— Ho l’impressione di aver già sentito questa storia — disse. Scorse le pagine del tabulato. I margini erano colmi di figure, semplici vignette tracciate con poche linee, da analfabeti. — Vediamo se ho capito bene. Un gruppo di pirati degli Asteroidi Troiani ha rapito una donna dei Plasmatori. Lei è una specie di specialista di armi, giusto?
Ryumin annuì. Aveva accettato la nuova prosperità senza scomporsi. Indossava una tuta di seta costolata d’una raffinata sfumatura azzurra e un berretto floscio, molto di moda nei cartelli dei Mech. La perla d’argento d’un microfono ornava il suo labbro superiore.
Lindsay proseguì: — I Plasmatori sono terrorizzati al pensiero di ciò che i pirati potrebbero fare con le capacità di quella donna. Così, formano un’alleanza e stringono d’assedio i pirati. Alla fine, riescono a entrare con un espediente e bruciano il posto. — Sollevò lo sguardo. — È veramente successo, oppure no?
— È una vecchia storia — rispose Ryumin. — Una cosa del genere è già successa una volta, ne sono sicuro. Ma ho limato i numeri di serie e ci ho messo i miei…
Lindsay si lisciò il kimono. — Potrei giurare che… diavolo. Dicono che se ti dimentichi qualcosa mentre sei sotto l’effetto della vasopressina, non te la ricorderai mai più. Causa un’estinzione mnemonica irreversibile. — Agitò la sceneggiatura, rassegnato.
— Ce la farai a dirigerla? — chiese Ryumin.
— Volevo farlo, ma forse sarà meglio che lo lasci fare a te. Sai quello che stai facendo, vero?
— No — ribatté Ryumin, con allegria. — E tu?
— No… La situazione mi sta sfuggendo di mano. Investitori esterni stanno tentando di comperare le azioni della Kabuki. La voce si è sparsa attraverso i contatti della Banca Geisha. Temo che i Medici Neri Nefrini venderanno le loro partecipazioni azionarie alla Kabuki a qualche cartello Mech. E poi… non so… significherà che…
— Significherà che la Kabuki Intrasolar è diventata un affare legale.
— Sì. — Lindsay fece una smorfia. — Pare che i Medici Neri ne usciranno illesi. Ne trarranno addirittura un profitto. Non piacerà alla Banca Geisha.
— E con ciò? — replicò Ryumin. — Dobbiamo continuare ad andare avanti, altrimenti tutta la baracca finirà per sfasciarsi. La Banca ha già fatto centro in pieno vendendo le azioni della Kabuki ai Medici Neri. La vecchia megera che dirige la Banca va pazza per te. Le puttane non la smettono più di parlare di te.
Lindsay indicò con un gesto il centro del palcoscenico. Era un’area sferica attraversata da un incrocio di fili imbottiti, dove una dozzina di attori stavano provando la loro parte. Si lanciavano in audaci acrobazie in caduta libera, rimbalzando sui fili, roteando, caprioleggiando.
Due degli attori entrarono in collisione, ammaccandosi, e si dibatterono a mezz’aria alla ricerca di un appiglio. Ryumin disse: — Quegli acrobati sono pirati, capisci? Quattro mesi fa si sarebbero tagliati la gola a vicenda per un kilowatt. Ma non più, adesso, signor Dze. Adesso hanno troppo in gioco. Sono abbagliati dal palcoscenico.
Scoppiò in una risata da cospiratore.
— Per una volta, almeno, sono qualcosa di più di terroristi tascabili. Perfino le puttane sono più che giocattoli sessuali. Sono veri attori, con una vera sceneggiatura e un vero pubblico. Non ha importanza che tu ed io sappiamo che si tratta di una truffa, signor Dze. Un simbolo ha significato se qualcuno gli dà significato. E ci stanno mettendo tutto quello che hanno.
Lindsay osservò gli attori che riprendevano a provare. Volavano da un filo all’altro con febbrile concentrazione.
— È patetico — commentò.
— Una tragedia per quelli che provano sentimenti. Una commedia per quelli che pensano — disse Ryumin.
Lindsay lo fissò insospettito.
— Ma cosa ti ha preso? Cosa stai tramando?
