«Di' di sì, Hask» disse Frank. «Di' di sì.»
Perez fulminò Frank con lo sguardo, ma Hask disse «Sì».
«Bene, allora venga con me» disse Perez.
«E se scelgo di non farlo?» chiese Hask.
Perez indicò i quattro uomini in uniforme. «Questi signori sono armati — capisce l'espressione? Hanno delle armi che possono uccidere. Se non viene, saranno costretti a…»
«Oh, Cristo Santo, tenente» disse Frank. «Non aprirete il fuoco!» Si girò verso Hask. «Probabilmente non possono obbligarti a seguirli.» Poi si voltò verso Perez. «Immunità diplomatica, tenente.»
Lo sguardo di Perez era fermo. «Quale immunità, dottore? Non ci sono patti tra gli Stati Uniti e il governo Tosok.»
«Ma…»
«Questo è un arresto assolutamente legittimo.»
«Come farete a farlo muovere?» chiese Frank. «Non potete sparargli.»
Perez si girò verso Hask. «Hask, il dottor Nobilio ha ragione. Non useremo la forza per prenderla in custodia. Ma ho il potere di fermare la consegna dei materiali necessari per la riparazione dell'astronave madre. E ho l'autorità per ordinarle di venire con me. Lo farà?»
Finalmente parlò Kelkad. «Il mio subalterno nega di aver ucciso Clete.»
Perez fece uh piccolo inchino. «Non voglio mancare di rispetto, signore, ma questa non è una risposta insolita in circostanze come questa.»
La voce naturale di Kelkad aumentò di volume come sempre, ma la voce tradotta era assolutamente uniforme. «Garantisco io per il membro del mio equipaggio.»
«Avrà occasione di farlo nel luogo e nel momento adatti.»
«Andrò» disse Hask. «Abbiamo bisogno del loro aiuto; è meglio cooperare.»
«Spero che sappia quello che sta facendo, tenente» disse Frank. «Spero che sappia esattamente cosa sta facendo.»
«Grazie, dottore. Ora, a meno che lei non voglia aiutare quest'essere a fare resistenza…»
«Non mi provochi, Perez.»
«E lei non provochi me, dottore. È morto un uomo. È lei che si trova in una situazione che non rientra nelle sue competenze.» Si voltò di nuovo verso Hask. «Venga con me.»
Hask iniziò a muoversi.
«Non si preoccupi» disse Perez. «Le daremo un avvocato.»
«Un avvocato d'ufficio ?» disse Frank. «Gesù Cristo, è parlano di chi non ha competenza! Hask, non dire una parola a nessuno. Mi senti? Non una parola finché noi non ti troviamo un avvocato.»
Frank tornò immediatamente nella sua stanza e cominciò a fare chiamate dal cellulare, parlando con una decina di persone diverse a Washington. Due ore più tardi la prima chiamata che aveva fatto ebbe risposta. Appoggiò il telefono sulla guancia coperta dalla barba. «Nobilio» disse.
«Dottor Nobilio, per favore attenda in linea per Olympus.»
Frank aspettò circa un minuto, poi la voce che conosceva arrivò. «Frank?»
«Salve, signor presidente.»
«Frank, abbiamo un problema, vero?»
«Sì signore. Temo di sì.»
«Da quando la CNN ha dato la notizia dell'arresto i telefoni hanno squillato all'impazzata. Non c'è un solo paese sulla Terra che sia contento del fatto che la California intende processare uno degli alieni.»
«Immagino, signore» disse Frank. «Non sono un avvocato, ma la California ha la giurisdizione?»
«L'omicidio è una questione federale solo se commesso sui territori federali o contro funzionali federali, oppure se un fuggitivo attraversa il confine» disse il presidente, che era un avvocato. «Nel nostro caso non c'è nessuna di queste condizioni.» Sospirò. «Diversi ambasciatori hanno chiesto perché non insabbiamo questo casino di Calhoun e…»
«No, signore.»
«Prego, Frank?»
«No… ascolti, signore, Clete era mio amico. Lui…» Frank s'interruppe, sorpreso dal sentire la sua stessa voce che si incrinava. «Era un brav'uomo, signore, e un caro amico. Io… io capisco che a livello internazionale si abbia la sensazione che forse facciamo un errore a processare un extraterrestre, ma non dovremmo dimenticare Calhoun. Mai, signore.»
