Dan Simmons - La Caduta di Hyperion

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In un lontano futuro di straordinaria complessità fantastica, la maggior parte dei pianeti della galassia è collegata da una Rete che permette di trasferirsi in pochi secondi da un mondo all’altro. Ma anche in questo universo, apparentemente perfetto, l’umanità è minacciata da pericoli di sconvolgente portata. Ai margini dell’Egemonia si stanno infatti radunando gli Sciami di migrazione degli alieni Ouster, mentre gruppi dotati di sofisticatissimi strumenti tecnologici e strane sette esoteriche premono per conquistare un potere divino. Paradossalmente, per gli uomini, l’unica speranza di salvezza è un piccolo gruppo di pellegrini sperduti su Hyperion, il mondo nei cui insondabili recessi si nasconde il crudele, onnipotente e misterioso Shrike. Dopo Hyperion, dalla magistrale penna di Dan Simmons un altro grande classico della fantascienza moderna, un romanzo affascinante in cui si fondono l’avventura classica e i temi più inquietanti del cyberspazio.

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La Sfinge era una porta a senso unico per il iuturo di cui aveva parlato Rachel/Moneta. Nessuno sapeva come scegliesse coloro ai quali permetteva il passaggio, ma era di moda fra i turisti provare a varcare la porta. Non si erano trovati indizi sulla sorte di Sol e di sua figlia. Brawne scoprì di pensare spesso all'anziano studioso.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Sol e Rachel.

La Tomba di Giada pareva in qualche modo legata a mondi giganti gassosi. Nessuno era riuscito a varcare la sua particolare porta, ma Ouster esotici, progettati e allevati per vivere in habitat gioviani, venivano ogni giorno a fare il tentativo. Esperti sia degli Ouster sia della FORCE misero ripetutamente in evidenza che le Tombe non erano dei teleporter, ma chissà quale altra forma di connessione cosmica del tutto diversa. I turisti se ne fregarono.

L'Obelisco rimase un fitto mistero. La tomba risplendeva ancora, ma ora non aveva porta. Gli Ouster ritenevano che all'interno eserciti di Shrike fossero ancora in attesa. Martin Sileno espresse il parere che l'Obelisco fosse soltanto un simbolo fallico messo lì per decorare la valle, quasi in una sorta di ripensamento. Altri ritenevano che forse aveva a che fare con i Templari.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono alla Vera Voce dell'Albero Het Masteen.

Il Monolito di Cristallo, di nuovo sigillato, era la tomba del colonnello Fedmahn Kassad. Iscrizioni poste nella pietra, decodificate, parlavano di una battaglia cosmica e di un grande guerriero proveniente dal passato, comparso per aiutare gli uomini a sconfiggere il Signore della Sofferenza. Giovani reclute scese dalle navi torcia e dai trasporti truppe di attacco la bevvero. La leggenda di Kassad si sarebbe diffusa sempre di più, a mano a mano che un numero maggiore di quelle navi fosse tornato nei mondi della vecchia Rete.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Fedmahn Kassad.

La prima e la seconda delle Grotte non portavano da nessuna parte; ma la terza sembrava aprirsi sui labirinti di una varietà di mondi. Dopo la scomparsa di alcuni ricercatori, le autorità Ouster ricordarono ai turisti che i labirinti si trovavano in un tempo diverso, forse centinaia di migliaia di anni nel passato o nel futuro, oltre che in uno spazio diverso. Permisero l'accesso alle Grotte solo a esperti qualificati.

Brawne, il Console e Martin Sileno brindarono a Paul Duré e Lenar Hoyt.

Il Palazzo dello Shrike restò un mistero. Quando Brawne e gli altri vi erano tornati, qualche ora più tardi, le gradinate di corpi erano scomparse, l'interno della tomba aveva la grandezza di sempre, ma nel centro c'era una singola porta risplendente. Chi la varcò, scomparve. Nessuno tornò mai.

I ricercatori proibirono l'accesso al Palazzo, mentre lavoravano per decifrare lettere scolpite nella pietra, erose malamente dal tempo. Fino a quel momento erano certi solo di tre parole, tutte nel latino della Vecchia Terra, tradotte come COLOSSEO, ROMA e RIPOPOLARE. Era già sorta la leggenda che quel portale si aprisse sulla Vecchia Terra scomparsa e che le vittime dell'albero di spine vi fossero state trasportate. Altre centinaia rimasero in attesa.

— Vedi — disse Martin Sileno a Brawne — se tu non fossi stata così maledettamente precipitosa nel salvarmi, sarei tornato a casa.

Lane si sporse. — Sarebbe davvero tornato sulla Vecchia Terra?

Martin si esibì nel suo più dolce sorriso da satiro. — Nemmeno fra un milione di anni di merda. Era noiosa, quando ci vissi, e sarà sempre noiosa. È qui che c'è movimento! — Sileno brindò a se stesso.

