Alcuni ragazzi nella sala, forse occupati in una ricerca su Hamlin. Apparentemente lo riconobbero. Guardarono la sua faccia, poi il distintivo Riab, poi ancora la sua faccia, poi le sculture, poi sussurrarono fra di loro. Neanche questo lo disturbò: essere scoperto come zombie ambulante del grande artista. I ragazzi non osarono avvicinarsi a lui. Macy rivolse loro un sorriso benevolo. Se volete vi faccio un autografo. Questi capolavori furono creati con queste stesse mani, sapete.
Rimase sorpreso per la sua nuova elasticità. Venire lì, affrontare le opere di Hamlin, il tutto con grande calma. Scoprì che la vista di quelle opere risvegliava a poco a poco in lui quella triste e deprimente nostalgia di avere accesso al passato in cui quel corpo aveva dato la luce a quelle sculture. Il suo vero passato. Come stava cominciando a considerarlo. Come se anche lui fosse giunto a concordare con Hamlin di essere una mera finzione, una aberrante e mostruosa nonrealtà appiccicata alla vera vita di Nathaniel Hamlin. Perciò anelava a conoscere quell’altro tempo. Chi ero quando ero lui? Come ho creato queste opere? Cosa significava essere Hamlin? Un brutto momento. La sottile e corrosiva influenza di Hamlin dentro di me, che mi mina anche quando lui è silenzioso. Così sono arrivato a dubitare di me stesso. Ho cominciato a disprezzare me stesso. E a desiderare di essere lui. Questa è la strada che conduce alla resa; torniamo indietro.
Anche Lissa parve disturbata dal gruppo di Hamlin. Forse ricordava un passato più felice. I bei giorni del primo amore. La tremenda sensazione di essere stata scelta da Nathaniel Hamlin per il suo letto. Tutte le strade aperte. Ed essere arrivata a quello. Che capovolgimento. Macy poté vedere la tristezza sul suo volto. Era stato un errore infliggerle l’arte di Hamlin? O forse si sentiva semplicemente oppressa dalla folla domenicale del museo. Adesso è ora di andare.
Mattina di lunedì, Macy al lavoro. Griswold gli aveva appena assegnato un nuovo argomento. Le statistiche preliminari del livello di carisma per le elezioni del 2012 erano uscite la sera prima, tardi; facciamo un profilo di tutti i candidati, con i diagrammi delle pulsazioni, il conteggio degli ormoni, il profilo di riconoscibilità, tutto quanto lo schema multivalente, d’accordo? D’accordo. E così al lavoro. Assistenti che correvano di qua e di là. Le tette rosa che ballonzolavano. Pile di documenti. Fredericks che si fermava per offrirgli suggerimenti inutili. Loftus che arrivava con le braccia cariche di simulazioni e di lucidi a colori per essere approvati da lui. Le ore che scorrevano veloci; la mente interamente occupata da un’attività significativa.
Poi un’interruzione imprevista. C’è una persona che desidera parlare con lei, signor Macy. Nessun appuntamento. Un visitatore per me? Chi? Immagine di Lissa in disordine, ossessionata, che dava i numeri nel salone d’ingresso. Vi prego, devo vederlo, è questione di vita o di morte, sto per andare a pezzi, sto per esplodere, lasciatemi andare da lui! Una scena penosa. Solo che il suo visitatore non era Lissa. Il suo visitatore era il dottor Gomez.
Panico. Gomez qui? Hamlin mi ucciderà!
Dopo il primo momento di paura, una rapida riflessione. Hamlin l’aveva avvertito di non andare al Centro Riab, e di non telefonare ai dottori. Ma era stato il dottore a venire da lui, questo era coperto dalle minacce? Un punto opinabile. In ogni modo, Hamlin sembrava non volesse sollevare obiezioni. Macy aspettò qualche momento, preoccupato, in attesa di un segnale dall’interno, una stretta al cuore, una contrazione dei nervi, qualche avvertimento intimidatorio. Niente. Avvertiva la presenza di Hamlin come un peso massiccio e sordo nelle viscere, ma non ricevette nessuna istruzione specifica circa Gomez. Forse Hamlin vuole scoprire cosa dirà Gomez. Forse si sta ancora riprendendo dal colpo che gli ha dato Lissa. Sia come sia. Dica al dottor Gomez che può salire.
