Bruce Sterling - Caos U.S.A.

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Caos U.S.A.: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel 2044 gli Stati Uniti stanno andando in pezzi. I fondi federali per le basi militari sono ridotti al punto che l’aeronautica americana deruba gli automobilisti sulle autostrade. L’ingegneria genetica si evolve senza alcuna regola, e vaste fasce di popolazione sono diventate tribù nomadi che vagano su mezzi di trasporto a basso costo, supportate da una tecnologia in totale decadenza. I cinesi hanno superato gli USA nel controllo delle reti globali e hanno messo on line i software americani dichiarandoli liberi e a disposizione di tutti. L’effetto serra ha scaldato il clima, i poli si stanno sciogliendo e la guerra fredda è ricominciata contro un’Olanda minacciata dalle acque. Su questo sfondo si muove Oscar Valparaiso, un improbabile eroe con un grosso scheletro nell’armadio. Oscar è un professionista della politica, e con l’aiuto della neuroIoga Greta Penninger cercherà di ostacolare i piani di un senatore ossessionato dalla manipolazione genetica. Assieme i due vogliono scatenare la nuova Rivoluzione, ricordando all’America le neglette utopie di libertà e uguaglianza.

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«No,» rispose Oscar in tono soave «poiché l’addetta è stata tanto gentile da affidarci a lei, credo che d’ora in poi proseguiremo da soli nel nostro giro.»

Lo scienziato brandì il suo antiquato e ingombrante telefono federale di servizio, tutto imbruttato di impronte verdi. «Avete bisogno di un passaggio per recarvi al dipartimento Ricadute industriali? Posso chiamarvi un veicolo.»

«No, grazie, preferiamo sgranchirci un po’ le gambe» rispose Pelicanos, declinando l’offerta.

«Lei ci è stato di grande aiuto, dottor Parkash.» Oscar non dimenticava mai un nome. Non c’era nessuna ragione particolare per ricordare quello del dottor Averill Parkash, tra i nomi dei duemila ricercatori federali che vivevano nel Collaboratorio, dei loro assistenti, degli addetti alle pubbliche relazioni, dei membri di varie krew e di altri parassiti dello stesso stampo. Comunque, Oscar sapeva che ben presto avrebbe memorizzato tutti i nomi, le facce e i dossier del personale del luogo. Quello era un vizio peggiore della droga, ma lui non poteva farci nulla.

La loro guida iniziò a dirigersi verso il Centro gestione animali, chiaramente ansiosa di tornare nel suo soffocante e sudicio ufficio. Oscar gli rivolse un cenno di saluto con un sorriso smagliante.

Parkash si girò e tentò di gridare «Qui vicino c’è un bar dove servono del vino eccellente! Di fronte al dipartimento Strumenti e NMR di flusso!»

«Grazie del consiglio! Lei è stato davvero gentile! Grazie mille!» Oscar fece immediatamente dietrofront e si diresse verso una vicina fila di alberi, seguito immediatamente da Pelicanos.

Presto furono al sicuro tra gli alberi. Oscar e Pelicanos si incamminarono lungo un sentiero fangoso ricoperto di torba e muschio, all’interno di una giungla apparentemente assemblata con un procedimento taglia e incolla. Il Collaboratorio vantava immensi giardini botanici — in effetti si trattava di intere foreste in miniatura — di specie rare. Specie in pericolo di estinzione, oppure già completamente estinte. Specie selvatiche nate in ecosistemi ormai cancellati da molto tempo dai mutamenti climatici, dalle maree, dai bulldozer e dal processo di urbanizzazione globale di 8,1 miliardi di esseri umani.

Le piante e gli animali erano tutti cloni. Nelle cripte della fortezza sotterranea del Centro di conservazione del genoma nazionale erano conservati decine di migliaia di campioni genetici, provenienti da ogni angolo del pianeta. Il prezioso DNA veniva accuratamente riposto in luccicanti contenitori di nitrogeno liquido, custoditi in un burocratico labirinto costituito da infinite caverne scavate dalle macchine nel calcare del sottosuolo.

Era considerato un comportamento prudente deibernare ogni tanto pochi frammenti dei campioni di tessuto e usarli per produrre organismi completamente sviluppati. Così facendo, ci si accertava che i dati genetici fossero ancora validi. In genere, le creature viventi che costituivano il risultato di tali esperimenti erano anche gradevolmente fotogeniche. I cloni costituivano un utile strumento per le pubbliche relazioni. Ora che la biotecnologia era uscita dall’ermetico regno dell’arcano per trasformarsi in un’industria come le altre, l’improvvisato zoo del Collaboratorio era il suo fiore all’occhiello politico.

