei singoli influenzeranno il destino di tutti. Sarà qualcuno dei sei protagonisti a salvare il Regnum dall’odio e dall’intolleranza, o forse finalmente il Re si renderà conto che il futuro del suo trono passa dalle sue mai compiute scelte? Nel frattempo, in una delle sale del Palazzo Reale, tessera dopo tessera, un abile mosaicista sta per portare a termine una delle opere più emblematiche del periodo normanno. Su quelle mura è raffigurato il Paradiso, meta che accomuna tutti gli uomini di ogni razza e cultura, e immagine stessa del Regnum. Un romanzo storico di ambientazione medievale moderno come pochi. Capace di affrontare in chiave diacronica argomenti attuali come l’integralismo islamico, il suprematismo razziale e la tutela dei diritti individuali; a dimostrazione che nella storia umana non si inventa mai nulla di nuovo.

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«Ti stupirai sapendo che nel mio caso ho ricevuto la sentenza prima di compiere il reato…»

Sconvolto oltre ogni dire e profondamente turbato, Onesimo fece fatica a giudicare l’anima redenta oltre la carne peccaminosa che aveva davanti. Alla fine seppe solo dire:

«Vi assolva Dio che scruta i cuori.» e con una scusa si accomiatò dal suo mentore, deluso da quell’uomo che finora aveva aiutato senza riserve.

A questo punto, ancora frastornato e senza nessuna voglia di vivere, Alessio non era più sicuro nemmeno della genuinità del proprio cuore. Credette di sentirsi in tutto e per tutto come si sente un malvagio.

L’esperto maestro d’arte d’altro canto faceva parte di quel tipo di uomini che dopo il peccato e l’errore cercano in tutti i modi di rimediare – la ricerca di Zoe, dopo tanti anni dai suoi sbagli di gioventù lo dimostrava pienamente – e adesso avrebbe rimediato pure all’ultimo atroce peccato se avesse potuto. Essendo tuttavia la vita qualcosa di esclusiva competenza divina, l’uomo non può ridare ciò che toglie.

Alessio aveva abbozzato sulla calce del supporto i soggetti che avrebbe dovuto realizzare in mosaico. Si trattava di alberi esotici e palme, di animali reali e fantastici: leoni, pavoni, cervi e leopardi, ma anche grifoni e centauri. Quella sera, alla luce tremula della candela, mentre se ne stava disteso sul suo giaciglio, li vide prendere vita. Quello che sarebbe dovuto diventare il Paradiso che il Re tanto desiderava adesso si manifestava nella sua mente come l’Inferno. Alessio si addormentò fissando quelle figure, e pochi minuti più tardi quelle bestie gli sbranavano le carni e lo dilaniavano. Uno dei pavoni disegnati con tanta precisione sul muro adesso gli beccava il cuore. Alessio si svegliò di soprassalto e per quella notte ebbe timore a riaddormentarsi, sicuro che nel sonno i demoni della sua mente si sarebbero destati nuovamente per molestarlo.

L’indomani Onesimo non si presentò e questo tormentò Alessio non meno degli inquietanti sogni della notte appena trascorsa. Rimuginò per tutto il giorno su quanto inutile fosse diventata la sua vita e concluse che dopo il tramonto, quando se ne sarebbero andati tutti, si sarebbe lanciato dalla loggia. Nondimeno, quando i manovali lasciarono la sala, Mattia si presentò tutto intristito. Alessio sorrise… ora lo sfiorava una malsana idea: avrebbe reso un bene al mondo tirandoselo dietro giù dalla balaustra.

«Che avete, mio Signore?» chiese l’abile artista, questa volta recitando.

Alessio boicottava la sua onestà in luogo dell’ipocrisia di chi si spaccia falsamente amico.

«Una nuova minaccia incombe sulla nostra causa!»

«Credevo che il gaito Luca fosse l’ultimo pericolo.»

«Qualcuno vi ha visto allontanare dalla locanda.»

«Vi riferite al tizio che ha provato ad ammazzarmi?»

«No, non a quello… a quanto pare il gaito Luca se ne stava da solo quando venne ritrovato. Chiunque fosse colui che vi ha attaccato aveva buone ragioni per dileguarsi prima che qualcuno chiamasse le guardie.»

Qualcos’altro non quadrava in quella storia. Il nobiluomo che l’aveva aggredito si era volatilizzato nel nulla, probabilmente perché, così come diceva Mattia, lì non doveva esserci. Si trattava forse di un ricercato? Alessio non lo sapeva né poteva chiedere in giro. Tuttavia, riflettendoci, qualche elemento in più per capire la questione ce l’aveva. Il gaito Luca, in preda al terrore, aveva gridato: «Mia Signora, ci attaccano!». C’entrava una donna quindi; ma chi? E perché in luogo di una donna era venuto giù un uomo? Si trattava forse di amanti… una relazione illegittima che il gaito Luca stava proteggendo? Alessio suppose molte cose in pochi minuti.

