La sua mano si spostò verso la chiave che avrebbe posto fine alla trasmissione, poi ristette. Guardò incerto lo schermo. — Ehi, Hans mi ha detto un’altra cosa che non volevo davvero sentire. Dannazione, vorrei davvero sapere quant’è realmente sicura questa linea, ma la dirò lo stesso. Giù all’Istituto non lo sa quasi nessuno, Charlene, perciò per favore tienlo per te. Riguarda JN. Sapevi che si è sottoposta a un’intera batteria di test neurologici al Christchurch Central? TAC, tracciatori radioisotopici, tracciatori a bolle d’aria, tutto. Hanno sondato il suo cervello in sedici maniere diverse. Spero che non abbia fatto qualcosa di folle là sotto, magari usando se stessa come soggetto sperimentale per l’Istituto. Forse… non potresti controllare? Vorrei esser sicuro che JN è a posto. Non chiedermi come Hans faccia a sapere tutto questo: le informazioni che hanno quassù su quanto accade sulla Terra mi lasciano sbalordito. Immagino sia tutto, per ora.
Wolfgang schiacciò il tasto con cautela, poi si abbandonò sullo schienale. La trasmissione era terminata, e il circuito interrotto.
Chiuse gli occhi. Non era stata brutta quanto si era aspettato. Era decisamente di aiuto aver qualcosa di buono su cui concentrarsi, distogliendo i propri pensieri dal sentirsi nauseati. Pensare a qualcosa di bello. Un ricordo improvviso e sorprendente di Charlene gli rinvenne alla mente, le sue lunghe membra e il suo corpo flessuoso curvi su di lui, e i suoi capelli scuri che le ricadevano sciolti dalla fronte. Grugnì. Cristo! Se riusciva ad avere pensieri del genere, doveva essere certamente sulla via di guarigione. La prossima volta sarebbe stato in grado di affrontare di nuovo il cibo.
Forse era giunto il momento per un altro test.
Wolfgang si temprò lentamente, poi girò la testa e guardò fuori dell’oblò. Adesso Spindletop era rivolto verso il basso, verso la Terra, e lui si trovava davanti ad un’interminabile caduta sull’emisfero sottostante illuminato dal Sole. La Stazione Salter, l’orlo marrone del subcontinente indiano, con l’ovale più verde dello Sri Lanka appena visibile ai suoi piedi.
Dette in un rantolo. Mentre guardava, la scena parve ruotare e deformarsi sotto di lui, contorcendosi attraverso una mappa strana e surrealistica. Strinse i denti e si tenne stretto con forza all’orlo della consolle. Dopo trenta spiacevoli secondi riuscì a costringersi a vedere la scena da una prospettiva diversa. Era la superficie azzurra e bianca della Terra chiazzata da segni verdi e marrone, ad essere eterea e senza sostanza; mentre invece era la Stazione Salter ad essere vera , tangibile, concreta. Ecco. Aggrappati a questo pensiero… Un po’ per volta, lentamente, fu in grado di rilassare la propria stretta sul banco davanti a sé.
Tutto sarebbe andato a posto. Ogni cosa era relativa. Se Jinx poteva adattarsi alla sua nuova vita, a proprio agio con una temperatura corporea quasi prossima al punto di congelamento, di sicuro Wolfgang poteva trovarsi a proprio agio con i cambiamenti assai minori prodotti dal trasferimento sulla Stazione Salter. Meglio dimenticarsi dell’autocompassione e rimettersi al lavoro.
Ignorando le fitte di dolore provenienti dal suo stomaco sofferente da tempo, Wolfgang si constrinse a guardare di nuovo fuori, mentre la stazione sfrecciava verso l’Atlantico e la maestosa curva del terminatore fra il giorno e la notte.
Altri tre giorni e poi lo staff dell’Istituto sarebbe arrivato quassù. E se i notiziari dicevano il vero, sarebbero riusciti a farcela appena in tempo. Nel loro furore e invischiati nelle loro faide interminabili, i governi della Terra parevano tutti decisi a bloccare la via allo stesso spazio.
La fine del Mondo
Hans Gibbs aveva spedito a suo cugino il messaggio più breve e il più possibile privo d’informazioni dalla sala principale di controllo. — Muovi il culo e vieni qui al galoppo altrimenti ti perderai qualcosa che non vedrai mai più.
Wolfgang e Charlene erano nel bel mezzo del primo inventario, quando quel messaggio arrivò attraverso l’intercom. Wolfgang la guardò e spense subito il proprio terminale. — Vieni.
