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Patricia McKillip: La maga di Eld

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Patricia McKillip La maga di Eld

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Molte sono le leggende nate intorno alle buie foreste che ricoprono il misterioso monte Eld, e sempre vengono sussurrate con un filo di voce. Si narra che il possente mago Heald abbia avuto un solo figlio, l’ombroso Myk con un occhio grigio e un occhio nero, e che sul monte Eld il figlio del mago abbia attirato a sé dai quattro angoli del mondo creature leggendarie: l’orso Cyrin, che risponde a tutti gli enigmi tranne uno, il drago Gyld, intento a custodire il suo incredibile tesoro, e il cigno nero di Terleth. Si narra anche che il figlio di Myk, il cupo Ogam, abbia continuato la collezione chiamando a sé il mortale falco Ter e il magico gatto nero Moriah, artefice di sottili incantesimi… Ma oggi sotto la cupola di cristallo nascosta sul monte Eld vive la figlia di Ogam, la bellissima vergine maga Sybel, e i suoi tentativi per attirare Liralen, l’ultimo animale magico del mondo che ancora manca alla sua collezione, sono interrotti dall’arrivo di un cavaliere che chiede asilo per il figlio di un re spodestato. Il mondo degli uomini chiede l’aiuto della maga di Eld, e forse dei suoi animali.

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Corse via, più rapido di una lepre, e lei lo seguì.

Quando giunse davanti alla casa, Sybel si arrestò e rimase immobile come un albero. Per cogliere i pensieri del Drago, le bastò formulare il suo nome.

“Gyld.”

Il Drago era raggomitolato nell’oscurità, in fondo alla sua umida caverna, e nella mente gli correvano i pensieri del volo, dell’oro, di una faccia pallida che si sollevava a guardarlo con la bocca spalancata, di due braccia che si alzavano bruscamente per tentare di proteggersi. A Sybel sfuggì un breve mormorio di sorpresa.

— Cos’è successo? — chiese Maelga, torcendosi nervosamente le mani.

Sybel si girò verso di lei.

— Il Drago Gyld — spiegò. — Era andato a prendere il suo tesoro, e, mentre tornava, un uomo l’ha visto. Allora, lui lo ha assalito.

— Oh, no! Cara… — esclamò Maelga. Poi, con i suoi occhi grigi, scrutò in faccia Sybel. — È un uomo che conosci?

— Sì, lo conosco — disse lei, lentamente, e la ruga che si era formata tra le sue sopracciglia si fece più profonda. — È Coren del Sirle.

2

Sybel e Tamlorn portarono Coren all’interno della casa di marmo bianco; Maelga li seguì, tormentandosi i capelli per la preoccupazione.

Tutt’intorno gli animali erano estremamente agitati: mormoravano, osservavano. Anche Tamlorn parlava senza interruzione, faticando a reggere sulle spalle la sua parte del peso di Coren:

— Arrivavo dalla casa di Nyl — spiegava — dopo che avevamo riportato nell’ovile le pecore. Avevamo notato che gli animali si raggruppavano contro il recinto e che parevano agitati da una profonda paura; non ne capimmo la ragione finché, sollevando lo sguardo, non vedemmo il Drago Gyld. Che volava nel cielo come una grande foglia di fuoco verde, e stringeva fra gli artigli oro e gioielli.

“Allora sono corso a casa, ma non ti ho trovata. Mentre scendevo da Maelga, ho visto l’uomo che guardava il Drago. Lo fissava ad occhi aperti, e Gyld è sceso in cerchio su di lui.

“L’uomo si è gettato a terra, e Gyld lo ha graffiato con gli artigli. Credo che anche Nyl l’abbia visto. Dove possiamo nasconderlo?”

— Non so — disse Sybel. — Mi spiace che quell’uomo sia rimasto ferito, ma non sarebbe dovuto venire qui; eppure, in parte è colpa mia, perché avrei dovuto lasciare già da tempo che Gyld si prendesse il suo oro. Mettiamolo sul tavolo, in modo che Maelga possa dare un’occhiata alla sua schiena. Porta un cuscino, glielo metteremo sotto la testa.

Tolse il tappeto dal tavolo di legno lucido e massiccio, e con l’aiuto degli altri, vi posò Coren. Quando Tamlorn gli mise il cuscino sotto la testa, il ferito aprì gli occhi.

Sulla schiena dell’uomo, coperta solo di una tunica di pelle, si vedevano i profondi graffi che gli avevano inferto gli artigli del Drago; i suoi capelli chiari erano sporchi di sangue. Tamlorn lo fissò, serrando le labbra.

— Credi che morirà? — chiese sottovoce a Sybel.

— Non lo so — rispose lei.

Coren cercò con gli occhi il volto della donna, e solo allora lei vide il loro chiaro, vivido colore azzurro, simile a quello degli occhi del Falco Ter. Fissandola, Coren le rivolse un debole sorriso. Poi bisbigliò qualcosa, e Tamlorn arrossì.

