Bob Shaw - Sfida al cielo

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Sfida al cielo: краткое содержание, описание и аннотация

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Un pianeta su cui si è sviluppata una società avventurosa ma arretrata, spinta da una grande sete di conoscenza ma dotata di una tecnologia elementare e proprio per questo ancora più eroica. Un ambiente duro e ostile da cui si può evadere solo fuggendo verso l’ignoto, nello spazio: sono le premesse da cui parte Bob Shaw per costruire un romanzo di avventure i cui protagonisti sono astronauti che volano su navi di legno ed esploratori dell’ignoto disposti a muoversi fra i mondi con poco più di una caravella. In condizioni simili non c’è da stupirsi che i pericoli del viaggio si moltiplichino per mille e le incognite dell’arrivo siano ancora più tremende. Ma cosa ha da perdere chi non ha nulla da perdere? Non è esagerato dire che in questa saga di un futuro “diverso” Shaw sia riuscito a darci tutti gli elementi di un originale racconto epico.

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— Perché?

— È parte di un tutto..’, di una struttura unica… e quando questa struttura è completa anche l’Uomo sarà completo e avrà il totale controllo del suo destino.

— Belle parole! — Lo sguardo di disappunto di Leddravohr si fermò sulla figura più vicina a Lain. — Credete davvero che il futuro della nostra razza sia racchiuso nell’immagine di quel marmocchio che gioca a palla?

— Questo non è quello che ho detto, principe.

— Questo non è quello che ho detto, principe — lo canzonò Leddravohr. — Non mi hai detto niente, filosofo.

— Mi dispiace che non abbiate sentito niente — disse Lain con calma.

Il sorriso di Leddravohr lampeggiò immediatamente. — Questo voleva essere un insulto, no? L’amore per il sapere deve essere un’ardente passione davvero se comincia a rinforzare la vostra spina dorsale, Maraquine. Continueremo questa discussione durante il ritorno. Venite!

Leddravohr si diresse all’entrata, si mise di fianco e superò lo stretto passaggio. Lain spense le quattro lanterne lasciandole dov’erano e seguì Leddravohr all’esterno. Una brezza sostenuta soffiava giù dal profilo irregolare della collina. Leddravohr, già sul blucorno, osservò divertito Lain che raccoglieva le pieghe della sua tunica e si issava in sella con movimenti goffi. Dopo uno sguardo indagatore, al cielo, Leddravohr fece strada giù dalla collina, controllando la sua cavalcatura con la sicura disinvoltura dell’esperto.

Lain, cedendo a un impulso, spinse il suo animale in avanti, su una traccia quasi parallela, deciso a restare a fianco del principe. Erano quasi a metà strada quando si accorse che stava guidando il blucorno a tutta velocità dentro una pozza di argilla molle. Cercò di tirarlo verso destra, ma riuscì soltanto a fargli perdere l’equilibrio. L’animale emise un verso di paura mentre scivolava sul terreno infido, e cadde su un fianco. Lain sentì la sua zampa spezzarsi mentre si buttava di lato, puntando su una macchia di erba gialla misericordiosamente apparsa alla sua vista. Picchiò per terra, rotolò e balzò in piedi immediatamente, illeso ma colpito dal lamento agonizzante del blucorno che si trascinava su un mucchio di taglienti schegge di roccia.

Leddravohr smontò con un solo rapido movimento e si avvicinò all’animale caduto, con la spada in mano. Si mosse in fretta e piantò la lama nel ventre del blucorno, angolando il colpo in avanti per penetrare la cavità toracica. Il blucorno ebbe un movimento convulso ed emise uno sbavante, mugghiarne suono mentre moriva. Lain si portò una mano alla bocca, lottando per controllare lo sconvolgimento del suo stomaco.

— Ecco qui un altro boccone di conoscenza utile per voi — disse Leddravohr calmo. — Quando uccidete un blucorno, non andate mai direttamente al cuore o vi verrà tutto il sangue addosso. In questo modo invece il cuore si scarica dentro le cavità del corpo, e non ci si sporca molto. Vedete?

Leddravohr ritirò la spada, l’asciugò sulla criniera dell’animale morto e distese le braccia, invitandolo ad ispezionare i suoi vestiti senza macchie. — Non siete d’accordo che tutto questo è molto… filosofico?

— L’ho fatto cadere io — mormorò Lain.

— Era solo un blucorno. — Leddravohr rinfoderò la spada, tornò alla sua cavalcatura e si rimise in sella. — Avanti, Maraquine, cosa state aspettando?

Lain guardò il principe che gli stava tendendo una mano per aiutarlo a salire dietro di lui, e sentì una potente avversione all’idea di quel contatto fisico. — Grazie, principe, ma sarebbe improprio per uno della mia posizione cavalcare con voi.

Leddravohr scoppiò a ridere.