— Cosa? Proprio adesso? — Charlene scosse la testa per protestare. — Abbiamo appena incominciato. Ho promesso a Cameron che avremmo organizzato questo posto così da poterci lavorare immediatamente, non appena fossimo arrivati qui. Ci rimangono ancora soltanto poche ore.
— Lo so. Ma conosco anche Hans. Lui sminuisce sempre le cose… Deve trattarsi di qualcosa di speciale. Su, andiamo. Finiremo più tardi.
La prese per mano e cominciò a trascinarla con sé, esibendo la sua esperienza con la bassa gravità, conquistata a duro prezzo.
Charlene si trovava sulla Stazione Salter da meno di ventiquattr’ore. La seconda persona ad eseguire il trasferimento completo dall’Istituto. A Wolfgang sembrava una grossolana ingiustizia il fatto che Charlene non avesse sofferto di un solo istante di nausea a causa della caduta libera. Ma per lo meno non aveva ancora acquisito la sua abilità a muoversi in maniera efficiente. La tirò e le fece ruotare, aggiustando la velocità lineare ed angolare. Qualche istante dopo Charlene si rese conto che avrebbe dovuto muoversi quanto meno possibile e lasciò che fosse lui a trascinarla come un peso morto della geometria fissa. Planarono in fretta lungo il corridoio elicoidale che conduceva all’area centrale di controllo.
Quando arrivarono, Hans li stava aspettando, la sua attenzione era rivolta ad uno schermo panoramico che mostrava la Terra al suo centro. L’immagine veniva fornita da un satellite da osservazione posto in orbita geostazionaria a 22.000 miglia di quota, così che l’intero globo appariva come una palla che riempiva quasi del tutto lo schermo.
— Non vedrete niente di grande come una nave da questa distanza — disse Hans. — Perciò dovremo simularlo. Se vogliamo vedere le navi spaziali, il computer genera la grafica che le riproduce e fonde il tutto con la proiezione. Adesso osservate: sto per passare a quel modo. L’azione avrà inizio fra un paio di minuti.
Charlene e Wolfgang erano in piedi dietro di lui, quando Hans batté con indifferenza la breve sequenza d’un comando, poi Hans si lasciò andare sullo schienale della sua seggiola. Lo schermo rimase calmo, mostrando l’Europa, l’Asia e l’Africa come un disco semiilluminato sotto una coltre di nubi di medio spessore. I secondi si allungarono in quella che sembrò un’eternità.
— Allora? — chiese Wolfgang alla fine. — Noi siamo qui. Dov’è l’azione?
Si sporse in avanti. Mentre lo faceva, la proiezione cambiò. D’un tratto, da sei differenti punti dell’emisfero comparvero minuscole faville di luce rossa. Dapprima furono soltanto una mezza dozzina, facili da seguire. Ma nel giro di pochi minuti ce ne furono di più. Uscivano dal globo nebbioso sottostante come tante lucciole. Ognuna di esse cominciò lentamente a piegare verso oriente, il che dimostrava che erano dirette in orbita. Ben presto, furono quasi troppo numerose anche soltanto per contarle.
— Vedete quella sulla sinistra? — chiese Hans. — Viene da Aussieport. La maggior parte del vostro staff deve trovarsi là dentro: Judith, de Vries e Cannon: saranno qui fra un’ora e mezza.
— Santo Inferno! — Charlene aveva corrugato la fronte e scuoteva la testa. — Quelle non possono essere navi. Non ce ne sono tante in tutto il mondo.
Era troppo assorta nella scena davanti ai suoi occhi per cogliere il modo familiare con cui Hans Gibbs aveva accennato al direttore dell’Istituto, ma Wolfgang aveva scoccato a suo cugino una rapida occhiata complice.
— Charlene ha ragione — annuì Hans. Pareva soddisfatto dalla sua reazione di sorpresa. — Se considerate soltanto le navette e gli altri vettori riutilizzabili, non ci sono tante navi. Ma non rimaneva più tempo. Salter Wherry mi ha detto di portare tutto quassù, la gente e i rifornimenti, e al diavolo i costi. Lui è il capo e i soldi erano suoi. Dal modo in cu stavano andando le cose, se avessi aspettato ancora non ci avrebbero mai permesso di portar su quanto ci serviva. Quello che state vedendo è il più grande deflusso di persone e di equipaggiamento che vi capiterà mai più di contemplare. Mi sono assicurato un’opzione di lancio su ogni singolo veicolo sacrificabile che sono riuscito a trovare in tutto il mondo. Guardate, adesso: stanno per arrivarne ancora.
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