John Varley - Titano
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- Название:Titano
- Автор:
- Издательство:Mondadori
- Жанр:
- Год:1980
- Город:Milano
- ISBN:88-04-30615-7
- Рейтинг книги:4 / 5. Голосов: 1
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"Mi serve un mio rappresentante giù in basso. È da molto che non ne ho più uno, perché sono terribilmente esigente. Posso darti alcuni poteri. Sarai tu a stabilire come dev’essere fatto il lavoro, a scegliere orari e amici; e vedrai il mondo. Da me avrai un po’ d’aiuto e poche interferenze."
"Che ne diresti di diventare una maga?"
26
Visto dall’alto, l’accampamento della spedizione era un brutto fiore marrone. Una ferita si era aperta nel terreno a est di Titantown e aveva cominciato a emettere terrestri.
L’esodo sembrava interminabile. Mentre Cirocco guardava dalla navicella di Finefischio, una piccola montagna di gelatina blu a forma di proiettile spuntò dal suolo e cadde di fianco. Il materiale all’esterno si sciolse, scoprendo uno scalatore-trasportatore color argento. Il veicolo si affiancò ad altri sei identici, fermi accanto a un complesso di cupole gonfiabili prima di scaricare i suoi cinque passeggeri.
— Hanno fatto le cose in grande — osservò Gaby.
— Così pare. E quella è solo una parte della spedizione. Wally è ancora nello spazio con la sua nave, abbastanza vicino da poter intervenire quando necessario.
— Sei sicura di voler scendere? — le chiese Gaby.
— Devo scendere, lo sai.
Calvin guardò giù e fece una smorfia.
— Se per voi è lo stesso — disse — io preferisco restare qui. Se scendo potrebbero succedere cose spiacevoli.
— Io posso proteggerti, Calvin.
— Questo resta da vedere.
— Vuoi restare anche tu, Gaby? — chiese Cirocco.
— Io vado dove vai tu. Lo sai, no? Credi che Bill sia ancora lì? Forse lo hanno già fatto evacuare.
— Penso che mi abbia aspettata. Comunque, devo andare a dare un’occhiata a quello.
Indicò un mucchio di metallo, un chilometro a ovest dell’accampamento. Non aveva nessuna forma, e non dava l’idea di essere mai stato qualcosa di compatto, d’armonico.
Erano i resti del Ringmaster.
— … e sostiene di aver agito a nostro favore per l’intera durata del cosiddetto atto ostile. Non posso offrirvi nessuna prova concreta per la maggior parte di queste asserzioni. Non possono esserci prove, se non quelle che deriveranno dallo studio del suo comportamento per un periodo di tempo ragionevole. Però non vedo niente che indichi che Gea sia una minaccia per la Terra, o che lo possa diventare in futuro.
Cirocco allungò una mano per prendere il bicchiere: bevve un po’ d’acqua, ma desiderava che fosse vino. Aveva parlato per due ore, interrotta solo ogni tanto da Gaby che correggeva o chiariva il discórso.
Erano nella cupola che fungeva da quartier generale per la squadra terrestre. C’erano sette ufficiali, oltre a Cirocco, Gaby e Bill. Le due donne erano state condotte lì appena atterrate, presentate a tutti, e richieste di fare rapporto.
Cirocco si sentiva fuori posto. L’equipaggio dell’ Unity e Bill indossavano uniformi ben stirate, rosse e dorate. Sapevano di pulito, e avevano un’aria troppo militare per i suoi gusti.
La spedizione del Ringmaster aveva lasciato da parte quell’aspetto, fino al punto di usare l’unico titolo di capitano. Quando il Ringmaster era partito, la NASA stava cercando di sradicare le proprie origini militari. Aveva chiesto e ottenuto l’auspicio delle Nazioni Unite, per quanto fosse chiaro che l’impresa era solo americana.
Il nome stesso della nuova astronave, Unity, testimoniava la cooperazione fra le diverse nazioni della Terra. E l’equipaggio multinazionale indicava che l’esperimento del Ringmaster aveva unito le nazioni per uno scopo comune.
Ma le uniformi dicevano anche quale ne fosse lo scopo.
— Allora tu consigli di proseguire l’attuale linea di condotta pacifica — disse il capitano Svensen. Parlava da uno schermo televisivo posto sul tavolo pieghevole al centro della stanza. Sedie a parte, non c’erano altri mobili.
