— Ho già visto le guardie della Morgol in addestramento — disse Bri Corbett. — State tranquilla. Da me non avrete problemi.
I membri dell’equipaggio apparvero in coperta, stupefatti e disgustati, e vennero spediti ciascuno al suo posto di lavoro sotto la sorveglianza delle ragazze armate d’arco. Un ultimo marinaio solitario e mezzo ubriaco arrivò a bordo, canticchiando. Quando fu sul ponte girò due occhi vacui sulle guardie, sbatté le palpebre verso Lyra e s’accorse che Imer, in ginocchio, stava legando i polsi dietro la schiena al mercante steso sul ponte. Con un’esclamazione compiaciuta il marinaio si chinò a baciarla sulla bocca.
La ragazza lo respinse imprecando, ma vacillò di lato sbilanciata, e il mercante ne approfittò per liberarsi le mani; nel rialzarsi colpì Imer con una testata nello stomaco, e lei cadde a sedere sul ponte. Travolgendo uno dei marinai l’uomo corse verso la passerella. Dinnanzi a lui comparve Goh con la lancia protesa, tuttavia la ragazza non se la sentì di ammazzarlo a sangue freddo e l’altro balzò sulla rampa inclinata; ignorò un paio di frecce che saettarono a conficcarsi nel legno proprio davanti ai suoi piedi e corse sulla banchina. Nella scarsa luce lunare i marinai assistettero alla scena, mentre le guardie stavano puntando ancora gli archi. Fermo fra Raederle e Lyra, Bri Corbett imprecò sonoramente.
— Ehi, non vorrete mettergli una freccia in corpo, spero! — esclamò.
Senza aprir bocca Lyra segnalò alle ragazze di abbassare gli archi. Ma subito dopo dal buio provenne un grido e ci fu il tonfo di un corpo che precipitava nell’acqua. Tutti si avvicinarono alla murata, frugando nell’oscurità con lo sguardo. — Cos’è successo? L’uomo è ferito? — ansimò Raederle.
Lo udirono annaspare nell’acqua, bestemmiando, poi ci fu il tintinnio di una catena e l’individuo si tirò faticosamente all’asciutto. Videro la sua ombra allontanarsi di corsa lungo il molo. Ma non aveva fatto che pochi passi quando senza apparente ragione deviò all’esterno e piombò di nuovo in mare. — Per le ossa di Madir! — si sbalordì Bri Corbett. — Non vede neanche dove mette i piedi. — Poco dopo, allorché il mercante si fu arrampicato sul molo, sussurrò: — Demoni! fa due passi a destra e due a sinistra. Deve aver battuto la testa. E ora torna verso di noi. Domani costui griderà ai quattro venti che io ho a bordo il Re di An, la Morgol, e quaranta maghi scatenati, e tutti i pazzoidi di Caithnard gli crederanno. Ehi… dov’è finito?
Nell’oscurità c’era stato un altro tonfo, soffocato. A prua un marinaio lo informò: — Capitano, l’uomo è caduto in una scialuppa. Sembra ubriaco fradicio. — Bri Corbett si volse accigliato a Raederle, che non era riuscita a reprimere una risatina. — Mi spiace — mormorò lei.
Lyra la fissò perplessa. — Che cosa… gli hai fatto qualcosa? Sei stata tu, vero?
Lei gli mostrò l’orlo del polsino, ormai sbrindellato. — È una cosetta che la guardiana dei porci di Hel mi ha insegnato… bastano alcuni fili intrecciati. Spero che quel pover’uomo non si sia fatto male.
La nave scivolò fuori del porto immerso nell’oscurità, silenziosa come un fantasma, lasciandosi alle spalle le luci giallastre della città e i due grossi falò di segnalazione accesi ai vertici della baia. Allorché la prua si volse a settentrione ed il vento gonfiò le vele, Lyra rilassò la sua sorveglianza e raggiunse Raederle alla balaustra di poppa. Per un poco le due ragazze rimasero in silenzio, mentre il promontorio si levava sotto le stelle e le ultime luci di Caithnard sparivano dietro di esso. Contro il firmamento cominciò a scorrere il nero profilo di una costa che a Raederle era sconosciuta. La giovane donna rabbrividì nel freddo vento della notte, e strinse le mani sulla murata. — È questo ciò che per due anni ho desiderato di fare. L’ho desiderato fin da quando lui perse quella corona da qualche parte, qui sul fondo del mare. Ma da sola non ne avrei avuto il coraggio. In vita mia non sono mai andata più lontano di Caithnard, e il reame mi sembra… così immenso. — Tacque un poco, con gli occhi sui riflessi che la luna creava nella scia della nave. Il suo tono si fece sofferente: — Vorrei soltanto averlo fatto prima.
