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Robert Silverberg: Gli osservatori

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Gli osservatori è la versione di una storia sugli UFO fatta da uno scrittore di talento come Robert Silverberg: una vicenda in apparenza trita e banale diventa nelle sue mani un racconto avvincente i cui protagonisti spiccano con figure vive e reali dalla carta stampata. In una notte illune del 1982 il cielo del Nuovo Messico viene vivacemente illuminato da un’improvvisa esplosione: una stella lucente fiorita in un lampo biancazzurro che si muove da nordest verso sudovest, sopra la valle del Rio Grande ed i polverosi piccoli puebli, va a spegnersi dopo l’ultima accecante vampata nei pressi di Albuquerque.Ma soltanto tre esseri umani scopriranno che la stella cadente apparsa in cielo è in realtà un disco volante precipitato sulla Terra per un’avaria ai motori, soltanto Charley Estancia, il giovane messicano del pueblo di San Miguel dalla sveglia intelligenza, Kathryn Mason, la vedova melanconica e solitaria di Albuquerque, e Tom Falkner, colonnello delle forze aereeamericane, vedranno con i loro occhi gli alieni venuti dalle stelle, gli osservatori extraterrestri che studiano e controllano lo sviluppo della civiltà umana. Soltanto loro sapranno del pericolo che corre la Terra e potranno impedire lo scoppio di un conflitto galattico. Una storia umana e affascinante che solo un maestro come Silverberg poteva.

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Rimasero insieme in mezzo alla piazza vuota, Charley piccolo e magro, Marty alto e magro. Marty gli offrì una

sigaretta. Charley la prese e ne fece scattare abilmente il cappuccio d’accensione. Si sorrisero l’un l’altro come due fratelli.

— L’hai vista? — domandò Charley. — La stella cadente?

Marty annuì, e si spruzzò in bocca un po’ di whisky dalla bomboletta spray. — Ero fuori, sul retro — disse dopo un attimo. — L’ho vista. Ma non era una stella cadente.

— Erano i kachinas che ci venivano a trovare, eh?

Ridendo, Marty disse: — Ragazzo, non sai cos’era quell’affare? Non si è mai vista una stella cadente come quella. Era un disco volante che è esploso sopra Taos!

Kathryn Mason vide la luce nel cielo solo per caso. Di solito, in quelle buie notti invernali, dopo il tramonto se ne stava dentro casa. La casa era calda e luminosa, con tutte le apparecchiature elettroniche che ronzavano sommessamente, ed a lei piaceva starci. Al di fuori poteva nascondersi qualsiasi cosa. Qualsiasi. Ma erano ormai tre giorni che il gattino di sua figlia mancava da casa, e si trattava della più grossa crisi familiare dei Mason da un bel po’ di tempo a questa parte. A Kathryn era sembrato di udire dei flebili miagolii provenire dall’esterno. Ritrovare il gattino era più importante, per lei, che restarsene chiusa dentro, nell’accogliente protezione della sua casa automatica.

Uscì di corsa, sperando contro ogni logica di vedere quel batuffolo bianco e nero che grattava contro lo stuoino. Invece non c’era alcun gattino, là fuori; poi, ad un tratto, una striscia di luce saettò attraverso il cielo.

Lei non aveva modo di sapere che aveva già incominciato a scemare d’intensità. Era la cosa più luminosa che avesse mai visto in cielo, così luminosa che istintivamente si tappò gli occhi con le mani. Un attimo dopo, tuttavia, le tolse e si costrinse ad osservare mentre l’oggetto completava la sua traiettoria infuocata.

Che cosa poteva essere?

La mente di Kathryn fornì una risposta immediata: era la scia di un jet dell’Aeronautica che era esploso, uno dei giovanotti della base di Kirtland, presso Albuquerque, destinato a morte certa nel suo volo di addestramento. Naturalmente. Naturalmente. E stanotte ci sarebbe stata una nuova vedova da qualche parte, ed un nuovo gruppo di familiari in lutto. Kathryn fu scossa da un brivido. Con sua stessa sorpresa, stavolta le lacrime non vollero venire.

Seguì il tracciato luminoso. Lo guardò curvare verso sud, verso il centro di Albuquerque, e poi lo vide scomparire, perdersi nella diffusa luminosità che si levava dalla città. Istantaneamente Kathryn ipotizzò una nuova catastrofe, poiché nel suo mondo privato c’era sempre qualche catastrofe a portata di mano. Vide il jet fiammeggiante che piombava a mach-tre nella Central Avenue, sconquassando una dozzina di strade, mietendo un migliaio di vittime, facendo esplodere le tubature del gas con violenza vulcanica. Ululati di sirene, grida di donne, ambulanze, carri funebri…

Reprimendo l’attacco isterico — che sapeva essere una cosa stupida — cercò con più calma di ricostruire ciò che aveva appena visto. Adesso la luce era sparita, ed il mondo era tornato ad essere il solito mondo sempre uguale della sua improvvisa, virginale vedovanza. Le sembrò di udire in distanza un’esplosione soffocata, come di qualcosa che fosse precipitato al suolo. Ma la sua esperienza in fatto di Aeronautica Militare le disse che quella gigantesca scia di luce nel cielo non poteva essere un jet esploso, a meno che non si trattasse di modelli sperimentali con caratteristiche ancora ignote al pubblico. Aveva visto un paio di volte dei jet che esplodevano, e facevano solo una enorme fiammata, ma nulla di simile a quella scia.