In un certo senso, capì Brawne, era vero. Hyperion era il punto di incontro di Ouster ed ex cittadini dell'Egemonia. Le Tombe del Tempo, da sole, significavano commerci futuri e turismo e viaggi, mentre l'universo umano si adattava a vivere senza teleporter. Brawne cercò di immaginare il futuro come lo vedevano gli Ouster, con grandi flotte che ampliassero gli orizzonti della razza umana, con esseri umani geneticamente adattati per colonizzare giganti gassosi e asteroidi e pianeti più aspri di Marte e di Hebron prima del terraforming. Non ci riuscì. Un simile universo forse l'avrebbe visto sua figlia… o i suoi nipoti.

— A cosa pensi, Brawne? — domandò il Console, quando il silenzio si protrasse.

Lei sorrise. — Al futuro — rispose. — E a Johnny.

— Ah, già — disse Sileno. — Il poeta che poteva essere Dio e non lo fu.

— Cos'è accaduto alla seconda personalità, secondo voi? — domandò Brawne.

Il Console allargò le mani. — Non vedo come possa essere sopravvissuta alla morte del Nucleo. E tu?

Brawne scosse la testa. — Sono solo gelosa. A quanto pare, un mucchio di gente l'ha visto. Perfino Melio Arundez dice di averlo incontrato a Jacktown.

Brindarono a Melio, che da cinque mesi era andato via, con la prima spin-nave della FORCE diretta alla Rete.

— L'hanno visto tutti, tranne me — disse Brawne, fissando accigliata il bicchiere di cognac e rendendosi conto di dover prendere altre pillole prenatali anti-alcol, prima di andare a letto. Capiva di essere brilla: quella robaccia non avrebbe fatto male alla bambina, se lei avesse preso le pillole, ma l'aveva conciata per le feste.

— Faccio ritorno — annunciò; si alzò e abbracciò il Console. — Voglio essere in piedi presto, e lucida, per assistere al tuo decollo con il sorgere del sole.

— Non vuoi proprio passare la notte a bordo? — domandò il Console. — La stanza degli ospiti ha una bella vista sulla valle.

Brawne scosse la testa. — Ho lasciato al vecchio palazzo tutta la mia roba.

— Parleremo ancora, prima della mia partenza — disse il Console; si abbracciarono di nuovo, in fretta, fingendo di non accorgersi delle lacrime di Brawne.

Martin Sileno accompagnò Brawne alla Città dei Poeti. Si fermarono nella galleria illuminata, all'esterno degli alloggi.

— Eri davvero sull'albero, oppure eri collegato a uno stim-sim, mentre dormivi nel Palazzo dello Shrike? — gli domandò Brawne.

Il poeta non sorrise. Si toccò il petto, dove la spina di acciaio l'aveva trapassato. — Ero un filosofo cinese che sognava di essere una farfalla, oppure una farfalla che sognava di essere un filosofo cinese? È questo, quel che vuoi sapere, ragazza?

— Sì.

— Già — disse piano Sileno. — Sì. Tutt'e due le cose. E tutt'e due erano reali. E facevano male. E ti vorrò bene per sempre, Brawne, per avermi salvato. Per me, sarai sempre capace di camminare nell'aria. — Le prese la mano e gliela baciò. — Entri?

— No, vorrei fare due passi in giardino.

Il poeta esitò. — Va bene. Credo. Abbiamo pattuglie, mecc e umane. E per il momento il nostro Grendel-Shrike non ha fatto l'apparizione bis… ma stai attenta. D'accordo?

— Non dimenticarlo, sono l'ammazza-Grendel. Cammino nell'aria e li trasformo in orchi di vetro per ridurli in frantumi.

— Ah-ha, ma non allontanarti dal giardino. D'accordo, ragazza?

— D'accordo — disse Brawne. Si toccò il ventre. — Saremo prudenti.

Lui aspettava nel giardino, dove la luce non arrivava del tutto e le telecamere non riuscivano a riprendere.

— Johnny! — ansimò Brawne e mosse rapidamente un passo avanti, sul sentiero di ghiaia.

— No — disse lui e scosse la testa, forse con un po' di tristezza. Esattamente gli stessi capelli rossicci, occhi castani, mento volitivo, zigomi alti, sorriso dolce. Vestiva in maniera un poco bizzarra, un pesante giaccone di pelle, cintura larga, scarponi, bastone da montagna e un rozzo berretto di pelliccia, che si tolse nell'avvicinarsi.

Brawne si fermò a meno di un metro. — Ma certo — disse, in poco più di un bisbiglio. Allungò la mano per toccarlo e la mano attraversò il corpo di lui, anche se non c'erano il tremolio e i contorni confusi degli ologrammi.

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