Ryumin increspò le labbra e assunse un’aria di elaborata noncuranza. — Le mie necessità sono semplici. Ogni decennio o giù di lì mi piace ritornare ai cartelli per vedere se non hanno fatto qualche progresso con queste mie ossa. La perdita progressiva di calcio non è cosa da ridere. Ad essere schietto, sto diventando friabile. — Fissò Lindsay. — E tu, signor Dze?
Gli batté una mano sulla spalla.
— Perché non ti aggreghi a me? Ti farebbe bene vedere qualcos’altro del sistema. Ci sono duecento milioni di persone nello spazio. Centinaia di habitat, un’esplosione di culture. E non tutti raschiano il fondo della pentola per mantenersi ai margini della sopravvivenza, come questi poveri bezprizorniki. La maggior parte d’essi sono borghesia. Vivono nelle comodità e nella ricchezza. Forse, alla fine, la tecnologia li fa diventare qualcosa che non definiresti umano. Ma è una scelta che hanno fatto… una scelta razionale. — Ryumin agitò la mano, in un’accesso di cordialità. — Questo Zaibatsu è soltanto una nicchia di criminali. Vieni con me e lascia che ti faccia vedere dove cola il grasso del sistema. Tu hai bisogno di vedere i cartelli.
— I cartelli… — fece Lindsay. Unirsi ai Mechanist avrebbe significato arrendersi agli ideali dei Vecchi Radicali. Si guardò intorno e il suo orgoglio avvampò. — Lascia che siano loro a venire a me!
Popolo dello Zaibatsu Circumlunare
del Mare della Tranquillità
1-6-’16
Per il primo spettacolo, Lindsay rinunciò agli abiti eleganti e si mise una comune tuta. Ricoprì la valigetta diplomatica con tela di sacco per nascondere le decalcomanie della Kabuki.
Pareva che ogni cane solare presente su quel mondo fosse riuscito a infilarsi nella Bolla. Erano più di mille. La Bolla poteva contenerli soltanto in caduta libera. C’erano dei leggeri palchi fatti con rade intelaiature per l’élite della Banca, e un complesso di aste imbottite dove il pubblico si teneva aggrappato come tanti passeri appollaiati.
Ma la maggior parte dei presenti fluttuava libera. La folla formava all’incirca delle sfere concentriche che continuavano a compenetrarsi le une nelle altre. Ampie gallerie si erano aperte spontaneamente in quella massa di corpi, adattandosi alla complessa cinetica del flusso della folla.
C’era un continuo mormorio eccitato in un agitato sovrapporsi dei gerghi più diversi.
Lo spettacolo ebbe inizio. Lindsay osservò la folla. Qua e là la gente si prese a spintoni durante la fanfara iniziale, ma quando il dialogo cominciò, la folla si era già messa tranquilla. Lindsay ringraziò il cielo. Sentiva la mancanza della guardia del corpo costituita dai pirati di Fortuna.
I pirati avevano esaurito i loro obblighi nei suoi confronti e stavano preparando la loro nave per la partenza. Lindsay, comunque, si sentiva sicuro nel suo anonimato. Se lo spettacolo fosse risultato un disastroso insuccesso, sarebbe stato soltanto un cane solare fra tanti altri. Se tutto fosse andato bene, avrebbe potuto cambiarsi in tempo per rispondere agli applausi.
Nella prima scena del ratto, i pirati trafugarono la giovane fanciulla, il genio delle armi, interpretata da una delle più splendide ragazze di Kitsune. Il pubblico lanciò urla di piacere all’apparire delle nuvolette di fumo artificiale e degli sgargianti fiotti di falso sangue in caduta libera.
I lessico-computer sparsi per tutta la Bolla traducevano la sceneggiatura in una dozzina di lingue e dialetti. Pareva improbabile che quella folla poliglotta potesse afferrare il dialogo.
A Lindsay pareva un ingenuo polpettone, per di più maciullato dalla traduzione automatica. Ma loro ascoltavano rapiti.
Dopo un’ora, i primi tre atti erano finiti. Seguì un lungo intervallo, durante il quale il palcoscenico centrale venne oscurato. Delle grossolane quanto chiassose claques si erano formate spontaneamente in onore dei vari membri del cast, quando i diversi gruppi di pirati si erano messi a gridare i nomi degli appartenenti alla loro consorteria.
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