— Cosa state dicendo, razza di folle? Siamo fuori nel mondo reale adesso, il mondo del soldato, e i ptertha sono in arrivo.

Il riferimento ai ptertha trafisse Lain come un dardo di ghiaccio. Mosse un esitante passo in avanti.

— Non siate così timido — continuò Leddravohr, gli occhi divertiti e beffardi. — Dopo tutto, non sarebbe la prima volta che voi ed io dividiamo la stessa monta.

Lain si bloccò, con le sopracciglia grondanti di sudore freddo, e sentì se stesso dire: — Tutto considerato, preferisco tornare in caserma a piedi, da solo.

— Sto perdendo la pazienza con voi, Maraquine — Leddravohr si protesse gli occhi e scrutò il cielo a occidente. — Non starò a discutere con voi per preservare la vostra vita.

— La mia vita è una mia responsabilità, principe.

— Dev’essere qualcosa nel sangue dei Maraquine — disse Leddravohr stringendosi nelle spalle, come rivolgendosi a un’ipotetica terza persona.

Girò il suo blucorno verso est e l’incitò a un leggero galoppo. Nel giro di pochi secondi il principe era scomparso dietro una sporgenza di roccia, e Lain era solo in un territorio aspro e desolato che gli apparve improvvisamente alieno e ostile come un pianeta lontano. Uscì in una risata convulsa, quasi incredula, quando si rese conto del pasticcio in cui si era cacciato l’unica volta che aveva messo a tacere la ragione.

“Perché adesso?”, si domandò. “Perché ho aspettato fino adesso?”

Udì lì vicino un debole rumore raschiante. Lain si girò spaventato e vide dei pallidi multipiedi che stavano uscendo dai loro cunicoli, disturbando piccole pulci nella fretta di raggiungere il blucorno morto. Lui distolse gli occhi. Per un momento pensò di tornare alla caverna, poi si rese conto che gli avrebbe offerto solo una minima protezione durante le ore di luce, e che dopo il calare della notte l’intera collina sarebbe stata probabilmente infestata di ptertha, che annusavano e cercavano con pazienza.La cosa migliore era filare alla Caserma Astronavi con tutta la velocità possibile, cercando di arrivarci prima che i ptertha venissero giù a cavallo del vento.

Presa la decisione Lain cominciò a correre nel caldo soffocante. Quasi ai piedi della collina uscì su un pendio aperto che gli offriva una buona visuale verso est. Una lontana scia di polvere gli indicò la posizione di Leddravohr, un bel pezzo davanti a lui, non troppo lontano dalla Caserma, e una nuvola più grande mostrava dov’erano arrivati i soldati. Lui non aveva calcolato la differenza di velocità tra un uomo a piedi e uno su un blucorno al galoppo. Sarebbe stato in grado di procedere più facilmente quando avesse raggiunto il terreno pianeggiante, ma anche così ci sarebbe probabilmente voluta un’ora prima di raggiungere la salvezza.

“Un’ora!”.

“Ho qualche speranza di sopravvivere per tutto questo tempo?”

Per non pensare alla sua crescente stanchezza, cercò di indurre le sue conoscenze professionali a collaborare nella questione.Le statistiche, se viste spassionatamente, erano più incoraggianti di quanto si sarebbe potuto aspettare.

La luce del giorno e il terreno piatto erano condizioni poco favorevoli ai ptertha. Essi non avevano in effetti capacità propulsone in orizzontale, e dipendevano dalle correnti d’aria per essere trasportati a terra, il che significava che un uomo in movimento che attraversava un terreno aperto aveva poco da temere. Presumendo che non avessero coperto la zona, cosa che succedeva raramente di giorno, tutto quello che doveva fare era tenere d’occhio i globi da vicino e individuare la direzione del vento. Quando si veniva minacciati da un ptertha, la difesa più semplice era di aspettare fino ad averlo a un filo dalla distanza mortale, poi correre via controvento e lasciare che il globo si spostasse per i fatti suoi.

Lain si fermò in un scarpata, con la bocca che si riempiva della schiuma salata della spossatezza, e si sdraiò su una roccia per riprendere fiato. Era fondamentale che avesse ancora riserve di energie, e che le gambe non gli cedessero, quando avesse raggiunto la pianura. Mentre il tumulto nel suo petto si stava gradualmente calmando, si permise d’immaginare il suo successivo incontro con Leddravohr, e, incredibilmente, sentì la sua bocca ansante che tentava di formare un sorriso. Ironia delle ironie! Mentre il famoso principe soldato era scappato per cercare rifugio dai ptertha, il filosofo dalle dolci maniere camminava verso la città, senza bisogno di nessuna arma se non il suo intelletto. Questa era la prova che lui non era un codardo, la prova che tutti dovevano vedere, la prova che persino sua moglie avrebbe dovuto…

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