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Robert Sawyer: Fuga dal pianeta degli umani

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Robert Sawyer Fuga dal pianeta degli umani

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La porta tra gli universi è stata chiusa e rischia di non riaprirsi più. Ponter Boddit, lo scienziato Neanderthal, è tornato nella propria dimensione lasciando un solo rimpianto nella nostra: la genetista Mary Vaughan. Per questo convince il consiglio a tentare un pericoloso esperimento: invitare Mary in visita ufficiale sulla Terra parallela in cui sono i Neanderthal, non l’Homo sapiens, la razza dominante. Mary accetta e si avventura fra le sorprese di un mondo capovolto, in cui tra uomini e donne non può esistere il minimo contatto. Ma è solo l’inizio dell’odissea in un altro spazio, un altro tempo.

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I Due diventano Uno: la festa mensile di quattro giorni, su cui riposava l’intera struttura della società.

I Due diventano Uno: il periodo in cui gli uomini, che di solito vivevano nell’Anello esterno della città, raggiungevano il Centro per trascorrere quei giorni insieme alle loro compagne e ai figli.

Era molto di più di un periodo di relax o di una semplice variazione sulla routine. Era il perno della loro cultura, l’evento che cementava il legami di sangue.

Un hover-bus atterrò di fronte alla casa di Ponter e Adikor. I due salirono sul mezzo da un portello posteriore e trovarono due selle vicine su cui sedersi. L’autista attivò le eliche e il bus si sollevò di nuovo da terra, dirigendosi verso la casa successiva, appena visibile in lontananza.

Di solito Ponter non meditava su temi banali come i mezzi di trasporto, ma in quel caso non poté fare a meno di riflettere sull’eleganza della soluzione hover-bus in confronto alla tecnologia gliksin. Laggiù, veicoli di tutte le dimensioni si spostavano su ruote. In tutti i luoghi gliksin in cui era stato, pur non moltissimi, aveva visto percorsi ampi e livellati rivestiti di pietra artificiale, in modo da facilitare il movimento delle ruote.

Come se non bastasse, come propellente i gliksin utilizzavano una reazione chimica che produceva gas dannosi. Pareva che però loro non ne fossero irritati quanto lui, e non c’era da meravigliarsi, date le dimensioni minuscole dei loro nasi.

Che razza di scherzo della Natura! Ponter sapeva che la sua specie aveva sviluppato grandi nasi, molto più grandi di quelli di qualsiasi primate, durante l’ultima era glaciale. Il dottor Singh, il Gliskin che si era preso cura di lui all’ospedale, aveva calcolato che i neanderthal avevano una capacità olfattiva di 6 volte superiore a quella dei gliksin. La ragione originaria di un simile adattamento evolutivo era per umidificare l’aria fredda prima che raggiungesse i delicati tessuti del polmone. Ma, quando i ghiacciai si erano ritirati, l’evoluzione aveva conservato quei grandi nasi in virtù di un effetto collaterale vantaggioso: un ottimo senso dell’olfatto.

Se non fosse stato per quello, probabilmente anche i neanderthal avrebbero sfruttato l’energia del petrolio, con gli stessi livelli di inquinamento atmosferico. A Ponter non sfuggì l’aspetto ironico della cosa: quella stessa specie umana che lui, fino a poco tempo prima, aveva conosciuto come fossile, adesso inquinava l’aria con combustibili fossili.

E c’era di peggio: sembrava che ogni gliksin adulto possedesse un veicolo personale. Che indicibile spreco di risorse! La maggior parte di quelle automobili, per la maggior parte del tempo, non faceva altro che rimanere ferma. Mentre Saldak, la città di Ponter, disponeva di circa 3000 cubi volanti su una popolazione di 25.000 persone… e a Ponter già sembrava che di cubi ce ne fossero troppi in circolazione.

Il bus fece sosta all’abitazione successiva. Salirono i loro vicini Torba e Gaddak, insieme ai figli gemelli di Gaddak. I figli maschi infatti all’età di 10 anni lasciavano le case delle madri e si trasferivano dai padri. Adikor aveva solo un bambino di 8 anni di nome Dab, che tra un paio d’anni sarebbe venuto ad abitare insieme a lui e Ponter. Quest’ultimo invece aveva due figlie: Megamek Bek, una 148 (quindi anche lei di 8 anni), e Jasmel Ket, una 147 (diciottenne).

