Anne McCaffrey - Volo di drago

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La trilogia dei «Dragonieri di Pern», di cui «Volo di Drago» è la prima parte, è uno dei più interessanti cicli narrativi che la fantascienza ha prodotto in questi ultimi anni nel suo sforzo di rinnovamento interno, tematico e stilistico; è il tentativo ad ampio respiro di creare «ex novo» una mitologia complessa e coordinata, che non sia un semplice adattamento di mitologie «terrestri».
Esso è dovuto ad un nome nuovo, lanciato da John Campbell sulle pagine di «Analog», Anne McCaffrey, che si rivela scrittrice sensibile, originale e dalle notevoli doti letterarie. Sia i lettori che i critici statunitensi hanno testimoniato illoro apprezzamento per quest’opera, i cui diversi capitoli sono apparsi in più riprese sulle riviste di Campbell: i primi assegnando il Premio Hugo 1968 per il miglior romanzo breve alla parte iniziale del romanzo; i secondi il Premio Nebula 1969 per la stessa categoria all’ultima parte di esso. Anne McCaffrey è stata così la prima donna a vincere i due massimi premi fantascientifici americani.

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«Penserò io a tutto, qui. Lytol è un’ottima scelta,» disse F’nor, benché sapesse che F’lar non aveva bisogno dell’approvazione di nessuno.

«Chi è questo Lytol?» domandò piccata Lessa. Aveva attorto la massa opaca dei capelli e l’aveva gettata all’indietro. Nel chiaro di luna, il sudiciume si notava meno. F’lar si accorse che F’nor la stava guardando con un’espressione anche troppo facile da interpretare. Con un gesto perentorio, gli segnalò di eseguire i suoi ordini senza ulteriori indugi.

«Lytol è un dragoniere senza drago,» disse poi, rivolgendosi alla ragazza. «Non certo un amico di Fax. Governerà bene la Fortezza e la farà prosperare.» Poi aggiunse, in tono suadente, rivolgendole uno sguardo interrogativo: «Non è così?»

Lessa lo fissò cupa, senza rispondere, fino a quando lui rise sommessamente del suo disagio.

«Ritorneremo al Weyr,» annunciò, offrendole la mano per guidarla a fianco di Mnementh.

Il drago bronzeo aveva proteso la testa verso il wher da guardia, che adesso giaceva ansimando al suolo, la catena allentata nella polvere.

«Oh,» sospirò Lessa, e si lasciò cadere in ginocchio accanto all’animale grottesco che alzò lentamente la testa, lanciando gemiti pietosi.

«Mnementh dice che è molto vecchio, e che presto si addormenterà per morire.»

Lessa strinse tra le braccia quella testa ripugnante, accarezzando le arcate sopraccigliari, grattandola dietro le orecchie.

«Vieni, Lessa di Pern,» disse F’lar, impaziente di ripartire.

Lei si alzò, lentamente ma docile.

«Mi ha salvato. Lui mi conosceva.»

«E sa di aver fatto bene,» le assicurò F’lar in tono brusco, un po’ stupito di quella dimostrazione di sentimentalismo tanto strana in lei.

Le prese di nuovo la mano, per aiutarla a rialzarsi e per ricondurla verso Mnementh.

In un attimo, si trovò scagliato via, riverso sulle pietre, e cercò di rotolare per rialzarsi e per fronteggiare il suo avversario. Ma la violenza di quel primo colpo l’aveva stordito: rimase disteso sul dorso, agghiacciato, e vide il wher da guardia scagliargli addosso con il corpo scaglioso.

Nello stesso istante udì l’esclamazione sbalordita di Lessa e il ruggito di Mnementh. La grande testa del drago bronzeo si stava avventando per scaraventare il wher da guardia lontano dal dragoniere. Ma nell’attimo stesso in cui il corpo del wher era pienamente proteso nel balzo, Lessa gridò.

«Non ucciderlo! Non ucciderlo!»

Il ringhio dell’animale si trasformò in un grido angosciato di allarme, il suo corpo eseguì una manovra incredibile a mezz’aria, deviando dalla traiettoria. Quando ricadde ai suoi piedi sul pavimento di pietra del cortile, F’lar udì il tonfo sordo del corpo che piombava riverso sul dorso.

Prima che avesse il tempo di rimettersi in piedi, Lessa stava già stringendo tra le braccia quella testa orribile.

Mnementh abbassò il capo per toccare delicatamente il corpo del wher morente. Informò F’lar che l’animale aveva intuito che Lessa stava per lasciare Ruatha: e questo una del suo Sangue non doveva farlo. Nel suo cervello annebbiato dalla vecchiaia, aveva pensato che la ragazza fosse in pericolo. Quando aveva udito il suo comando frenetico, aveva rimediato all’errore a costo della propria vita.

«Voleva soltanto difendermi,» aggiunse Lessa, con voce spezzata. Si schiarì la gola. «Era l’unico di cui potevo fidarmi. Era il mio solo amico.»

Impacciato, F’lar le batté una mano sulla spalla, sconvolto al pensiero che un essere umano avesse potuto ridursi al punto di rifugiarsi nell’amicizia di un wher da guardia. Rabbrividì, perché la caduta aveva fatto riaprire la ferita alla spalla.

