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Poul Anderson: Crociata spaziale

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Poul Anderson Crociata spaziale

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La favolosa età del Medio Evo si interseca ai viaggi intergalattici in un complesso misterioso e avvincente. Dalle profondità del cosmo, durante l’era delle Crociate, discende, presso una cittadino della Gran Bretagna, una potente astronave, i cui occupanti, esseri mostruosi, sono vinti da un gruppo di Crociati in attesa di partire per liberare il Santo Sepolcro. Essi si impadroniscono del vascello spaziale, e congetturano di usarlo per recarsi in Terra Santa. Per il tradimento di uno dei mostri superstiti che avrebbe dovuto pilotare l’astronave, i Terrestri si trovano proiettati nello spazio e devono conquistare il pianeta di origine dei Galattici. Avventura del tutto nuova che interesserà per lo spirito di abnegazione e per il coraggio di coloro che intensamente la vivono. Nominato per premio Hugo in 1961.

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Sir Owain aggrottò le sopracciglia, torvo in volto.

«Vi pare saggio, Milord?», chiese. «Il mostro…»

«È nostro prigioniero. Voi siete troppo schiavo delle superstizioni celtiche. Owain, lasciatelo fare.»

Branithar si sedette. L’arredo della nave era scomodo per noi umani. Sedie, tavoli, letti ed armadietti, erano troppo piccoli per noi, e neanche troppo belli, privi com’erano di ornamenti. Non c’era neanche un drago intagliato. Ma ne avremmo fatto a meno. Osservai attentamente il prigioniero mentre le sue mani azzurre correvano sul pannello.

Un profondo ronzio fece fremere tutta la nave. Io non provai nessuna sensazione ma, improvvisamente, la Terra che si vedeva sugli schermi inferiori prese a rimpicciolirsi. Questa era una Stregoneria: avrei preferito che la spinta all’indietro che si prova quando viene avviato un veicolo non venisse annullata.

Lottando col mio stomaco per tenerlo al suo posto, fissai la volta del cielo riflessa dallo schermo. In breve ci trovammo tra le nubi che si dimostrarono una specie di nebbiolina sospesa a grande altezza. Un’altra dimostrazione della meravigliosa potenza di Dio, perché è risaputo che gli angeli spesso si siedono sulle nubi e non si bagnano affatto.

«E adesso, rotta a sud,» ordinò Sir Roger.

Branithar grugnì, regolò un quadrante, ed abbassò di scatto una leva. Sentii un clic metallico, simile a quello di una serratura che scatta. La sbarra rimase abbassata.

Un lampo infernale di trionfo brillò negli occhi di Branithar che scattò in piedi e ringhiò rivolto a me:

« Consummati estes! » Il suo Latino era decisamente pessimo. «Siete finiti! Vi ho appena condannati a morte!»

«Che cosa?», gridai.

Sir Roger, che aveva più o meno compreso il senso della frase, imprecò e si lanciò contro il Wersgor, ma la vista di quanto appariva sullo schermo lo bloccò di colpo. La spada gli cadde al suolo con un rumore di ferraglia ed il viso gli si inondò di sudore.

E invero lo spettacolo era terribile. La Terra rimpiccioliva sotto di noi come se precipitasse in un grande pozzo. Attorno a noi il cielo azzurro diventava di un colore sempre più cupo e le stelle spuntavano sempre più numerose e sempre più luminose. Ma non era ancora il tramonto, perché su uno schermo risplendeva ancora il Sole più brillante che mai!

Sir Owain gridò qualcosa in gallese.

Io caddi in ginocchio.

Branithar si lanciò verso la porta. Sir Roger si girò di scatto e l’afferrò per la veste. I due rotolarono sul pavimento avvinti in una lotta furibonda.

Sir Owain era rimasto paralizzato dal terrore, mentre io non riuscivo a staccare gli occhi dall’orribile bellezza dello spettacolo attorno a noi. La Terra si era rimpicciolita ancora a tal punto che adesso riempiva un solo schermo. Ed era azzurra, avvolta come da una fascia nella parte centrale, coperta di macchie scure e rotonda.

Rotonda!

Nel ronzio leggero che si udiva nell’aria, si inserì una nuova nota, più profonda. Nuovi aghi sul pannello di controllo si animarono con un tremolio. Improvvisamente prendemmo a muoverci con velocità sempre crescente, con una rapidità impossibile. Un gruppo di motori, basati su princìpi a noi totalmente sconosciuti, avevano sciolto i ceppi che li frenavano.

