Patricia McKillip - Una culla in fondo al mare

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Una culla in fondo al mare: краткое содержание, описание и аннотация

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Fiord ha quindici anni ed è sciatta e scontrosa. Di giorno fa la sguattera e di notte, dalla sua solitaria capanna, guarda con odio il mare che le ha portato via il padre. Ma Fiord è anche una piccola maga: sarà lei a trovare l’antica via che unisce la terra agli abissi, e che ha permesso a una creatura del mare di sostituire l’erede al trono con un figlio suo, il malinconico Kir. Un’affascinante storia di magia la cui protagonista, però, è una ragazza vera, che va in cerca di se stessa e per la prima volta riflette sull’amore.

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«Un fiore. Un bellissimo fiore azzurro.»

«Mai visto. Non sapevo neppure che esistesse.»

«Capisco.» La voce dell’uomo era ad un tempo profonda e leggera, e non aveva la tipica cadenza dei dialetti locali. Continuava ad osservarla con curiosità, senza badare all’acqua di cui era inzuppato. Il suo corpo era sottile ma muscoloso, e le mani, agili e forti, apparivano bizzarramente versatili, come se sapessero annodare una fune d’ormeggio o fare il fiocco ad un nastro con eguale disinvoltura. Vestiva con sobria semplicità, ma non come un pescatore né un contadino né un cortigiano del re — il cuoio della sua giubba era piuttosto logoro, e il bel mantello di lana mostrava macchie d’unto. Fece scoppiare una bolla di sapone, e aggiunse: «Da quel che ho sentito, gira voce che qui c’è bisogno di un mago.»

Fiord annuì stancamente, ricordando gli sbrindellati indovini e gli alchimisti, nei loro variopinti, sudici costumi. Poi, con un improvviso sospiro, lo fissò di nuovo negli occhi: ecco spiegata, pensava, la loro mutevolezza, quell’impressione di aver visto chissà quali paesi, chissà quali portenti. Il giovane le ricambiava lo sguardo senza batter ciglio. E mentre Fiord si chinava su di lui, quasi a voler cercare quei portenti, udì aprirsi una porta, come all’estremità del mondo.

«Fiord!»

Fiord fece un salto. Sospirando, lo straniero si alzò lentamente e rimase a gocciolare davanti allo sguardo allibito dell’oste.

«Buongiorno!» disse. «Io sono…»

«È tutto bagnato!»

«Sono tutto bagnato. Vero.» Passò una mano sugli abiti fradici, e immediatamente cessò lo sgocciolio; in un attimo fu asciutto anche il pavimento. E così la pozzanghera sulla soglia. «Mi chiamo Lyo. Sono un…»

«Sì» l’interruppe l’oste. Si precipitò a stringergli la mano, come se temesse di vederlo scomparire insieme all’acqua saponata di Fiord. «Sì. Lo è sul serio. Da questa parte, prego. Fiord, scendi in cucina e fa preparare la colazione per questo gentiluomo.»

«Non ho appetito, grazie» disse il mago.

«Una birra?»

«No» ripeté lui, inflessibile. «Voglio solo Fiordaliso… Fiord.» E al silenzio dell’oste aggiunse: «Provvederò che il suo lavoro sia fatto.»

«Ci conto» commentò l’oste con improvvisa ferocia. «Ma quella è una brava, innocente fanciulla, e ai maghi noi abbiamo promesso di pagarli in oro, e non in fiordalisi.»

Fiord strinse gli occhi, desiderando ardentemente che il pavimento si sollevasse sotto i suoi piedi, facendola sprofondare. Poi udì la risata di Lyo, e vide l’improvviso rossore che gli strisciava sotto la pelle bruna.

Il mago tese la mano all’oste: aveva una catenella d’oro al polso.

«Voglio solo che mi porti a vedere il drago.»

L’oste deglutì, fissando il braccialetto. E il braccialetto divenne una moneta d’oro nel palmo del mago.

«Ho bisogno di una stanza.»

«Certo, sua signoria. Qualcos’altro? Tutto quel che desidera.»

«Una barca.»

«Ci sarebbe il “Riccio di mare”» suggerì Fiord, come in una nebbia. «Ma gli servono i remi.»

Gli strani occhi del giovane scintillarono su di lei, sorridenti, curiosi: «E perché mai un “Riccio di mare” non possiede i remi?»

«Li ha persi quando mio padre è naufragato.»

Il mago restò in silenzio, per un attimo: pareva in ascolto di cose che lei non aveva detto. Poi le sfiorò gentilmente un braccio, l’accompagnò fuori: «Avrà i suoi remi» disse.

Fiord stringeva ancora tra le mani lo spazzolone; lui glielo tolse e io trasformò in un bel fiore azzurro: «Questo» disse il mago offrendoglielo «è un fiordaliso.»

