I quattro riposarono ancora un po’, esaminando la riserva d’aria ed esercitandosi a far reagire gli esotermi col metodo ideato da Sherkaner. Il sergente Unnerbai e Amberdon Nizhnimor (l’unica femmina della Squadra) eseguirono la lista dei controlli, segnalando a Sherkaner ciò che funzionava male o sembrava sospetto. Erano tre tecnici competenti, un chimico e due ingegneri. Ma erano anche militari professionisti. Sherkaner trovava affascinante il cambiamento che avveniva in loro quando dal laboratorio passavano sul campo. Unnerbai, in special modo, era fatto a compartimenti separati: da una parte un soldato duro, dall’altra un ingegnere di mente aperta, e da un altro ancora un tradizionalista con un ferreo concetto dei valori morali. Sherkaner lo conosceva da sette anni, e dopo quel primo giorno di sarcastica sospettosità il sergente era diventato un suo buon amico. Ma quando la Squadra s’era finalmente spostata sul Fronte Orientale i suoi modi erano divenuti più distaccati. Aveva cominciato a rivolgersi a lui col titolo “signore”, esibendo un atteggiamento rispettoso venato di impazienza.
Lui ne aveva domandato il motivo a Victreia. Era successo nell’ultima occasione in cui erano stati da soli insieme, in un gelido alloggio scavato nel terreno gelato sotto l’ultimo aerodromo ancora operativo del Fronte Orientale. Lei aveva riso di quella domanda. — Ah, caro sciocco, cos’altro ti aspettavi? Hrunkner avrà il comando operativo quando la Squadra lascerà il territorio amico. Tu sarai un consigliere civile senza addestramento militare. Lui avrà bisogno della tua ubbidienza immediata, ma anche della tua immaginazione e capacità scientifica. — Aveva riso piano; solo una tenda separava il loro alloggio da quelli adiacenti. — Se tu fossi una qualsiasi recluta, Unnerbai ti avrebbe già fritto il guscio una dozzina di volte. Quel povero artropode ha paura che quando ogni secondo sarà importante, il tuo genio si perda su qualcosa di irrilevante… osservazioni astronomiche o roba simile.
— Mmh. — In effetti lui s’era chiesto come fossero le stelle senza l’atmosfera a offuscarne il colore. — Capisco cosa vuoi dire. Messa così, c’è anzi da stupirei se il generale Grionval mi ha inserito nella Squadra.
— Stai scherzando? Hrunkner lo ha preteso. Lui sa che troverete degli imprevisti che soltanto tu saprai affrontare. Come ti ho detto, è un artropode che attualmente ha un problema.
Era raro che Sherkaner si sentisse sbilanciato, ma quella era una situazione nuova per lui. — Bene, vuol dire che farò il bravo.
— Sì, lo so. Volevo solo chiarirti il dilemma di Hrunkner… ehi, puoi vederlo come un mistero comportamentale: come può gente così diversa come voi collaborare e sopravvivere, in un mondo dove nessuno ha mai vissuto? — Forse Victreia l’aveva vista come una battuta di spirito, ma era una domanda interessante.
Non c’era dubbio che il loro veicolo fosse il più strano della storia: in parte sottomarino, in parte profondità portatile, in parte una dannata latrina piena di fango. Ora lo scafo lungo cinque metri galleggiava in una polla di melma luminescente verdolina. A contatto del vuoto l’acqua bolliva, trasformandosi in gas che faceva appena in tempo a sollevarsi prima di congelare e ricadere sotto forma di cristalli di neve. Unnerbai spalancò il portello e i quattro formarono una catena, passandosi l’equipaggiamento e le taniche degli esotermi finché sul terreno accanto alla polla fu ordinatamente ammucchiato tutto ciò che dovevano portarsi dietro.
Collegarono i tubi fonici fra le loro tute: Underhill a Unnerbai, questi ad Havon e in fondo alla fila Nizhnimor. Underhill aveva sperato fino all’ultimo di poter utilizzare radio portatili, ma era un tipo di equipaggiamento troppo pesante e nessuno sapeva come avrebbe funzionato in condizioni così estreme. Così ognuno di loro poteva parlare solo al compagno fisicamente unito a lui. Del resto anche con le radio avrebbero avuto bisogno di quel sistema come riserva, nell’eventualità di un guasto.