— Al massimo potresti perdere i pochi uomini che hai qui. Pensaci un attimo, Wally. Gea sa che se facesse qualcosa scoppierebbe la guerra, e che la prossima nave sarebbe solo una grande bomba H, senza uomini a bordo.
La faccia sullo schermo si accigliò, poi annuì.
— Scusatemi un attimo — disse. — Voglio parlarne col mio staff. — Fece per allontanarsi, poi tornò indietro. — E tu, Rocky? Non ci hai detto se le credi. Dice la verità?
Cirocco non ebbe esitazioni.
— Sì, Gea dice la verità. Puoi starne sicuro.
Il tenente Strelkov, Comandante della base, aspettò un attimo, finché fu sicuro che lei non aveva altro da aggiungere, poi si alzò. Era un bell’uomo con un brutto mento, un ufficiale dell’esercito sovietico, per quanto Cirocco trovasse difficile crederlo. Sembrava un ragazzo.
— Volete qualcosa? — le chiese in perfetto inglese. — Forse sarete affamate dopo il viaggio di ritorno.
— Abbiamo mangiato prima di lanciarci — gli rispose Cirocco, in russo. — Ma se c’è un po’ di caffè…
— Non hai finito il racconto — stava dicendo Bill. — Come avete fatto a tornare qui, dopo la conversazione con Dio?
— Ci siamo lanciate — rispose Cirocco, sorseggiando il caffè.
— Vi siete…
Si trovavano tutti e tre in un angolo della stanza circolare, le sedie disposte in circolo, mentre gli ufficiali della Unity parlavano tra loro vicino alle apparecchiature televisive. Bill aveva un bell’aspetto. Camminava con la stampella e la gamba gli faceva male se ci appoggiava sopra il peso del corpo, ma era su di morale. Il medico dell’ Unity aveva detto che l’avrebbe operato al più presto, e prevedeva un ritorno alla normalità assoluta.
— E perché no? — chiese Cirocco. — Avevamo portato i paracadute come misura precauzionale; perché non usarli? — Lui era ancora a bocca spalancata. Lei rise, gli diede una pacca sulla spalla. — Va bene, abbiamo riflettuto molto prima di buttarci. Ma non c’era proprio nessun pericolo. Gea ha tenuto aperte le valvole e ha chiamato Finefischio. Siamo scese in caduta libera per quattrocento chilometri, poi siamo atterrate sul dorso dell’aerostato. — Si sporse per farsi riempire la tazza di caffè da un ufficiale, poi tornò a fissare Bill. — Comunque io ho parlato anche troppo. E tu? Come sono andate le cose?
— Niente di troppo interessante, temo. Ho passato il mio tempo sotto terapia con Calvin, e ho imparato un po’ la lingua dei titanidi. Due o tre frasi le so cantare. So dire vai-vai e Billy fame. È stato divertente. Poi ho deciso di mettermi a fare qualcosa, dato che tu mi avevi lasciato qui. Ho cominciato a parlare coi titanidi di qualcosa di cui sapevo poco, cioè l’elettronica. Mi sono servito di quelle buffe cose che usano loro e ho costruito un ricetrasmettitore.
Cirocco lo guardò sbalordita. — Allora non era…
— Dipende da come consideri la faccenda. Tu pensavi a una radio capace di raggiungere la Terra. Quella non sono riuscito a costruirla. Il mio apparecchio non è molto potente. Riesco solo a parlare con l’ Unity se è sopra di me. Ma anche se l’avessi costruita prima della tua partenza te ne saresti andata lo stesso, no? L’ Unity non c’era ancora, quindi la radio non sarebbe servita a niente.
— Sì, credo che sarei partita. Avevo altre cose da fare.
— Ho sentito. Mi hai fatto passare i momenti peggiori da che sono qui — confessò Bill. — I titanidi cominciavano a piacermi, e improvvisamente hanno preso tutti quell’espressione strana e sono scappati via. Pensavo che fosse un altro attacco degli angeli, ma non è più tornato nessuno. Ho trovato solo un grosso buco nel terreno.
— Io ho visto qualche titanide — disse Gaby.
— Sì, stanno tornando. Non si ricordano di noi.
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