Spesso le gigantesche caverne scavate nel sottosuolo erano la prima cosa che veniva mostrata alle vittime del turismo locale, ma Oscar aveva trovato la loro atmosfera kafkiana decisamente oppressiva. Invece, scoprì di apprezzare molto quella passeggiata nella giungla. Di solito un vero ambiente allo stato selvaggio lo annoiava, ma c’era un non so che di moderno e attraente in quella versione tascabile, razionale e urbanizzata della natura. La vegetazione, ormai domestica, proveniente dalle più diverse parti del globo, scintillava come alberi di Natale, dotata di irrigatori gocciolanti, dispositivi per la raccolta della linfa e pompette per la somministrazione degli ormoni. Alberi e arbusti si crogiolavano come turisti ubriachi al sole sotto le speciali luci che favorivano la loro crescita.

Secondo le indicazioni fornite dalle pratiche mappe tascabili, adesso Oscar e Pelicanos si trovavano in una giungla ibrida, delimitata dal laboratorio di Ingegneria animale, dal laboratorio di Chimica atmosferica, dal Centro gestione animali e da una struttura estremamente complessa che era il centro per il trattamento dei rifiuti del Collaboratorio. Nessuno di quegli edifici federali tanto articolati era visibile dall’interno della foresta artificiale, tranne, naturalmente, le torri severe, simili a fortezze, della Struttura di contenimento. Questa gigantesca Zona Calda sorgeva al centro della cupola del Collaboratorio. Le sue torri cilindriche ricoperte di vetro opacizzato erano sempre visibili dall’interno della cupola e brillavano come una vasta distesa di porcellana di qualità sopraffina.

Lì, all’interno della foresta artificiale, c’erano scarse probabilità che qualcuno avesse impiantato dispositivi di ascolto. Continuando a spostarsi, Oscar e Yosh avrebbero potuto parlare in tutta sicurezza.

«Credevo che non saremmo mai riusciti a liberarci di quel tizio» sbuffò Pelicanos.

«C’è qualcosa che vuoi dirmi, Yosh?»

Pelicanos sospirò. «Vorrei sapere quando torneremo a casa.»

Oscar sorrise. «Siamo appena arrivati. Cos’è, non ti piacciono i texani? Senza dubbio si sono dimostrati molto cordiali.»

«Oscar, tu hai portato qui dodici persone come tuo entourage. La gente del posto non ha nemmeno un numero di stanze sufficienti a ospitarci.»

«Ma io ho bisogno di dodici persone. Ho bisogno di avere con me tutta la mia krew. In questa faccenda ho bisogno di tutto l’aiuto possibile.»

Pelicanos grugnì per la sorpresa quando un animale dotato di una cresta e con gli zoccoli fessi — una specie di tapiro, forse? — attraversò in tutta calma il sentiero che stavano seguendo. Nel Collaboratorio circolavano liberamente animali rari, che andavano dai formichieri-lupi agli xebu. Di solito li si vedeva aggirarsi innocui lungo le strade e i giardini, come mucche sacre sotto l’effetto della droga.

«E va bene, sei riuscito a organizzare un lavoretto extra dopo la fine della campagna» commentò Pelicanos. «Be’, Bambakias può sicuramente permetterselo e loro senz’altro apprezzano il gesto. Ma i professionisti che partecipano alle campagne politiche sono lavoratori a tempo determinato per natura. Adesso non hai più bisogno di loro. Non puoi aver bisogno di dodici persone per preparare una relazione da sottoporre alla commissione del Senato.»

«E invece sono utili! E tu stesso non godi dei loro servizi? Abbiamo un pullman, un autista, la nostra protezione personale e persino una massaggiatrice! Viviamo nel lusso. Inoltre, possiamo scaricarli qui, nel Paese delle meraviglie, come in qualsiasi altro posto.»

«Non mi stai dando delle vere risposte.»

Oscar lo guardò fisso. «Non è da te parlare così, Yosh… Dimmi la verità, ti manca Sandra.»

«Già» ammise Pelicanos. «Mi manca mia moglie.»

Oscar gli rivolse un cenno di invito con la mano. «E allora prenditi un fine settimana di tre giorni. Vola a Boston. Te lo meriti e noi possiamo permettercelo. Va’ a vedere come sta Sandra.»

«D’accordo. Penso che lo farò. Andrò a trovare Sandra.» Pelicanos si rianimò. Oscar percepì che l’umore di Yosh stava migliorando: sembrò irradiarsi come un’onda dal corpo dell’uomo. Era molto strano, tuttavia Pelicanos era diventato felice all’improvviso. Anche se la triste realtà era che la moglie era rinchiusa in una clinica per malattie mentali da ben nove anni.

Pelicanos era un eccellente organizzatore e un contabile quasi geniale, ma la sua vita privata era una tragedia abissale. Oscar trovava tutto questo estremamente interessante, affascinava la parte più nascosta e profonda della sua personalità: l’insaziabile curiosità nei riguardi degli esseri umani e di tutte le strategie e le tattiche con cui possono essere costretti oppure persuasi ad agire. Apparentemente Yosh Pelicanos viveva la sua vita come chiunque altro e, tuttavia, si trascinava sempre sulle spalle quel fardello segreto, pesante mezza tonnellata. Pelicanos conosceva davvero il significato della devozione e della lealtà.

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