Vidi la Luna ingrandirsi di fronte a noi e, mentre ancora la guardavamo, eccola passarci così vicina da poterne vedere le montagne e la superficie bucherellata e macchiata d’ombre. Ma tutto questo era inconcepibile! Tutti sapevano che la Luna era un cerchio perfetto. Singhiozzando, cercai di rompere quello schermo falso e bugiardo, ma non ci riuscii.

Sir Roger ebbe finalmente il sopravvento su Branithar e lo lasciò semisvenuto sul pavimento. Poi il Cavaliere si rizzò in piedi, respirando pesantemente.

«Dove siamo?», chiese ansimando. «Cos’è successo?»

«Stiamo salendo», mugolai. «Stiamo salendo e ci allontaniamo sempre più.»

Mi infilai quindi le dita nelle orecchie per non venire assordato quando ci fossimo schiantati contro la prima delle sfere cristalline che sorreggono i pianeti.

Dopo un po’, visto che nulla succedeva, aprii gli occhi e guardai di nuovo. Adesso, sia la Terra sia la Luna si allontanavano insieme ed assomigliavano ad una doppia stella di colore azzurro e oro. Le stelle vere, invece, brillavano immobili sullo sfondo di tenebre senza fine. A me parve che stessimo ancora guadagnando velocità.

Sir Roger interruppe le mie preghiere con una imprecazione.

«Prima dobbiamo sistemare questo traditore!» E, così dicendo, vibrò un calcio nelle costole di Branithar. Il Wersgor si rizzò a sedere e gli restituì un gelido sguardo di sfida.

Io cercai di riacquistare la calma e gli chiesi in Latino:

«Cos’hai fatto? Sai che, se non ci porterai subito indietro, morirai tra atroci torture?»

Il mostro si alzò in piedi, incrociò le braccia e ci guardò con sprezzante orgoglio.

«Voi barbari credevate di essere all’altezza di una mente civilizzata?», sbottò per tutta risposta. «Fate ciò che volete di me. La vendetta sarà ampiamente sufficiente quando arriverete alla fine del viaggio».

«Ma tu cos’hai fatto?»

La sua bocca ammaccata si contorse in un sorriso.

«Ho messo la nave sotto il controllo del pilota automatico. Adesso si dirige da sola. Ogni manovra è automatizzata: la partenza dall’atmosfera, il trapasso alla quasi-velocità iper luce, la compensazione degli effetti ottici, ed altri fattori ambientali».

«Allora spegni subito i motori!»

«Impossibile. Adesso che la leva di bloccaggio è inserita, nessuno può farlo. Neanch’io. E quella leva rimarrà abbassata fin quando arriveremo a Tharixan, il più vicino mondo colonizzato dai miei simili!»

Provai a toccare i comandi con cautela. Non si spostarono. Quando lo dissi ai due Cavalieri, Sir Owain gemette ad alta voce.

Ma Sir Roger ribatté truce:

«Adesso scopriremo se è la verità o no. Se non altro, l’interrogatorio costituirà una punizione per il suo tradimento.»

Per mio tramite, Branithar rispose beffardo:

«Sfogate pure il vostro disprezzo, se volete farlo: io non vi temo. Ma vi ripeto che, anche se riuscirete a piegare la mia volontà, sarà tutto inutile. L’orientamento del timone non può più essere modificato, né la nave fermata. Quella leva di bloccaggio è stata studiata apposta per essere usata nel caso che una nave dovesse essere inviata da qualche parte senza nessuno a bordo». Dopo un istante, aggiunse però con onestà: «Sappiate, però, che non vi porto rancore. Voi siete degli sconsiderati temerari, ma quasi mi dispiace che noi abbiamo bisogno del vostro mondo per noi. Se mi risparmiate, vi prometto che intercederò per voi quando arriveremo su Tharixan. Se non altro, vi potrà essere risparmiata la vita.»

Sir Roger si strofinò pensieroso il mento e sentii crepitare la sua barba anche se si era sbarbato solo il giovedì prima.

«Mi sembra di capire che sarà possibile governare nuovamente la nave quando raggiungeremo questa destinazione,» disse. Io ero rimasto stupefatto vedendo con quanta freddezza aveva accolto la notizia dopo il primo shock. «Non potremmo allora invertire la rotta e tornarcene a casa?»

«Io non vi guiderò mai!», rispose Branithar a quella proposta. «E voi, da soli, non sareste mai in grado di ritrovare la strada perché non siete capaci di leggere i nostri libri di navigazione. Noi saremo lontanissimi dal vostro mondo, a una distanza addirittura superiore a quella che la luce può coprire in un migliaio dei vostri anni.»

«Potresti avere la decenza di non insultare la nostra intelligenza.» mi inalberai. «So benissimo anch’io quanto te che la luce ha una velocità infinita.»

Branithar si strinse nelle spalle.

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