Lyra si appoggiò alla balaustra, in uno dei rari movimenti rilassati del suo corpo snello. — Come potevamo immaginare che sarebbe stato necessario andare là? Lui era il Portatore di Stelle, aveva un destino. E gli uomini mossi da un destino trovano in esso la loro protezione. E andava alla dimora del Supremo scortato dal suo arpista. Chi avrebbe pensato mai che il Supremo non avrebbe aiutato né lui né il suo arpista?
Nell’oscurità Raederle osservò il profilo di lei. — Deth? La Morgol pensa che sia morto?
— Non lo sa. Lei… è una delle ragioni per cui è venuta qui. Voleva sapere se i Maestri avevano un’idea di ciò che gli è accaduto.
— Perché non è andata al Monte Erlenstar?
— Gliel’ho chiesto. Mi ha risposto che l’ultimo governatore della terra andato a far visita al Supremo non è tornato indietro, e nessuno lo ha rivisto mai più.
Raederle non replicò. Il brivido che le corse lungo la schiena non fu provocato dal vento. — Ho sempre pensato che il Monte Erlenstar fosse il luogo più bello e più sicuro del mondo.
— Anch’io. — Lyra si volse. Una delle guardie, quella piccola e bruna, l’aveva chiamata. — Che c’è, Kia?
— Il comandante ci ha assegnato la cabina reale. Dice che è l’unica grande abbastanza per tutte noi. Vuoi che si facciano turni di guardia durante la notte?
Lyra interrogò Raederle con un’occhiata, e lei mormorò pensosamente: — Voglio fidarmi di lui. Ma perché metterlo in tentazione di tornare indietro? Ve la sentite di vegliare?
— A turni — Lyra si rivolse a Kia. — Una guardia in timoneria, con turni di due ore fino all’alba. Io farò il primo.
— Ti terrò compagnia — disse Raederle.
La fanciulla trascorse le due ore successive cercando d’insegnare a Lyra l’incantesimo che aveva posto sullo sfortunato mercante, usando un pezzo di spago regalatole dal timoniere, che assisteva stupito. Lyra, concentrandosi su di esso, vi tracciò con la mente il percorso seguito da un marinaio che se ne andava serenamente per i fatti suoi. O almeno tale era il suo proposito.
— Ehi! — protestò il timoniere. — Con questa stregoneria ci farete cadere tutti fuori bordo!
La bruna scosse la testa. — È inutile, non ci riesco. Potrei stare a fissarlo per ore, ma rimarrebbe sempre e soltanto un pezzo di corda. Non c’è potere magico nel mio sangue.
— C’è, invece — disse Raederle. — Io l’ho sentito. Nella Morgol.
Lyra la fissò incuriosita. — Io non me ne sono mai accorta. Un giorno io avrò la vista totale, come lei, ma è un dono fisico e non magia. Questa cosa io non la capisco.
— Guardala con gli occhi della mente, finché essa non ti apparirà più una cordicella intrecciata ma un sentiero, che si annoda e si torce su se stesso, che costringerà chiunque lo tocca a seguirne ciecamente le evoluzioni… cerca di vederlo. E poi mettici sopra il tuo nome.
— E come?
— Pensa che tu sei te stessa, e che il tuo nome è un oggetto fisso all’intreccio. Dev’esserci come un legame di conoscenza reciproca fra te e la cordicella.
Lyra tornò a concentrarsi sullo spago. Restò in silenzio a lungo, mentre Raederle e il timoniere la osservavano; ma ad un tratto Bri Corbett uscì dalla cabina e salì sul cassero, e la bruna nascose la cordicella sotto uno stivale.
— In nome di Hel! — disse l’uomo al timoniere. — Dove ci stai portando? Vuoi farci naufragare sulla costa di Ymris? — Si mise alla ruota del timone e riportò la nave in rotta, imprecando. Dietro di lui Lyra abbassò lo sguardo sullo stivale, con un sospiro.
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