Fece comparire due remi da chissà dove, con un gesto della mano staccò il fitto strato di incrostazioni che copriva lo scafo della barca, vi appoggiò l’orecchio in cerca di eventuali falle, e la dichiarò in grado di prendere il mare. Remando agilmente la condusse al largo, i lisci capelli che si arricciavano tra gli spruzzi, la faccia che ardeva più bruna sotto il sole. Un paio di foche balzarono dalle onde, inarcandosi con grazia; uccelli color della spuma giravano in lenti cerchi su di loro. Il mago salutò festosamente le foche, fischiò agli uccelli e alzò i remi per permettere a una medusa di fluttuare davanti alla prua. Pareva entusiasta della vita marina, come se fino allora ne avesse vissuta ben poca, e tuttavia si spinse audacemente molto più lontano di quanto Fiord fosse mai andata; così si avventurarono, sulla piccola fragile barca, varcando la soglia di quel mondo la cui vera vita, la cui autentica bellezza giacevano sotto la superficie, in luoghi proibiti ai loro occhi.

I pensieri di Fiord andavano a Kir, un altro segreto del mare. Gli aveva fatto una promessa: aiutarlo a trovare il sentiero per uscire dal mondo, per allontanarsi da lei. Ma dov’era il ponte fra terra e acqua, tra l’aria e gli abissi marini? Si chiuse nei suoi pensieri come in un mantello, vi si rannicchiò dentro, e quando finalmente ne emerse trovò gli occhi del mago, ora di un verde-bottiglia come l’acqua, posati sul suo viso.

Si agitò, in preda ad uno strano turbamento, quasi che le potesse cogliere i pensieri dalla mente come fiori di campo. Ma lui si limitò a chiederle, preoccupato: «Che c’è? Non ti piace il mare?»

«No.»

«Oh, scusami. Non dovevo chiederti di venire con me.»

«Non è quello. A starci così, in barca, non ho problemi. Quello che non mi piace sta sotto…» s’interruppe.

Fu lui a concludere la frase: «Sta sotto il mare.» Pareva sorpreso. «Cosa c’è sotto il mare, a parte i pesci, le balene, le alghe?»

«Nulla» mormorò Fiord, improvvisamente spaventata all’idea di raccontargli una storia che per il momento era poco più di un segreto nel cuore di un re.

«Allora cos’è che tu…» s’interruppe anche lui, e lasciò i remi per scompigliarle i capelli. Ritti a mezz’aria, i remi aspettavano pazientemente. «Capisco. È un segreto.»

Fiord annui, gli occhi sbarrati sui remi: «Stai forse… stai remando con le arti magiche?»

Parve offeso, mentre la prua del “Riccio” virava verso la costa e i remi sembravano tuffarsi nell’aria. Fiord scoppiò a ridere; e il mago sorrise, divertito. Afferrò i remi e li immerse nell’acqua: «No, Fiordaliso, non sto usando la magia… anche se la schiena, le spalle, le mani, ogni mio muscolo mi urla di uscire e camminare…»

«Sei in grado di farlo?» mormorò lei, trattenendo il fiato. «Potresti camminare sul mare?»

«Se potessi, non sarei qui a riempirmi le mani di vesciche. E poi, camminare sul mare è una faccenda molto speciale, da quel che so. Si cammina fuori dal tempo, si cammina fuori dal mondo, ci si trova in strane contrade: parole e frasi diventano solide, sott’acqua, come i rami del corallo, e si possono leggere le colonie di madrepore così come in terraferma si legge la storia» rise, cogliendo la sua espressione incantata.

«È vero?»

«Non lo so. Non ci sono mai stato.»

«Dove?»

«Nel paese in fondo al mare» tacque, osservandola con occhi stranamente malinconici. «Perché…» aggiunse poi, adagio «… perché vuoi sapere di quel paese?»

Fu quasi tentata di dirglielo, perché se lui conosceva quel paese, poteva conoscere il sentiero per raggiungerlo. Ma non era un segreto suo, era di Kir. «No» disse, bruscamente. Il mago si limitò ad annuire, accettando la sua risposta. Ma certamente non le credeva: Fiord ne era certa, e di nuovo dovette resistere all’impulso di raccontargli tutto. «Posso remare un po’ io» suggerì, invece. «Ho braccia forti, sai?»

Si scambiarono di posto. Non appena tuffati i remi nell’acqua, le onde parvero sollevarsi pigramente e il “Riccio” vi balzò leggero, senza fatica. Sorpresa, Fiord diede un altro colpo: era come remare in uno stagno tranquillo. Intuì allora che Lyo aveva gettato un pizzico di magia sui remi, per aiutarla, e non gliel’aveva detto.

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