«Era veramente un amico fedele,» disse. Rimase in attesa, paziente, fino a quando la luce degli occhi verde-oro del wher si affievolì e si spense.

Tutti i draghi lanciarono la strana nota agghiacciante, appena udibile, che salutava il trapasso di un individuo della loro specie.

«Era soltanto un wher da guardia,» mormorò Lessa spalancando gli occhi, sorpresa da quell’omaggio.

«I draghi conferiscono onore a chi vogliono loro ,» replicò asciutto F’lar, rifiutando la responsabilità.

Lessa abbassò lo sguardo ancora per un lungo attimo su quella testa ripugnante. La depose sulle pietre, accarezzò le ali tarpate. Poi, con gesti rapidi, slacciò la pesante fibbia che gli assicurava attorno al collo il pesante collare, e lo gettò via, violentemente.

Si alzò con un movimento fluido e si diresse risoluta verso Mnementh senza voltarsi. Salì con calma sulla zampa protesa del drago e si sedette sull’ampio collo, come F’lar le aveva indicato.

F’lar si volse a guardare il resto del suo squadrone, che si era disposto nel grande cortile. La gente della Fortezza s’era messa al sicuro nella Sala. Quando tutti i dragonieri furono pronti, balzò sul collo di Mnementh, dietro alla ragazza.

«Afferrati forte alle mie braccia,» le ordinò, mentre si aggrappava alla cresta del collo e impartiva l’ordine di levarsi in volo.

Lessa strinse spasmodicamente le dita attorno all’avambraccio di lui, mentre il grande drago bronzeo si alzava da terra, agitando le ali enormi per prendere quota in quel decollo verticale. Mnementh preferiva lanciarsi da un picco o da una torre. I draghi erano piuttosto pigri. F’lar si voltò indietro, vide gli altri dragonieri disporsi in formazione, distanziandosi per coprire i varchi lasciati da quelli che erano rimasti di guardia a Ruatha.

Appena furono giunti ad un’altezza sufficiente, disse a Mnementh di operate il trasferimento, di passare in mezzo per giungere al "Weyr.

Soltanto una breve esclamazione tradì lo sbigottimento della ragazza, quando furono sospesi in mezzo. Per quanto fosse abituato ai morsi del freddo intensissimo, alla paurosa assenza di luce e di suono, F’lar trovava ancora snervante quelle sensazioni. Eppure il trasferimento non richiedeva più tempo di quanto fosse necessario per tossire tre volte.

Mnementh fece udire un rombo di approvazione per la calma con cui aveva reagito la candidata, mentre uscivano fulmineamente da quella strana stasi. Non aveva avuto paura, non aveva strillato per il panico, come avevano fatto tante altre donne. F’lar sentì il cuore di lei battere forte contro il suo braccio, che le stringeva le costole: niente altro.

Poi furono sul Weyr. Mnementh inclinò le ali per planare nel fulgore del sole, nell’emisfero opposto a quello di Ruatha, dove regnava la notte.

Le mani di Lessa si strinsero sulle braccia di F’lar, questa volta in un gesto di sorpresa, mentre sorvolavano in cerchio la grande infossatura rocciosa del Weyr. F’lar la scrutò in volto, e fu lieto di scorgervi un’espressione di gioia; lei non dava segno di avere paura, sebbene fossero librati a grande altezza al di sopra della maestosa catena di Benden. Poi, mentre i sette draghi ruggivano per annunciare il loro arrivo, un sorriso incredulo illuminò il viso della giovane donna.

Gli altri scesero in un’ampia spirale, mentre Mnementh preferì calarsi in cerchi più pigri. I dragonieri si tolsero in fretta le tuniche e balzarono al suolo, dirigendosi verso i rispettivi piani delle grotte del Weyr. Mnementh completò finalmente il suo tranquillo atterraggio, fischiando stridulo fra sé mentre frenava la velocità con una sterzata delle ali; e finalmente si posò con leggerezza sul costone. Si accovacciò: F’lar calò la ragazza sulla roccia scabra, segnata da migliaia di atterraggi unghiuti.

«Questo porta soltanto al nostro alloggio,» le disse, quando entrarono nel corridoio a volta, abbastanza ampio per consentire il passaggio ai grandi draghi bronzei.

Entrarono nell’immensa grotta naturale che era sua da quando Mnementh aveva raggiunto la maturità; F’lar si guardò intorno. Quella era stata la sua prima lunga assenza dal Weyr. L’enorme caverna era indiscutibilmente più ampia delle Sale che aveva visitato in compagnia di Fax. Quelle Sale, infatti, erano state create per accogliere esseri umani, non per offrire alloggio ai draghi. Ma di colpo si rese conto che la sua dimora era squallida quasi quanto Ruatha. Certamente, Benden era uno dei più antichi Weyr dei draghi, così come Ruatha era una delle Fortezze più antiche: ma non era una buona giustificazione. Quanti draghi avevano dormito in quella cavità, per rendere la roccia solida adatta alle loro proporzioni? Quanti piedi avevano logorato il pavimento che portava dalla tana del drago alla camera da letto, al bagno dove una sorgente calda naturale forniva l’acqua! Ma gli arazzi appesi alle pareti erano sbiaditi e sciupati, e c’erano chiazze di grasso, sul pavimento, che sarebbe stato facile togliere con la sabbia detergente.

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