Gomez, fuori dal suo contesto, sembrava diverso. Al Centro Riab, circondato dalle sue falangi di computer e dalla sua farmacopea elettronica, Gomez era dinamico, formidabile, aggressivo, indomabile, volgare e sicuro di sé. Entrando nell’elegante ufficio di Macy, era quasi mite. Senza scettro e trono, un re non è altro che un ravanello biforcuto. Gomez entrò esitando attraverso la porta scorrevole. Vestito con un abito d’affari eccessivamente contemporaneo, verde e rosso, troppo giovanile per lui, in luogo del suo abituale camice da laboratorio monocromatico. Sembrava più piccolo e grassoccio che nel suo dominio. I folti baffi cadenti in disordine, bisognosi di un taglio. Il mento sfuggente che per qualche ragione in quel luogo assumeva un’importanza maggiore. Tre metri di distanza. I loro occhi si incontrarono. Gomez si inumidì le labbra. Che strano vederlo sulla difensiva.
Macy disse: — Suppongo che abbiate deciso di credermi, alla fine.
— Abbiamo discusso il suo caso senza interruzione per tre giorni — disse Gomez con voce roca. — Ma devo avere dati di prima mano. E dal momento che non voleva venire da noi…
— Non potevo.
— Non poteva. — Gomez annuì. Aggrottò la fronte. Non a Macy, ma a se stesso. Il suo disagio era evidente. Essere venuto fin lì era un gesto molto inconsueto. Il dottore vanitoso che si copre il capo di cenere. Con voce aspra disse: — Non volevo rischiare di telefonarle. Nel caso fornisse al suo precedente ego il tempo per mettere in atto reazioni negative. La mia presenza qui sta causando delle ripercussioni?
— Non fino a questo momento.
— Se dovesse succedere, me lo dica subito, e io me ne vado. Non voglio metterla in pericolo.
— Non si preoccupi, Gomez, glielo dirò immediatamente se sento qualcosa. — Controllò se Hamlin dava segni di vita. Tutto calmo. — Hamlin non si è fatto sentire da martedì sera.
— Ma è ancora lì?
— Sicuro che c’è. Malgrado tutte le vostre assicurazioni che non poteva tornare.
— Tutti facciamo errori, Macy.
— Quello è stato un errore fottutamente grosso. Le avevo chiesto di farmi un EEG e lei ha detto di no, che avevo le allucinazioni, che erano tutte fantasie, che non c’era nessunissima possibilità che Hamlin fosse intatto e attivo. E poi ha detto…
— Va bene. Lasciamo perdere questo argomento. — Sì asciugò la fronte sudata. — Quello che mi interessa adesso è trovare una terapia. Non dare la colpa a qualcuno. Quando è cominciato?
— Il giorno in cui sono uscito dal Centro, quando ho incontrato la ragazza, l’ex modella e amante di Hamlin, quella con cui ha parlato al telefono.
— La signorina Moore.
— Sì. Le sono andato a sbattere addosso, letteralmente, per strada. Questo gliel’ho già raccontato. Continuava a chiamarmi Nat, ignorando il distintivo… ricorda?
— Ricordo.
— L’ho rivista lunedì scorso. Ha detto che era nei guai e voleva che l’aiutassi. Io non volevo restare coinvolto e ho fatto per andarmene. Mi ha colpito con un pugno telepatico. Che l’ha svegliato definitivamente, completando il processo che era iniziato quando…
— Telepatia?
— ESP. Comunicazione fra menti. Mi capisce?
— Capisco. Questa ragazza è telepatica?
— È quello che sto cercando di dirle.
— Lei sapeva che era telepatica, che era una persona appartenente al passato di Hamlin, e che come tale non doveva vedere, e malgrado questo ha fatto in modo da incontrarla e…
— Io non sapevo che fosse telepatica. Finché non è stato troppo tardi. E in ogni caso non avrei avuto ragioni particolari di evitarla per questa ragione. Nessuno mi ha mai detto niente sulla telepatia, Gomez. Non sapevo neanche che esistessero i telepati, voglio dire quelli veri, che se ne vanno in giro per New York City.
Gomez chiuse gli occhi. — D’accordo. Comincio a capire. Quello che è successo è apparentemente un caso di ristabilimento indotto di personalità sotto stimolo telepatico. Fra tutte le puttanate… Una minima possibilità teorica, ma chi pensava di imbattersi in un vero caso di… Non esiste neppure una letteratura sul fottuto argomento… nessun test, nessun dato, nessun punto di riferimento…
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