— Sì. — Jau aveva studiato tutto dell’astronave, salvo l’alloggio privato di Brughel. — Tuttavia fra i Qeng Ho lei può trovare chi conosce meglio di me…
Kal Omo scosse il capo. — Questo non è lavoro per un Mercante, neppure Trinli. — Occorsero trecento secondi per oltrepassare il portello stagno, ma una volta dentro non c’erano altri ostacoli verso l’arsenale. Qui furono accolti dal rumore di macchine utensili al lavoro. Gli ovoidi fissati sulle rastrelliere lungo le pareti erano segnati col simbolo delle armi, l’antico triangolo giallo che i Qeng Ho usavano per le armi nucleari e a energia. Per anni tutti avevano speculato su ciò che era rimasto, nell’arsenale di L1. Ora Jau poteva vederlo coi suoi occhi.
Kal Omo lo precedette oltre varie porte prive di contrassegni. Non c’era tappezzeria-video a L1-A, e quello era uno dei pochi posti in cui non erano ammessi i localizzatori Qeng Ho, Gli automatismi erano semplici, e a prova d’errore. Passarono in un locale dove Rei Circi controllava una squadra di testerapide occupate nella costruzione di una rampa di lancio. — Ora trasporteremo la maggior parte di queste armi sulla Mano Invisibile, signor Xin. Negli ultimi anni abbiamo assemblato tutto in modo da rendere utilizzabili queste armi. — Gli indicò dei vettori Qeng Ho a cui erano applicate testate nucleari Emergenti. — Li conti. Diciotto missili atomici a corta gittata. Nei depositi piccoli abbiamo i proiettori di una dozzina di laser da combattimento.
— Io… io non capisco, sergente. Lei è un armiere. Lei ha i suoi specialisti. Che bisogno c’è di caricare a bordo armi…e di informarne il direttore dei piloti? — Ancora quel sorriso freddo. — Per salvare la civiltà dei Ragni è possibile che si debbano usare queste armi, dalla Mano Invisibile in orbita bassa. E le manovre di avvicinamento e attacco riguardano i piloti.
Jau annuì. Questo era ovvio. Sapeva tutto in materia. Il punto più caldo dell’attuale crisi dei Ragni era il continente meridionale. Dopo l’arrivo della nave su quel continente ci sarebbero state alcune migliaia di secondi di stazionamento durante i quali loro avrebbero dovuto coprirsi contro eventuali attacchi aerei. Tomas Nau aveva già parlato di un eventuale uso dei laser. In quanto alle bombe nucleari… forse sarebbero state utili per un bluff.
Il sergente proseguì il giro, specificandogli i difetti e le caratteristiche di ogni arma resuscitata. Molti dei missili che vide avevano avuto testate convenzionali, ma le testerapide li avevano convertiti in torpedini capaci di penetrare nel terreno con esplosioni successive. — Come lei sa avremo a bordo della Mano anche molte testerapide specializzate nel contattare le loro reti. Loro ci forniranno informazioni che lei userà nella manovra. Dovremo effettuare continui cambiamenti di orbita, a seconda dei bersagli.
Kal Omo ne parlava con l’entusiasmo di un militare, e Jau avrebbe voluto sprofondare nel suolo e sparire. Già da un anno sapeva di quei preparativi; c’erano particolari che non gli potevano essere tenuti nascosti. Ne era stato spaventato. Ma aveva continuato a dirsi che per ogni cosa c’erano delle ragionevoli spiegazioni. E si era aggrappato con tutte le sue forze a quel “ragionevoli spiegazioni’’. Questo gli consentiva di sentirsi una persona decente; gli consentiva di ridere con Rita mentre cercavano di immaginare il futuro che avrebbero vissuto insieme ai Ragni, mentre allevavano i figli che entrambi desideravano avere.
