Clive Lewis - Il principe Caspian

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Il principe Caspian: краткое содержание, описание и аннотация

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Il regno di Narnia è stato conquistato dagli uomini. Il perfido re Miraz ha usurpato il trono del legittimo erede, il principe Caspian, e i suoi soldati costringono gli antichi abitanti: gnomi, fauni, folletti, ninfe, giganti buoni e animali parlanti a vivere segregati nella foresta. Ma il giovane principe è deciso a lottare e a guidare la riscossa del popolo nascosto per riportare la pace nel regno. E solo i quattro ragazzi che un tempo erano stati saggi sovrani diNarnia possono aiutarlo nella battaglia contro il tiranno. Così Peter, Susan, Edmund e Lucy, che nel frattempo sono tornati in Inghilterra, d’improvviso vengono catturati da una forza misteriosa che li riporta nel magico regno. Re Miraz è pronto a sferrare l’attacco contro il gruppo di ribelli, e il suo esercito sembra davvero invincibile…

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Bacco, Sileno e le menadi si lanciarono in una danza ancora più sfrenata di quella degli alberi. Non sembrava una semplice danza per divertirsi e stare in allegria, ma un rituale magico; dove i ballerini toccavano con le mani e poggiavano i piedi, comparivano squisite leccornie da mangiare: pezzi di carne arrostita che spargevano per il bosco un profumino stuzzicante, torte d’avena e di cereali, miele e canditi a volontà, crema solida e compatta, morbida come l’acqua cheta, e ancora pesche, nettarine, pomarance, pere, uva, fragole, mirtilli, piramidi di frutta.

L’uva comparve in enormi coppe di legno, nelle tazze e nei boccali avvolti dall’edera: bei grappoli scuri e densi come sciroppo di more, bei grappoli rossi come gelatine rosse quando si sciolgono, e ancora grappoli gialli e verdi, giallo-verdi e verde-gialli.

Agli alberi vennero offerte vivande diverse. Quando Lucy vide Scavazolletta e le sue talpe che affondavano nell’erba un po’ qua e un po’ là (nei luoghi che Bacco aveva indicato), si rese conto che gli alberi mangiavano terra e per poco non le prese un colpo. Ma quando diede un’occhiata alle zolle che venivano loro offerte, trasse un respiro di sollievo. Era una bella terra marrone che somigliava alla cioccolata. Proprio per questo Edmund volle assaggiarne un pezzetto, ma non la trovò di suo gusto.

Quando si furono sfamati con la terra ricca e fertile, gli alberi assaggiarono un terriccio simile a quello che si può trovare nella campagna inglese, nella regione del Somerset, e che ha un colore vagamente rosato. Secondo gli alberi, era la terra più dolce e delicata. Al posto del formaggio venne offerto loro del suolo calcareo. Come dessert, una delicata mousse della più fine delle ghiaie con sabbia setacciata color argento. Di vino non ne bevvero granché, ma quel poco diede alla testa agli agrifogli, che improvvisamente si fecero ciarlieri e chiacchieroni. La maggior parte degli alberi placò la sete con poderose sorsate di pioggia mista a rugiada, aromatizzata con i fiori della foresta e un gusto leggero di nube sopraffina.

Così Aslan banchettò in compagnia dei Narniani fino a notte fonda, quando il sole già da tempo era andato a dormire e le stelle brillavano in cielo. Il gran falò, pieno di legna ardente, aveva adesso un crepitio più leggero, e brillava come un faro nelle tenebre della foresta. Gli uomini di Miraz potevano vederlo in lontananza e, terrorizzati, si chiedevano che cosa fosse. La cosa più piacevole consisté nel fatto che nessuno aveva deciso che fosse arrivata l’ora di salutare e andarsene, ma non appena la quiete scese sulla foresta, una dopo l’altra le creature cominciarono a salutarsi con un cenno della testa e caddero addormentate con i piedi rivolti al fuoco, fino a che il silenzio scese intorno al cerchio e si sentì solo lo scrosciare dell’acqua sulle pietre, al guado di Beruna.

Per tutta la notte Aslan e la luna si guardarono con occhi dolci e sognanti.

Il giorno successivo numerosi messaggeri, soprattutto scoiattoli e uccellini, furono inviati nella regione perché diffondessero un proclama indirizzato a tutti i discendenti di Telmar che vivevano in Narnia, compresi, naturalmente, quelli prigionieri a Beruna.

Nel proclama si diceva che Caspian era diventato re e che da allora in poi Narnia sarebbe appartenuta di diritto agli animali parlanti, ai nani, alle driadi, ai fauni, alle creature in genere e, naturalmente, agli uomini. Chi voleva restare, doveva accettare questo dato di fatto.

A quelli che non erano d’accordo, Aslan avrebbe trovato un’altra patria. Coloro che avessero deciso per la seconda soluzione, avrebbero dovuto recarsi al cospetto di Aslan e dei re, al guado di Beruna, a mezzogiorno del quinto giorno a partire dalla lettura del proclama.

Che rompicapo per i discendenti di Telmar! Alcuni di loro, soprattutto i più giovani che, come Caspian, avevano sentito parlare degli antichi giorni di Narnia, furono felici di essere tornati ai vecchi tempi e anzi avevano già familiarizzato con le creature: per questo decisero di rimanere a Narnia.

