Bruce Sterling - Caos U.S.A.

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Caos U.S.A.: краткое содержание, описание и аннотация

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Nel 2044 gli Stati Uniti stanno andando in pezzi. I fondi federali per le basi militari sono ridotti al punto che l’aeronautica americana deruba gli automobilisti sulle autostrade. L’ingegneria genetica si evolve senza alcuna regola, e vaste fasce di popolazione sono diventate tribù nomadi che vagano su mezzi di trasporto a basso costo, supportate da una tecnologia in totale decadenza. I cinesi hanno superato gli USA nel controllo delle reti globali e hanno messo on line i software americani dichiarandoli liberi e a disposizione di tutti. L’effetto serra ha scaldato il clima, i poli si stanno sciogliendo e la guerra fredda è ricominciata contro un’Olanda minacciata dalle acque. Su questo sfondo si muove Oscar Valparaiso, un improbabile eroe con un grosso scheletro nell’armadio. Oscar è un professionista della politica, e con l’aiuto della neuroIoga Greta Penninger cercherà di ostacolare i piani di un senatore ossessionato dalla manipolazione genetica. Assieme i due vogliono scatenare la nuova Rivoluzione, ricordando all’America le neglette utopie di libertà e uguaglianza.

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E, cosa alquanto strana, il lavoro divenne davvero una sorta di divertimento; nel condividere le sofferenze degli altri vi è sempre una forte componente di Schadenfreude. Il sistema monitorava i movimenti delle mani di ciascuno di loro, eliminando qualsiasi possibilità di ricorrere a qualche facile stratagemma per ingannare gli amici se qualcuno batteva la fiacca. La costruzione distribuita era divertente quanto gli sport di squadra. I balconi prendevano forma, sorgevano passaggi ad arco e pilastri, il caos si cristallizzava in strutture coerenti. Era come scalare il fianco di una montagna servendosi di cavi e ramponi, solo per godersi, improvviso e gratuito, uno splendido panorama.

Alcune attività della krew attiravano immancabilmente una folla di spettatori ammirati; il tendere dei cavi di sostegno, per esempio, che trasformavano un mucchio di mattoni in un parapetto solido e compatto, capace di rimanere in piedi per i successivi trecento anni. Le krew di Bambakias traevano un intenso piacere da questi effetti teatrali. Durante le fasi più noiose, la krew si esibiva al massimo delle capacità, cercando di renderle più interessanti. Ma, nei momenti cruciali, quando il sistema lavorava in modo quasi magico, lavoravano in maniera tranquilla, quasi indifferente, ostentando la fredda calma dei musicisti jazz del ventesimo secolo.

Oscar era un consulente politico. Faceva parte del suo lavoro apprezzare la folla. Provava nei confronti di una folla ricettiva le stesse sensazioni che immaginava provassero i contadini nei confronti di un campo di meloni maturi. Però ebbe molti problemi nel provare il solito apprezzamento, sapendo che uno di quei meloni avrebbe potuto tentare di ucciderlo.

Naturalmente aveva una certa dimestichezza con le misure di sicurezza; durante la campagna, tutti sapevano che avrebbero potuto verificarsi degli incidenti, che il candidato avrebbe potuto essere ferito. Il candidato si mescolava alla Gente e qualcuno, tra la Gente, era inevitabilmente malvagio o malato. In effetti, durante la campagna elettorale del Massachusetts non erano certo mancati i brutti momenti: pericolosi disturbatori, pazzi che protestavano, ubriachi, borseggiatori, svenimenti, risse e spintoni. Tutte quelle spiacevoli faccende rendevano delle buone misure di sicurezza durante una campagna elettorale l’equivalente delle cinture di sicurezza o degli estintori. Novantanove volte su cento, la sicurezza costituiva soltanto un fastidio e una spesa inutili. Nel centesimo caso, però, eri profondamente felice di essere stato tanto ragionevole.

I ricchi mantenevano sempre un proprio servizio di sicurezza privata. Ormai le guardie del corpo erano elementi essenziali per le classi superiori, proprio come i maggiordomi, i cuochi, le segretarie, gli amministratori di sistema e i consulenti di immagine. Una krew personale ben organizzata, compresa la sicurezza, rappresentava un’esigenza imprescindibile per i benestanti moderni; senza una krew, nessuno ti avrebbe preso seriamente in considerazione. Tutto questo era perfettamente ragionevole.

Eppure nessuna di queste considerazioni aveva molto a che fare con la cruda realtà di un pezzo di carne perforato da una pallottola.

Non era l’idea di morire che infastidiva Oscar. Riusciva a immaginare la propria morte. No, piuttosto aborriva l’inquietante sensazione di una distruzione assolutamente priva di significato. La sua scacchiera buttata per aria da un emarginato psicotico, uno che violava le regole e che non aveva la più pallida idea della posta in gioco.

