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Mack Reynolds: Ed egli maledisse lo scandalo

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Mack Reynolds Ed egli maledisse lo scandalo

Ed egli maledisse lo scandalo: краткое содержание, описание и аннотация

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Definire insolito un romanzo di fantascienza, e raccomandarlo come tale ai lettori, può sembrare il colmo dell’ingenuità e del semplicismo. Eppure è proprio quest’aggettivo, insolito, che conviene prima di ogni altro al lungo e straordinario romanzo che presentiamo in questo numero di Natale: insolito per l’intreccio, d’una semplicità, e nello stesso tempo d’una sapienza unica nel dosaggio e nella progressione dei colpi di scena; insolito per l’acutezza dell’osservazione psicologica, superiore non solo a quella della fantascienza media, ma perfino a quella di uno specialista del «mordente» come Sheckley; insolito per la raffinatezza della scrittura, e per l’incredibile spigliatezza con cui affronta le situazioni «sociologiche» più sbalorditive, traendone effetti di un irresistibile realismo; insolito per un umorismo che, senza nuocere alla drammaticità della narrazione, arriva facilmente e senza parere, a vette di alta letteratura; insolito infine e soprattutto, per una carica fantastica che lo qualifica senz’altro, a nostro avviso, come il più nutrito e divertente di tutti i romanzi americani di fantascienza e non di fantascienza, tradotti in Italia quest’anno. Siamo doppiamente lieti, perciò, di poterlo presentare ai nostri Lettori col nostro «Buon Natale».

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Ora si era scaldato davvero, pensò Ed Wonder. E ciò nonostante, il suo discorso aveva ancora poco a che fare con la religione. A parte il riferimento incidentale alla Grande Madre, e l’abitudine che aveva Tubber di rivolgersi ai suoi fedeli con l’espressione “cari fratelli”, sembrava più una critica alla società che un appello a cercare la salvezza dell’anima.

Ed sbirciò Helen. Pensò che l’aria fresca stesse ormai per avere il sopravvento sui fumi dell’alcol che prima la ottenebravano, e che presto la ragazza sarebbe stata pronta a rifare il pieno nel più vicino bar automatico. Aveva anche l’impressione che stesse afferrando soltanto una frase su tre della diatriba di Tubber, nonostante la fronte aggrottata che denunciava profonda concentrazione.

«…consumi frivoli. Spendiamo più per cartoline illustrate che per la ricerca medica. Più per il fumo, il gioco d’azzardo e il bere che per l’istruzione. Più per gioielli e orologi che per la ricerca scientifica di base…»

«Non è un sovversivo» sussurrò Ed. «È solo uno scontento cronico. Che ne diresti di andarcene?» E per essere più convincente, aggiunse: «Possiamo fare un salto al bar automatico più vicino.»

Helen non lo stava nemmeno ad ascoltare. La sua voce risuonò chiara e distinta. «Ma di che cosa si lamenta, nonnino? Gli Stati Uniti hanno il più alto grado di benessere del mondo intero. Nessuno se l’è mai passata meglio di così.»

Si fece un profondo silenzio.

Nemmeno gli “sst!” sussurrati alle loro spalle riuscirono a romperlo.

Il vecchio dalla faccia gentile e l’espressione malinconica, che aveva dipanato i suoi argomenti con voce calma e persuasiva nonostante il tono fortemente polemico, sembrò improvvisamente crescere di parecchi centimetri in altezza e di una decina di chili di peso. Per un attimo, Ed si chiese scioccamente se la pedana avrebbe resistito.

«Avevi detto Abramo Lincoln?» sussurrò a Helen. «A me pare che assomigli di più a Giove che scaglia i fulmini sulla Terra.»

Helen stava per rispondere, ma le sue parole furono sommerse dalla voce di tuono di Ezechiele Giosuè Tubber.

«Alto grado di benessere, lei dice! È benessere avere un’aeromobile nuova ogni due o tre anni, mentre la vecchia viene gettata alle ortiche? È benessere che una donna debba possedere almeno mezza dozzina di costumi da bagno per non sentirsi miserabile? È benessere che gli utensili vengano fabbricati in modo tale che è quasi impossibile arrivare a casa dal negozio prima che vadano in pezzi? Obsolescenza pianificata, la chiamano… In verità, in questa falsa corsa al benessere noi cittadini degli Stati Uniti abbiamo consumato negli ultimi quarant’anni più risorse disponibili sulla Terra di quante ne abbia consumate l’intera umanità nella sua storia dalle origini al 1914. Cara sorella, questa è pazzia. Bisogna prendere la strada di Elisio!»