Ma gli uomini, soprattutto quelli che sotto Miraz avevano rivestito cariche importanti, non se la sentivano di vivere in una terra in cui non avrebbero contato più nulla. — Vìvere in compagnia di un branco di animali da circo? Non se ne parla nemmeno — dissero. — E poi ci sono i fantasmi — aggiunsero altri, scrollando le spalle. — Guardate le driadi. Sono spiriti, ecco la verità. No, non mi piace per nulla. — Qualcuno era più sospettoso e si lasciò sfuggire espressioni del tipo: — Non c’è da fidarsi di un leone pericoloso. Vedrete, non passerà molto che ci ridurrà a brandelli. — Ma quando fu offerta loro una nuova patria, si mostrarono sospettosi anche di quella. — Ci porterà nella sua tana e ci mangerà tutti, uno a uno — brontolarono. E più parlottavano fra loro, più sospettosi diventavano.

Comunque, nel giorno fatidico dell’appuntamento si presentarono in molti.

In fondo alla radura Aslan aveva fatto sistemare due pezzi di legno a una distanza di circa tre metri l’uno dall’altro, più in alto della testa di un uomo. Un bastone più leggero era stato sistemato sopra gli altri due, in posizione orizzontale, inquadrando una specie di porta che conduceva chissà dove.

Aslan era di fronte a essa, Peter alla sua destra e Caspian alla sinistra. Intorno a loro c’erano Susan e Lucy, Tartufello e Briscola, lord Cornelius, il centauro, Ripicì e tutti gli altri.

I ragazzi e i nani avevano fatto un’incursione nel guardaroba reale, in quello che era stato il castello di Miraz (ora passato a Caspian per diritto), e risplendevano, forse eccessivamente, in abiti di seta e d’oro, con le maniche aperte che lasciavano intravedere il candido lino, cotte di maglia d’argento, foderi tempestati di gioielli, elmi e cappelli piumati.

Anche gli animali portavano preziose catene intorno al collo, ma nessuno aveva occhi per quello splendore regale. I vecchi abitanti di Narnia stavano ai margini della radura, chi da una parte e chi dall’altra. In fondo c’erano i discendenti di Telmar.

Il sole brillava alto nel cielo e gli uccelli volavano nel vento dolce e leggero.

— Uomini di Telmar — esordì Aslan — chi desidera avere una nuova patria, ascolti bene le mie parole. Vi manderò nella vostra terra d’origine, una regione che al contrario di voi conosco bene.

— Non ci ricordiamo di Telmar. Non sappiamo dove si trovi e neppure come sia fatta — borbottarono quelli.

— Da Telmar siete venuti a Narnia, ma in origine arrivaste da un altro luogo ancora. Molte, molte generazioni fa, appartenevate allo stesso mondo cui appartiene Peter, il Re supremo.

A queste parole, molti cominciarono a rumoreggiare. — Ecco, proprio come pensavamo. Ci manderà dall’altra parte del mondo perché ci vuole morti.! — Ma altri cominciarono a parlottare fra loro, dandosi sonore pacche sulla schiena: — Che bella scoperta! Pensa, non apparteniamo al paese dove vivono creature tanto strane, innaturali e grottesche. Avete visto? Abbiamo sangue reale nelle vene.

Caspian, Cornelius e i ragazzi guardarono Aslan, divertiti.

— E pace sia! — sussurrò Aslan con una voce appena percettibile, ma che agli altri sembrò un piccolo ruggito. Per un istante la terra tremò e tutte le cose e gli esseri viventi impietrirono.

— Tu, Caspian — disse ancora il leone — dovresti sapere che si può regnare su Narnia a una sola condizione: essere figli di Adamo e provenire dal mondo dei figli di Adamo, come gli antichi re. Ebbene, questa condizione è rispettata. Molti anni fa, nelle acque profonde di una regione dell’oceano che in quel mondo chiamano Mari del Sud, un gruppo di pirati si imbatté in una furiosa tempesta e si trovò su un’isola. Qui si comportarono da pirati quali erano: uccisero i nativi e sposarono le loro donne. Dalle palme ottenevano il vino, ne bevevano in abbondanza e si ubriacavano, addormentandosi all’ombra dei palmeti. Quando si svegliavano litigavano fra loro, e a volte si uccidevano l’un l’altro. Dopo una di queste risse, sei uomini fuggirono con le mogli e si rifugiarono al centro dell’isola, nascondendosi in una caverna sulla montagna. Era uno dei luoghi magici del mondo, una sorta di passaggio fra quella dimensione e questa. Dovete sapere che nei tempi antichi c’erano molti passaggi del genere, mentre ora ce ne sono meno. Quello era uno degli ultimi: anche se, badate bene, non l’ultimo. Forse gli uomini caddero nel passaggio, o decisero di esplorarlo, oppure vi inciamparono. Fatto sta che si ritrovarono in questo mondo, nella terra di Telmar, che fino ad allora era stata disabitata. Lo so, vorreste sapere perché era disabitata, ina è una storia lunga e non c’è tempo di raccontarla. Dunque, a Telmar vissero i loro discendenti e divennero un popolo fiero e coraggioso. Dopo molti secoli una terribile carestia si abbatté sulle terre di Telmar ed essi invasero Narnia, che a quei tempi non era in pace; anche questa è una storia lunga, ma alla fine la conquistarono e presero il potere. Principe Caspian, hai capito quello che ho detto?

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