— Che cosa ha detto? — chiese lei.

Il ragazzo tacque per qualche istante, serrando le labbra.

— Ha detto — riferì poi — che sei stata crudele a scatenare contro di lui il Drago Gyld, anche se la cosa non lo sorprendeva affatto. Ma non è vero! Non ha il diritto di dire una cosa simile!

— Be’, forse ce l’ha — disse Sybel, pensosa. — Quando è venuto la volta scorsa, ho scatenato contro di lui il Falco Ter.

— È già venuto una volta? Quando? — chiese Tamlorn.

Sybel passava delicatamente le mani sulla schiena di Coren, per togliergli le vesti strappate.

— Quando ti ha portato da me — disse — dopo la morte dei tuoi genitori. Per questo sarò sempre in debito nei suoi confronti…

Poi, cambiando tono, gli ordinò: — Tamlorn, porta dell’acqua e la pezza di lino da ricamare che tengo da parte. Dopo, resta qui per procurare a Maelga ciò che le serve.

Dietro di lei, torcendosi gli anelli, Maelga cominciò a elencare ciò che le occorreva. — Bacche di sambuco. Fuoco, acqua, grasso e vino.

— Vino? — chiese Sybel, stupita.

— I miei nervi non sono più quelli di una volta — disse la vecchia, in tono di scusa.

— E neppure i miei… — bisbigliò il ferito, che, immobile sotto le mani attente di Sybel, cercava di sopportare il dolore senza lamentarsi.

Tra tutti, diedero fondo a un grosso fiasco di vino, mentre lavavano e bendavano Coren, gli tagliavano i capelli per medicargli la testa, e infine lo mettevano a dormire nel letto di Ogam, vuoto da molto tempo.

Maelga, con i capelli più scarmigliati del solito, si lasciò cadere su una sedia accanto al fuoco.

Sybel rimase a lungo davanti al camino, con lo sguardo perduto nelle fiamme guizzanti. Infine, socchiuse gli occhi.

— Maelga, perché è venuto qui? — chiese a bassa voce. — È qui per Tamlorn, ne sono certa. Ma sono stata io ad allevarlo, sono stata io ad amarlo, e non lo lascerò in mano a uomini che intendono servirsene per i loro giochi di odio. Non glielo lascerò!

“Coren è meno saggio di quanto lo giudicavo, se è venuto qui a chiedermi un simile sacrificio. Se oserà dire a Tamlorn una sola parola sulla guerra o sul regno, io… Non lo farò divorare dal Drago Gyld, ma qualcosa farò!”

Tacque, e le fiamme dei suoi occhi continuarono a torcersi e a rivoltarsi, e i lunghi capelli si agitarono intorno a lei come un manto argenteo dai bordi infuocati.

Maelga si passò le dita sulle palpebre.

— Sono vecchia e stanca — mormorò. — È un giovane davvero ben fatto, un vero Principe fra gli uomini, con gli occhi azzurri e le ciglia del vecchio signore del Sirle, nere come l’ala di un corvo. Quelle che gli ho visto sulle spalle erano ferite di battaglia.

Sybel rabbrividì.

— Non voglio — bisbigliò — che il mio Tamlorn porti sulla carne le cicatrici delle battaglie…

Così dicendo, si voltò verso Maelga, e si accorse che la vecchia le rivolgeva una delle sue occhiate penetranti.

— Tamlorn potrebbe essere molto importante, per i loro giochi di potere — disse Maelga. — Non si arrenderanno tanto facilmente, se hanno bisogno di lui.

— In tal caso — disse Sybel — dovranno vedersela con me. Anch’io farò il mio gioco, con le mie regole. Può darsi che passino molti anni, prima che il Signore del Sirle riveda il proprio figlio.

— Il vecchio Signore è morto — disse la vecchia. — Adesso il Signore del Sirle è il più anziano dei fratelli di Coren, Rok, padrone di ricche terre, di fortezze dalle mura robuste, di un esercito che da secoli costituisce la principale minaccia per i Re di Eldwold. Bambina mia — aggiunse, perplessa — non ti avevo mai vista piangere, finora.

— Oh, sono così in collera…

Con le dita, Sybel si asciugò gli occhi. Poi fissò le lacrime scintillanti che aveva raccolto sui polpastrelli.

— Che strano — disse. — Mio padre mi disse di aver visto mia madre piangere, poco prima della mia nascita, mentre guardava fuori della finestra, ma non ho mai capito cosa volesse dire…

“Perché non posso semplicemente dare Coren in pasto al Drago Gyld, e sbarazzarmene una volta per tutte? Posseggo il suo nome e il suono della sua voce; le sue parole, se voglio, possono obbedirmi.

“Lui è uno sciocco, ma è vivo: ha occhi capaci di vedere e di piangere, mani capaci di reggere un bambino e di uccidere un uomo, cuore capace di amare e di odiare, e anche una mente da usare, entro certi limiti. Nel suo mondo, senza dubbio, è un uomo stimato.”

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