«Lo so» disse a bassa voce il presidente. «E, come i miei collaboratori hanno cercato di spiegare agli ambasciatori stranieri, abbiamo una rigida separazione tra esecutivo e legislativo. Non posso interferire ufficialmente con un processo, ma…»
«Sì, signore?»
«Be', non manca molto al Super Tuesday. Il vicepresidente aveva già accettato di apparire a Primetime Live stanotte, prima che uscisse la notizia; Sam Donaldson lo farà a pezzi. Sembra che tutti stiano lì a chiedere perché Washington non ha saputo prevenire questo casino.»
«Capisco» disse Frank. «Chi manderete qui per occuparsi della cosa?»
«Nessuno, Frank. Sei tu. Tu sei il mio uomo.»
«Io, signore?»
«Mi piacerebbe essere lì a fare da mediano d'apertura con il procuratore generale, ma sarebbe un suicidio per me intromettermi direttamente. Tu sei già lì, fai parte dell'entourage dei Tosok, hai un ruolo legittimo apparentemente slegato dall'omicidio. Dovrai occuparti di coordinare una difesa per Hask, senza essere affatto coinvolto ufficialmente.»
«E per i soldi, signore? Dovrò ingaggiare un avvocato.»
«Questo è un problema. Non possiamo sostenere ufficialmente la difesa in nessun modo.»
Frank sospirò, contemplando l'entità del compito che gli spettava. «Farò del mio meglio, signore.»
«Lo so, Frank.»
Olympus chiuse il collegamento.
Frank andò nella stanza di Kelkad a Valcour Hall. «Capitano,» disse «avremo bisogno di soldi per ingaggiare un avvocato che difenda Hask.»
«Soldi?» disse Kelkad. «Quella roba di carta verde? Sono sicuro che l'ingegner Rendo può duplicare tutto ciò che ci serve a bordo dell'astronave madre.»
Frank si concesse il primo debole sorriso dopo l'omicidio. «No, non potete farlo. Duplicare i soldi è un reato.»
«Oh. Noi non ne abbiamo.»
«Lo so» disse Frank. «Forse conosco un modo…»
Nel corso dei suoi sessantasette anni di vita, Dale Rice si era sentito chiamare uomo di colore, negro, nero, afro-americano. Quando era nato, c'erano ancora alcuni che erano stati chiamati schiavi.
Dale aveva i capelli bianchi e le sopracciglia nere, e delle grosse borse sotto gli occhi catarrosi. Il naso era largo e deforme. Il corpo di oltre centotrenta chili somigliava a una piramide Azteca; sopra, indossava di solito una camicia Armani grigio antracite, e pantaloni tenuti dalle bretelle.
Il suo volto largo e soffice aveva visto un sacco di storia. Dale era nato a Montgomery, Alabama. Era giovane nel 1955, quando Rosa Parks fu arrestata per aver rifiutato di cedere il suo posto sull'autobus a un bianco.
Nel 1961 Dale era diventato un Cavaliere della Libertà e aveva messo alla prova l'ordine della Corte Suprema che vietava la segregazione nelle stazioni degli autobus. Quando l'autobus su cui si trovava entrò ad Anniston, Alabama, uno squadrone di uomini bianchi con bastoni, mattoni, tubi di metallo e coltelli era lì ad aspettare. Il bus venne incendiato, e i passeggeri bianchi e neri che fuggivano vennero selvaggiamente picchiati; fu durante quella battaglia che ruppero il naso a Dale.
Nel 1965 lui e altre duecentocinquantamila persone marciarono su Washington, D.C., e ascoltarono il discorso 'Ho fatto un sogno…' del reverendo Martin Luther King, Jr.
Dale Rice aveva conosciuto King, e anche Malcolm X. Conosceva Jessie Jackson e Louis Farrakhan. C'era chi diceva che era il top degli avvocati per i diritti civili negli Stati Uniti. Lo stesso Dale pensava che probabilmente era vero; pensava anche che fosse molto triste che dopo tutto quel tempo gli Stati Uniti avessero bisogno di avvocati per i diritti civili.
L'apparecchio di comunicazione interna sulla sua scrivania suonò. Premette il pulsante con un dito a salsiccia. «Sì?» disse, con una voce bassa e profonda.
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