L’orrore che s’era impadronito di Jau doveva essere evidente, perché Kal Omo tagliò corto alla lista di azioni militari già programmate e lo guardò con aria seccata. Jau chiese: — Ma perché mi… mi ha…
— Perché ne parlo con lei? — Kal Omo gli batté un dito sul petto, con tale energia da farlo fluttuare indietro contro la parete. Sul suo volto aspro c’era una severa indignazione, la giusta ira delle autorità Emergenti contro i Seguaci troppo tiepidi, che Jau aveva visto sulla faccia di centinaia di poliziotti su Balacrea. — Non dovrebbe essere necessario spiegare queste cose, no? Ma la realtà è che lei si è ammosciato, come molti altri qui. Siete diventati piccoli vigliacchi senza spina dorsale come questi Mercanti, Gli altri li raddrizzeremo in seguito. Ma quando la Mano sarà in orbita ci occorrerà tutta la sua personale abilità e dedizione, in caso contrario… — Di nuovo il dito contro il petto. — Lei sa chi ne soffrirà le conseguenze, vero?
— S-sì. — Jau lo sapeva. Oh, Rita! Il regime dei Dirigenti non allenterà mai il guinzaglio.
Più di cento testerapide stavano lasciando l’attico di Hammerfest. Con la solita discutibile competenza Trud Silipan aveva programmato il trasferimento in un sol colpo. Nel dirigersi alla cella di Trixia, dunque, Ezr nuotava in una corrente di esseri umani che fluttuavano verso di lui. I focalizzati venivano mandati fuori in gruppetti di quattro o cinque, sempre accompagnati da qualcuno; fluttuavano negli stretti budelli interni, sfociavano nei tributari più larghi e poi galleggiavano via nel pozzo centrale. Fissati alle pareti c’erano lunghi passamano, ma urtarsi era fin troppo facile e mai divertente.
Ezr trovò un portello e si spostò dentro di esso per lasciar passare un altro gruppo. Stava incrociando gente che non vedeva da molti anni. C’erano tecnici Qeng Ho e Trilandesi, focalizzati subito dopo l’attacco a tradimento come Trixia. Talvolta ad accompagnarli erano i loro vecchi amici o colleghi, che Turno dopo Turno non avevano mai smesso di visitarli e preoccuparsi di loro. Dapprima erano stati in molti, ma poi gli anni erano passati e la speranza s’era stancata. Altri continuavano a dirsi che un giorno la promessa di Nau sarebbe stata mantenuta. Nel frattempo alle testerapide non importava nulla delle cure altrui; una visita era una seccatura per loro. Così soltanto pochi sciocchi come Ezr avevano persistito.
Non s’era mai trovato insieme a tante testerapide. Nei corridoi la ventilazione era peggiore che nei cubicoli-alloggio, e si respirava un intenso odore di corpi non lavati. La Reynolt pensava alle cure mediche del suo gruppo, ma l’igiene e la forma fisica non erano per le testerapide.
Aggrappato a una maniglia, a un incrocio, Bil Phuong dava istruzioni ad alcuni assistenti. Le testerapide erano divise in squadre di lavoro, i cui membri avevano dunque interessi in comune, e di passaggio Ezr coglieva brandelli delle loro agitate conversazioni. Possibile che si preoccupassero di ciò che era stato programmato per il pianeta dei Ragni? No… no, decise: erano irritati per essere stati distolti dal lavoro, e il loro era il solito gergo tecnico. Una donna anziana, una hacker addetta alle manipolazioni di rete, stava cercando di liberarsi dalla mano di un uomo che la spingeva avanti. — Quando, allora? — esclamò, irosa e petulante. — Quando posso tornare al lavoro?
Una testarapida del suo stesso gruppo, una donna, urlò qualcosa come: — Sì, questa faccia di merda puzza! — E si spostò su una maniglia dalla parte opposta. Staccati dai loro input quei poveri disgraziati rischiavano la follia. A un tratto l’intera squadra cominciò a gridare contro gli accompagnatori. Ezr si accorse che la cosa stava diventando una specie di rivolta degli schiavi al contrario… con gli schiavi furibondi per essere stati distolti dal lavoro. Quello era però un genere di pericolo che il capo degli accompagnatori conosceva, perché estrasse un bastone elettrico e toccò abilmente due delle testerapide più agitate. I disgraziati ebbero uno spasimo e persero conoscenza. Privata del suo centro la rivolta si smorzò in un miscuglio di comportamenti nervosi.
Bil Phuong venne a calmare le ultime testerapide combattive e poi guardò il capo degli accompagnatori, accigliato. — Questi due dovrò farli sintonizzare daccapo.
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