Oscar riusciva ad accettare con tranquillità la prospettiva di essere sconfitto al gioco. Per esempio, riusciva facilmente a immaginare se stesso spazzato via da uno scandalo politico di grandi proporzioni. Fatto fuori. Rovinato. Scaraventato nel deserto. Espulso dai ranghi. Caduto in disgrazia. Evitato, dimenticato. Una non-persona. Un relitto politico. Oscar riusciva a immaginare molto bene quell’eventualità. In fondo, era proprio questo che dava sapore al gioco. Dopo tutto, se la vittoria fosse stata certa, non sarebbe stata una vera vittoria.

Ma, in ogni caso, non voleva che qualcuno gli sparasse. Perciò Oscar rinunciò a continuare a lavorare al progetto per la costruzione dell’albergo. Fu un grosso sacrificio, poiché gli piaceva molto partecipare alla costruzione e gioiva delle numerose e gloriose opportunità che essa offriva per infrangere i pregiudizi degli arretrati abitanti di quella zona del Texas orientale. Ma cominciava a immaginare le folle vivaci e curiose che assistevano ai lavori come a un’orda di nemici, e questo lo esasperò. Dove si doveva puntare il mirino? Quelle costanti e morbose riflessioni sull’omicidio furono sufficienti a convincere Oscar che lui stesso sarebbe stato un assassino perfetto: era intelligente, paziente, disciplinato, risoluto e non dormiva mai. Questa dolorosa scoperta danneggiò alquanto l’immagine che aveva di se stesso.

Informò la sua krew degli sviluppi. Con sua grande gioia, parvero molto più preoccupati per la sua salvezza di quanto non lo fosse lui stesso.

Si ritirò nel Collaboratorio, dove sapeva che sarebbe stato molto più al sicuro. Nell’eventualità di un crimine violento, il servizio di sicurezza del Collaboratorio avrebbe fatto scattare gli allarmi che segnalavano un vettore animale in fuga e qualsiasi apertura nella cupola si sarebbe chiusa come la camera blindata di una banca.

Oscar era molto più al sicuro sotto la cupola di vetro, ma questo rischiava di farlo sentire imprigionato, sotto pressione, mentre la sua vita veniva rinchiusa entro stretti confini da mani invisibili. Comunque, aveva ancora a disposizione un campo d’azione piuttosto ampio per contrattaccare. Oscar si immerse furiosamente nel suo portatile. Lui, Pelicanos, Bob Argow e Audrey Avizienis avevano tutti collaborato per seguire la catena di prove.

Il senatore Dougal e la sua mafia texana/cajun di bravi vecchi ragazzi divorafondi in un primo momento erano stati molto ligi al dovere. Le somme da loro intascate, relativamente modeste, svanivano subito, oltrepassando i confini dello stato texano e finendo nel vasto mercato del riciclaggio di denaro costituito dai casinò della Louisiana. I fondi tornavano indietro un po’ per volta, sotto forma di generosi contributi per le campagne elettorali e di inspiegabili seconde case intestate a mogli e nipoti.

Ma con il passare degli anni la situazione finanziaria del paese era diventata incerta e caotica. Con l’iperinflazione che infuriava e le maggiori industrie che svanivano una come l’altra, come tanti palloncini bucati, era diventato difficile salvare le apparenze. Nascondere le loro tracce era diventato noioso, faticoso. Ormai il Collaboratorio godeva di una protezione incrollabile da parte del senatore Dougal, le cause, da molto tempo onorate, del progresso scientifico e della protezione delle specie in pericolo suscitavano nella maggior parte degli americani un caldo e generoso sentimento di approvazione e un’assoluta mancanza di spirito polemico. Il lavoro del Collaboratorio procedeva a fatica, mentre il marciume dilagava nell’ombra, sotto forma di manovre di partito, appalti truccati, una galassia minore di bustarelle e di transazioni di denaro occulte. Fiorivano le raccomandazioni, posti poco impegnativi ma molto remunerativi, come la gestione del parcheggio, dell’impianto idraulico e della lavanderia, venivano affidati ad alleati politici dell’ultima ora. L’appropriazione indebita è un po’ come l’alcolismo. Smettere è estremamente difficile e, se nessuno ti aiuta a uscirne, allora iniziano a comparire le prime venuzze.

Oscar sentiva di stare facendo eccellenti progressi. Le sue possibilità di azione si moltiplicavano costantemente.

Fu allora che il primo pazzo omicida attaccò.

In questo caso, Oscar venne avvicinato dalla sicurezza del Collaboratorio, sicurezza che assunse le sembianze di un ufficiale donna di mezza età appartenente a una piccola agenzia di polizia federale nota come ‘Autorità per la sicurezza del Collaboratorio nazionale di Buna’. La donna informò Oscar che un uomo appena arrivato da Muskogee, Oklahoma, aveva iniziato a battere i pugni, senza alcun risultato, contro la porta stagna meridionale, brandendo una scatola di cartone rivestita di carta argentata; continuava a insistere che si trattava di una ‘super granata’.

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