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Clive Lewis: Il principe Caspian

Здесь есть возможность читать онлайн «Clive Lewis: Il principe Caspian» весь текст электронной книги совершенно бесплатно (целиком полную версию). В некоторых случаях присутствует краткое содержание. Город: Milano, год выпуска: 1993, ISBN: 88-04-36965-5, издательство: Mondadori, категория: Фэнтези / на итальянском языке. Описание произведения, (предисловие) а так же отзывы посетителей доступны на портале. Библиотека «Либ Кат» — LibCat.ru создана для любителей полистать хорошую книжку и предлагает широкий выбор жанров:

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  • Название:
    Il principe Caspian
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    1993
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • ISBN:
    88-04-36965-5
  • Рейтинг книги:
    5 / 5
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Il principe Caspian: краткое содержание, описание и аннотация

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Il regno di Narnia è stato conquistato dagli uomini. Il perfido re Miraz ha usurpato il trono del legittimo erede, il principe Caspian, e i suoi soldati costringono gli antichi abitanti: gnomi, fauni, folletti, ninfe, giganti buoni e animali parlanti a vivere segregati nella foresta. Ma il giovane principe è deciso a lottare e a guidare la riscossa del popolo nascosto per riportare la pace nel regno. E solo i quattro ragazzi che un tempo erano stati saggi sovrani diNarnia possono aiutarlo nella battaglia contro il tiranno. Così Peter, Susan, Edmund e Lucy, che nel frattempo sono tornati in Inghilterra, d’improvviso vengono catturati da una forza misteriosa che li riporta nel magico regno. Re Miraz è pronto a sferrare l’attacco contro il gruppo di ribelli, e il suo esercito sembra davvero invincibile…

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— Che succede, Aslan? — chiese Lucy, con gli occhi che scrutavano di qua e di là e i piedi frementi dalla voglia di ballare.

— Venite, bambine — rispose Aslan. — Salitemi in groppa, per oggi.

— È fantastico — disse Lucy con un gridolino, e le ragazze si arrampicarono sulla schiena dorata come avevano già fatto molti anni prima. Poi l’allegra compagnia si mise in marcia: Aslan in testa seguito da Bacco e dalle menadi che saltavano, sgambettavano e facevano piroette; gli animali facevano le capriole e Sileno chiudeva la fila in groppa all’asino.

Piegarono a destra, giù per un’erta scoscesa, e si trovarono di fronte al ponte di Beruna. Prima che avessero il tempo di attraversarlo, dalle acque emerse una testa bagnata e barbuta, molto più grande di quella di un uomo e con una corona di giunchi. La testa guardò fisso Aslan, poi si rivolse al leone con voce cavernosa e profonda.

— Salve, signore. Liberami dalle catene.

— E quello chi è? — mormorò Susan.

— Credo che sia il dio del fiume, ma fa’ silenzio — rispose Lucy.

— Bacco — ordinò Aslan — liberalo dalle catene.

"Aslan allude al ponte, ne sono sicura" pensò Lucy. Aveva ragione: Bacco e il suo seguito si tuffarono nelle acque profonde del fiume, e un minuto più tardi avvenne una delle cose più stupefacenti che si fossero mai viste. Grossi fusti d’edera si attorcigliarono intorno alle banchine del ponte e crebbero a vista d’occhio, come fuoco che avvampa in un secondo; i viticci avvolsero le pietre e le spaccarono, separandole l’una dall’altra. Le pareti del ponte si trasformarono per un momento in siepi di biancospino, poi scomparvero insieme alla struttura di legno, che fu inghiottita dalle acque vorticose con un gran fragore. Fra schiamazzi, grida e risate Bacco e compagni nuotavano e ballavano attraverso il guado. (- Urrà, ora è di nuovo il guado di Beruna! — gridavano le ragazze). Alla fine si spinsero sull’altra riva ed entrarono in città.

Davanti a facce tanto singolari, la gente nelle strade se la dava a gambe. Il corteo si fermò davanti a una scuola, il convitto femminile che ospitava tante bambine di Narnia. Le alunne avevano i capelli raccolti severamente, sfoggiavano orribili colletti inamidati e spesse calze. In quel momento si teneva la lezione di storia, ma quel che insegnavano a Narnia sotto re Miraz era più noioso della storia più vera che abbiate mai letto e meno autentico del più entusiasmante racconto di avventure.

— Guendalina, se non stai attenta e non la smetti di guardare fuori dalla finestra — disse la maestra — mi costringerai a darti un brutto voto.

— Ma signorina Pizzichi… — balbettò Guendalina.

— Hai sentito quello che ho detto? — chiese la signorina Pizzichi.

— Signorina, il fatto è che… là fuori c’è un leone.