E allora di che si trattava? Un razzo intercontinentale, magari, con un carico di cinquecento passeggeri destinati ad una morte tra le fiamme?

Le tornò alla mente la voce di suo marito che diceva: — Ragionaci bene, Kate. Ragiona. — Glielo aveva ripetuto molte volte, prima di rimanere ucciso. Kathryn cercò di ragionare. Il bagliore era venuto dal nord, da Santa Fe o da Taos, e si era mosso verso sud. I razzi intercontinentali seguivano rotte est-ovest. A meno che uno di essi non fosse stato nettamente fuori rotta, la sua teoria crollava. E poi non era pensabile che i razzi potessero andare fuori rotta. I sistemi di guida erano infallibili. Ragiona, Kate, ragiona. Forse un missile cinese? Era dunque scoppiata la guerra, infine? Ma in tal caso avrebbe dovuto vedere la notte trasformata nel giorno. Avrebbe dovuto sentire la terribile esplosione della bomba a fusione che disintegrava il Nuovo Messico. Ragiona… una specie di meteora, magari? E perché non un disco volante, giunto per atterrare a Kirtland? In quei giorni si parlava tanto dei dischi volanti. Creature dallo spazio, si diceva, che ci osservano, che ci spiano e si interessano di noi. Uomini verdi con tentacoli fibrosi ed occhi a palla? Kathryn scrollò il capo. Forse diranno qualcosa alla televisione, pensò.

Adesso il cielo sembrava tranquillo, come se non fosse accaduto assolutamente nulla.

Si strinse lo scialle attorno al corpo. Di notte, sul limitare del deserto, il vento soffiava forte, come se provenisse direttamente dal Polo. Kathryn viveva nella casa più settentrionale della sua circoscrizione; poteva guardare fuori e vedere a perdita d’occhio soltanto l’arida distesa di assenzio e di sabbia. Quando lei e Ted avevano comperato la casa, due anni prima, l’agente le aveva detto solennemente che di lì a poco sarebbero state costruite delle altre case più a nord della loro. Non era stato così. Problemi finanziari, mancanza di denaro, qualcosa del genere, e così Kathryn viveva ancora sul confine tra il qualcosa ed il nulla. A sud c’era la città di Bernalillo, un sobborgo di Albuquerque, e la civiltà si stava estendendo in una striscia sempre più ampia lungo la Superstrada 25 da Albuquerque fino a lì. Ma verso nord non c’era nulla: solo terra sconfinata piena di coyotes e di Dio solo sapeva che altro. Con tutta probabilità i coyotes avevano divorato il gattino di sua figlia. Al ricordo del gattino, Kathryn strinse i pugni e tese ancora una volta l’orecchio, per udire i deboli suoni che l’avevano inizialmente fatta uscire di casa.

Nulla. Udì soltanto il frusciare del vento, o forse l’ironico cantilenare dei coyotes. Sollevò cautamente lo sguardo al cielo, poi, di scatto, si voltò e rientrò in casa, chiuse la porta, girò la chiave, premette il pollice sull’interruttore del sistema di allarme ed attese che la centrale le desse il segnale di ricevuto. Era bello essere dentro quella casa così accogliente e ben illuminata. Le era piaciuta, all’inizio, finché Ted era stato vivo. Adesso, la cosa migliore che poteva fare era quella di non arrendersi, sbarrare la porta alla morte, ed aspettare che il torpore della vedovanza l’abbandonasse. Aveva solo trent’anni. Troppo giovane per rimanere intorpidita per sempre.

Una vocetta assonnata: — Mamma, dove sei?

— Sono qui, Jilly. Qui.

— Hai trovato Miciolino?

— No, cara.

— Perché sei andata fuori?

— Per dare un’occhiata.

— Miciolino è andato a cercare papà, mammina?

Quelle parole la colpirono come una pugnalata. Kathryn entrò nella stanza da letto della figlia. La bambina era nel suo letto, calda e ben coperta, con l’occhio dorato del dispositivo di controllo che la scrutava solennemente dall’alto. Pur non avendo ancora tre anni, Jill era capace di arrampicarsi sopra le sbarre del lettino, ma non di atterrare senza farsi male, e così Kathryn lasciava ancora in funzione il baby-monitor, l’attento guardiano elettronico. Dopo il compimento del secondo anno di vita, non si sarebbe più dovuto usare, ma Kathryn non voleva rinunciare a quella ulteriore sicurezza.

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