Sia Ponter che il suo compagno Adikor appartenevano alla generazione 145, perciò avevano entrambi 38 anni. Ed ecco un’altra bizzarra caratteristica dei gliksin: invece di tenere sotto controllo i cicli riproduttivi, in modo che sorgesse una nuova generazione ogni dieci anni, quelli sfornavano figli in continuazione. Così, al posto di generazioni ben precise e chiaramente suddivise, tra i Gliskin vigeva un continuum di età. Ponter non aveva trascorso abbastanza tempo sull’altra Terra per farsi un’idea di come si potesse gestire l’economia a quelle condizioni. Le case manifatturiere gliksin, invece di passare dall’abbigliamento per bebé a quello per ragazzini a quello dei giovani, man mano che una generazione cresceva, erano costrette a produrre simultaneamente abiti per tutte le età. Senza contare quel ridicolo concetto di “moda”, come lo aveva chiamato Lou Benoit: vestiti ancora in ottime condizioni venivano buttati via a causa di capricci estetici.

Il bus ripartì. La casa di Torba e Gaddak era l’ultima fermata sull’Anello esterno della città; Ponter si mise comodo per il lungo tragitto attraverso la campagna, prima di raggiungere il Centro.

Come al solito, le donne avevano messo delle decorazioni: lunghi festoni color pastello da un albero all’altro, fasce colorate intorno ai tronchi di betulla e di cedro, bandiere che sventolavano sui tetti, cornici dorate intorno ai collettori solari, e argentate per adornare le unità di compostaggio.

Ponter aveva sempre avuto il sospetto che le donne lasciassero là le decorazioni per tutto il tempo, ma Adikor gli riferì che non ne aveva viste, quando si era recato al Centro negli Ultimi Cinque alla ricerca di un difensore contro le accuse immotivate di Daklar Bolbay.

Il bus atterrò. Non era ancora il periodo in cui gli alberi perdono le foglie, ma sarebbe cominciato con il Due diventano Uno del mese successivo: allora, le eliche avrebbero creato mulinelli di foglie color bronzo, e rosse, e gialle, e arancio. A Ponter piaceva il ritorno della stagione fredda.

Il matematico Ponter non poteva non notare come i primi a scendere fossero Torba, Gaddak e i figli di quest’ultimo; sui bus vigeva la legge “gli ultimi a salire, i primi a scendere”. Seguirono Ponter e Adikor. Lurt, la compagna di Adikor, gli corse incontro seguita dal piccolo Dab. Adikor prese il figlio tra le braccia e lo alzò sopra la testa. Dab rideva, Adikor era raggiante. Quindi il padre posò a terra il bambino e abbracciò Lurt. In realtà non era trascorso un mese dall’ultima volta che si erano incontrati: sia lui che lei si erano ritrovati al dooslarm basadlarm, l’udienza preliminare del processo in cui Adikor era accusato dell’omicidio di Ponter. L’accusa era stata sollevata da Daklar Bolbay dopo l’improvvisa scomparsa di Ponter, cioè quand’era finito nell’universo parallelo. Nonostante questo Adikor era felicissimo di riabbracciare la famiglia.

La compagna di Ponter, Klast, era morta; lui però si aspettava che a riceverlo venissero le sue due figlie. Anche lui le aveva viste di recente; Jasmel aveva addirittura avuto un ruolo chiave nell’operazione di recupero di Ponter dal mondo gliksin.

Adikor rivolse a Ponter un’occhiata di scusa. Ponter sapeva che gli voleva un bene immenso, e glielo dimostrava per 25 giorni al mese; ma adesso era il momento di stare con Lurt e Dab, e intendeva gustarlo tutto. Ponter annuì, e Adikor si allontanò, con il braccio sinistro intorno alla vita di Lurt e la mano destra che teneva la manina sinistra del figlio.

Altri uomini si incontravano con le loro donne. I giovani si preparavano a uscire con le ragazze della loro generazione. Sicuro, ci sarebbe stato parecchio sesso nei successivi quattro giorni, ma anche giochi e divertimenti e uscite con la famiglia e feste.

Ponter si guardò in giro. La folla pian piano si assottigliava. Era un giorno spiacevolmente caldo, e lui sospirò, ma non solo per questo.

— Se vuoi, posso chiamare Jasmel — disse Hak. Hak era il Companion impiantato nella parte interna del braccio sinistro di Ponter, subito sopra il polso. Come la maggior parte dei Companion, consisteva in un display di circa 2x8 cm, ad alta definizione, circondato da una sorta di mascherina elettronica con sotto sei pulsantini, e una lente a un’estremità. Tuttavia, a differenza degli altri Companion che erano abbastanza ottusi, Hak possedeva una sofisticata intelligenza artificiale, opera di un collega di Ponter, Kobast Gant.

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