— Eccoti un bel due per questa stupidaggine — rispose la maestra. — E ora… — Un ruggito la interruppe. L’edera s’insinuò e coprì le finestre della classe, le pareti divennero una massa di verde dai mille riflessi e al posto del soffitto comparvero rami pieni di foglie, come una cupola. La signorina Pizzichi si trovò in un bel prato, una rada nel bosco. Tentò di reggersi alla cattedra, ma scoprì che si era tramutata in un cespuglio di rose e che dappertutto sciamavano creature selvatiche, come non ne aveva mai viste. Poi scorse il leone, urlò e se la diede a gambe come una lepre, seguita dalla classe che era composta da ragazzine grassottelle e dalle gambe grosse. Solo Guendalina ebbe un attimo di esitazione.

— Vuoi rimanere con noi, tesoro? — le chiese Aslan.

— Posso davvero? Grazie, grazie — rispose Guendalina. Strinse la mano a due menadi che ballavano intorno a lei e che la aiutarono a spogliarsi degli orribili vestiti che indossava, così poco confortevoli.

Ovunque andassero nella piccola città di Beruna, la scena era la stessa. La maggior parte degli abitanti fuggiva a gambe levate, altri si univano a loro. Quando si lasciarono Beruna alle spalle, erano una compagnia allegra e numerosa.

Attraversarono i prati in riva al fiume, sull’argine nord, e a ogni fattoria che incontravano gli animali li salutavano e si univano a loro. Poveri vecchi asini che non avevano mai conosciuto la gioia si fecero a un tratto giovani e baldanzosi, i cani incatenati spezzarono le catene, i cavalli ridussero a pezzi i carri che erano costretti a trascinare e trotterellando si unirono alla comitiva, calpestando il fango con gran nitriti.

In un cortile accanto a un pozzo incontrarono un uomo che picchiava un bambino. Il bastone nelle mani di quel crudele si tramutò in un fiore, il braccio si trasformò in un ramo, il corpo in un tronco d’albero e i piedi in radici. Il ragazzo, che fino a quel momento aveva pianto a dirotto, scoppiò in una fragorosa risata e si unì al gruppo.

In una piccola città a metà strada dalla Diga dei Castori, dove due fiumi confluivano, l’allegra compagnia raggiunse una scuola in cui una ragazza dall’aria stanca spiegava una lezione di matematica a un gruppo di ragazzi che sembravano tanti bei maialini. La ragazza guardò dalla finestra e vide il gruppo allegro e festoso che cantava nelle strade. A quella vista una gran gioia le invase il cuore; Aslan si fermò sotto la finestra e la guardò.

— Non insistere, ti prego. Mi piacerebbe tanto venire con voi, ma non posso. Devo andare avanti con il lavoro, e poi se i ragazzi vi vedessero si spaventerebbero — lamentò.

— Perché dovremmo spaventarci? — chiesero in coro i ragazzi-maialini. — Con chi parla la maestra? Chi c’è fuori della finestra? Diremo al preside che la signorina si intrattiene con estranei durante le ore di lezione.

— Andiamo a vedere di che si tratta — suggerì un bambino, e tutti si ammassarono intorno alla finestra. Appena quelle belle facce tonde fecero capolino, Bacco gridò: — Euan, euoi-oi-oi-oi - e i ragazzi corsero a nascondersi, terrorizzati, calpestandosi nel tentativo di raggiungere la porta. Alcuni saltarono addirittura dalla finestra. In seguito si raccontò (sarà la verità?) che quei ragazzini così particolari non furono più trovati, ma in compenso comparvero dei bei maialini, speciali anche loro, che dovevano appartenere a una razza nuova.

— Vieni, cara — disse Aslan alla maestra.

La ragazza saltò dalla finestra e si unì alla comitiva.

Alla Diga dei Castori guadarono di nuovo il fiume, procedettero per un po’ lungo l’argine sud e piegarono a est. Arrivati davanti a una modesta casetta, videro una bambina che piangeva disperata sulla porta.

— Perché piangi, tesoro? — chiese Aslan.

La bambina non aveva mai visto un leone in vita sua, neanche dipinto, ma non ebbe paura.

— Mia zia è molto malata — sospirò — e fra poco morirà.

Aslan si avvicinò alla porta della casetta, ma era troppo grosso e non poté entrare. Allora, dopo aver infilato la testa nella porta, diede uno spintone con le spalle (Lucy e Susan erano scese dalla groppa) e sollevò la casa scuotendola qua e là, fino a che le pareti crollarono. Nel letto, ormai esposto all’aria aperta, c’era una vecchina che sembrava aver sangue di nano nelle vene. Era arrivata alla fine della vita, ma quando aprì gli occhi e vide il volto splendente e peloso di Aslan che la guardava, non gridò e non svenne neppure.

— Aslan! — esclamò. — Per tutta la vita ho aspettato questo momento. Sei venuto a portarmi via?

— Sì, cara amica — rispose Aslan. — Ma non è ancora il tuo ultimo viaggio.

E mentre il leone parlava il pallore abbandonò le guance della vecchina, che si tinsero di rosso come nuvole al tramonto. Gli occhi brillarono e riuscì perfino a sedersi: — Mi sento molto meglio. Mangerei qualcosina, oggi.

— Eccoti servita, madre — rispose Bacco. Calò un secchio nel pozzo del cortile e lo porse alla donna.

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