«Le guardie si mobilitarono non molto dopo; chi diede l’allarme?» chiese ancora il maestro d’arte.

«Vittore!»

«Un uomo con pochi anni meno di me…» descrisse Alessio, credendo ancora che quello fosse il nome della persona che l’aveva assalito.

«No, Vittore è una persona giovane.»

«Non c’era nessun giovane quella notte, né dentro né fuori la locanda.»

«Le case di Palermo hanno gli occhi, Mastro Alessio! Vittore, il venditore di conchiglie, vi ha visto, anzi ha visto entrambi… a voi uscire dalla locanda e a me starmene ad aspettarvi lì vicino. Essendo che mi ha riconosciuto quale eunuco del Re, ha bazzicato attorno al Palazzo per due giorni. Stamattina mi ha ritrovato, proprio mentre mi recavo dalla vostra Zoe… e sapete cosa mi ha detto?»

«Cosa?»

«Che avrebbe saputo indicare me e voi ad un processo. Quindi mi ha chiesto del denaro per il suo silenzio… molto denaro.»

«Dategli quanto chiede e mettetelo a tacere!»

«Non dispongo di quella cifra; forse voi sì?»

«Vi risparmio pure di riferirmi l’entità della cifra… sapete benissimo che ho perso tutto.»

«Dunque dovremo agire come l’ultima volta, rapidi e incisivi.»

«I manovali affidati al mio comando mi hanno riferito giusto stamattina che l’Ammiraglio del Regno, tale Majone, sta rivoltando la città da cima a fondo, intenzionato a prendere l’assassino del gaito Luca.»

«Sciocchezze! Neppure il Re si è scomodato a rientrare a Palermo dopo il misfatto.»

«Che il vostro sovrano sia molle e disinteressato è cosa risaputa… e che deleghi il suo ministro anche.»

Mattia sorrise e rispose:

«Avete capito tutto di questo Regno pur standovene tra quattro mura!»

«Perciò prendete tempo con chi vi ricatta e aspettate che le acque si calmino.»

«Abbiamo tempo fino all’11 del mese e poi parlerà.»

Alessio ci pensò un attimo. Con molta probabilità Mattia ne stava inventando un’altra con lo scopo di indurlo ad eliminare i suoi nemici. D’altro canto, se fosse stato vero, Alessio sarebbe andato incontro ad una morte certa… né più e né meno quello che era previsto comunque per lui. Cosa cambiava nella sua condizione? Nulla… se non altro che se quel Vittore avesse parlato, lui avrebbe pagato con la giusta pena il suo peccato. Si prospettava quindi la possibilità di scontare le sue colpe e di far cadere la responsabilità pure sull’eunuco Mattia, vera mente e vero manovratore del delitto. Alessio decise quindi che non avrebbe mosso un dito e che sarebbe andato incontro al suo destino.

«L’11 è fra due giorni!» esclamò il recluso tra i due.

«Capite perciò che non c’è tempo da perdere!»

«Domani, ma non stanotte, non oggi che i ricordi del gaito Luca morente sono ancora vividi nella mia testa.»

Così, con una scusa, Alessio prendeva tempo. Avrebbe rimandato fino al termine dei suoi giorni, consapevole che in tale modo avrebbe messo fine al male, ed il male in questo caso era lui stesso.

Capitolo 7

Notte del 10 Novembre 1160 (Anno Mundi 6669), Balermus

Alessio sapeva che Mattia si sarebbe ripresentato nel corso della giornata del dieci per persuaderlo ad agire proprio quella notte, così pensava a quale scusa avrebbe dovuto addurre questa volta per esimersi da quel compito ingrato.

Durante la mattinata, in mezzo al suo intricato groviglio di pensieri, l’unico diversivo alla monotonia della quotidianità lo ebbe con la consegna di un cesto contenente alcune tessere dorate. Quelli erano i primi quadrelli che giungevano dalle officine dei mastri vetrai palermitani. Il maestro d’arte avrebbe dovuto adesso saggiarne la qualità e riportare la sua impressione al logotheta Basilio, patrocinatore dell’opera. Benché quelle tessere avessero perso su Alessio il loro precedente ascendente, questi non poté ignorare che si trattava di un prodotto ben fatto, degno del palazzo di un Re. Quindi, passato da poco mezzogiorno e congedati i manovali per il pranzo, venne fuori sulla loggia intento a valutare i riflessi che la lamina d’oro e la pasta vitrea che la ricopriva producevano alla luce del sole.

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