Sherkaner era il primo della fila quando s’incamminarono verso la riva del lago, con Underhill alle spalle e Havon e Nizhnimor che trainavano la slitta. Già a pochi passi dal sommergibile il buio s’era chiuso su di loro. C’erano riflessi rossastri dove gli esotermi s’erano sparsi sul ghiaccio; il sommergibile aveva bruciato tonnellate di carburante per aprirsi la strada verso la superficie. Il resto della missione avrebbe dovuto usare ciò che gli esotermi potevano fornire e il carburante che avrebbero trovato fra le nevi.
Più di ogni altra cosa erano stati gli esotermi a rendere possibile quella missione nella Tenebra. Prima dell’invenzione del microscopio gli alchimisti e i filosofi dichiaravano che ciò che distingueva gli animali superiori dal resto delle forme di vita era la loro capacità di sopravvivere come individui attraverso la Grande Tenebra. Le piante e gli animali inferiori morivano; a resistere al gelo erano soltanto le loro uova incistate. Poi s’era scoperto che anche molti esseri unicellulari sopravvivevano, e senza neppure il bisogno di ritirarsi nelle profondità. Cosa ancora più strana — questo lo avevano appurato i biologi quando Sherkaner frequentava la scuola inferiore — c’erano tipi di batteri che vivevano nella lava dei vulcani e restavano attivi durante l’intera Tenebra. Sherkaner era stato affascinato da quelle microscopiche creature. Gli studiosi ipotizzavano che morissero o si trasformassero in spore quando un vulcano sospendeva l’attività, ma lui s’era chiesto se ce ne fossero dei tipi capaci di vivere nel freddo generando il calore a essi necessario. Dopotutto anche nella Tenebra c’era ossigeno, e in molti posti sotto l’aria-neve esistevano strati di materiale organico in decomposizione. Se in essi c’era qualche catalizzatore per dare inizio all’ossidazione a bassissima temperatura, forse quei batteri potevano “bruciare” i resti vegetali nelle zone vulcaniche. Batteri del genere erano le creature più adatte a vivere nella Tenebra.
In retrospettiva, era stata l’ignoranza di Sherkaner a consentirgli di non scartare subito quell’idea. Le due strategie di vita dovevano avere una diversa chimica. L’effetto dell’ossidazione esterna era molto debole, e negli ambienti caldi non esisteva. I due tipi di metabolismo erano solitamente venefici uno per l’altro. Nessuno avrebbe notato l’esistenza di quel genere di batteri se Sherkaner non fosse andato a cercarli. Aveva trasformato un laboratorio di biologia per le scuole inferiori in una palude congelata, facendosi — provvisoriamente — cacciare via da scuola. Ma i microrganismi erano stati trovati e classificati grazie a lui: gli esotermi.
Dopo sette anni di allevamento selettivo effettuato dall’Ufficio Ricerche e Attrezzature era stato ottenuto un ceppo di batteri con un metabolismo ossidante ad alta velocità. Così ora, quando Sherkaner gettava una fanghiglia di esotermi sull’aria-neve, c’era subito uno sbuffo di vapore, e poi una luminosità che si dileguava mentre la sostanza ancora liquida scendeva in profondità. Dopo un secondo, se gli esotermi gettati in quel punto erano stati fortunati, si poteva scorgere un lieve bagliore attraverso la neve e il ghiaccio, dove venivano bruciate le sostanze organiche congelate in quello strato.
Il bagliore rosso ora si levava più intenso alla sua sinistra. L’aria-neve sussultava e ne sbucavano refoli di vapore. Sherkaner prese il tubo che lo collegava a Unnerbai e guidò la Squadra verso il punto più alimentato. Per quanto buona fosse l’idea, spargere gli esotermi era un gesto da incendiari. L’aria-neve era ovunque, ma i combustibili erano nascosti. Era soltanto il lavoro di trilioni di batteri inferiori a rendere possibile la scoperta e l’uso del carburante. Per un po’ anche l’Ufficio Ricerche era stato intimidito dalla sua creazione. Come le alghe-stuoia della Scogliera Meridionale quelle piccole creature erano in un certo senso sociali. Si muovevano e si riproducevano con la velocità delle alghe-stuoia. Cosa sarebbe accaduto se l’escursione della Squadra avesse dato fuoco al mondo? Ma in effetti lo stesso metabolismo ad alta velocità dei batteri era un meccanismo suicida. Underhill e i suoi compagni avevano quindici ore di tempo prima che i loro esotermi morissero.
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