Ed la tirò per un braccio e la scosse, ma Helen non gli diede retta. «Non mi chiami cara sorella, nonnino. Il fatto che lei viva in una tenda e si vesta di sacchi di juta, non è una buona ragione per credere che anche gli altri vogliano fare lo stesso.»

Ezechiele Giosuè Tubber sembrò crescere di altri quindici centimetri. «Non sei stata capace di ascoltare la Verità, donna vana. Non ho forse detto che i doni della Grande Madre vengono gettati al vento nel nome della vanità? Guarda te stessa, guarda il tuo vestito, che indosserai sì e no cinque o sei volte, prima di abbandonarlo per una nuova moda, per un nuovo stile. Guarda le tue scarpe, così fragili da richiedere la cura del calzolaio dopo pochi giorni. Guarda la tua faccia, ritoccata da numerose creme acquistate a prezzi favolosi e sempre a costo di uno spreco dei doni della Grande Madre. Non ho detto, prima, che le nostre scorte di rame sono quasi esaurite? Eppure, ogni anno le donne buttano via centinaia di milioni di astucci da rossetto fatti con ottone. L’ottone è in gran parte composto di rame! Prendi la strada di Elisio, donna vana!»

«Senti, Helen…»

Helen ormai c’era dentro fino al collo. Si era alzata e sghignazzava in faccia al profeta furibondo.

«Se quella sua figlia che sta all’ingresso usasse un po’ di rossetto, forse in questo momento si godrebbe la compagnia di un uomo, invece di starsene a far niente davanti a una tenda. E può tuonare da quella pedana per tutta la notte su questa storia della via che conduce alla Grande Madre, o dove vuole lei, ma non riuscirà a convincere me o chiunque abbia quel pizzico di buon senso che permette di cercare di avere l’aspetto più attraente possibile. Il numero delle persone che tiene ad avere una faccia presentabile continua a crescere, e lei non ci può fare niente.»

«Andiamocene di qui» implorò Ed. Si era alzato anche lui e cercava di trascinare Helen nel passaggio fra le sedie, per raggiungere l’uscita. Di nuovo, come uno sciocco, si chiese come quella malferma pedana di legno potesse reggere il peso e il furore di Ezechiele Giosuè Tubber. Mentre cercava di trascinare via Helen, i suoi occhi vagarono sulle facce degli spettatori impietriti dallo stupore.

Tubber trattenne il respiro per qualche istante, poi la sua voce esplose in un tuono che avrebbe coperto i boati di un vulcano in eruzione.

«In verità, ora, maledico la vanagloria delle donne. In verità io dico che mai più tu troverai piacere nella vanità della tua persona. In verità mai più tu ti compiacerai di dipingerti il volto e di vestire abiti di ricercata eleganza.»

Per la prima volta negli ultimi cinque minuti si alzò un mormorio dal gruppo dei fedeli che apparentemente erano rimasti di ghiaccio di fronte alla temerarietà di Helen.

Una voce, terrorizzata, sussurrò: «…il potere…»

3

«Andiamo!» ringhiò Ed fra i denti. «Vuoi finire linciata da questi pazzi, senza nemmeno avere il tempo di accorgertene?» La spinse lungo il passaggio, alternando sulla faccia un’espressione di sincere scuse e una del tipo ma-è-stato-solo-uno-scherzo , per accattivarsi la simpatia dei presenti. Ma dubitava di riuscire nell’intento. Helen ghignava piano. L’avrebbe strozzata.

La ragazza era da prendere con le molle. Bastavano tre o quattro bicchierini bevuti in successione per far succedere di tutto. Il guaio era che, di solito, succedeva. Come quella volta che aveva preso a calci un poliziotto sul ponte George Washington. Chissà fino a che punto di sopportazione doveva giungere un uomo per concludere un buon matrimonio!

A pochi passi dall’uscita, Ed diede una rapida occhiata dietro di sé. Gli spettatori erano ancora seduti immobili, come pietrificati da un fulmine. Sulla pedana, il vecchio Tubber pareva aver ripreso l’autocontrollo. Chissà come, sembrava essersi ridotto alle dimensioni normali. Aveva di nuovo l’aspetto mite che lo faceva assomigliare a Lincoln.

All’aperto, Helen si liberò dalla stretta. «Lasciami andare» esclamò sghignazzando. «Sono riuscita a far scaldare il vecchietto, eh?»

«Ci sei riuscita, eccome! Su, andiamocene di qui prima che quello cambi idea e ci scateni dietro i suoi fedeli.» Ma nonostante le sue parole, Ed era quasi certo che né il vecchio né i suoi sparuti seguaci avrebbero mai minacciato la loro incolumità fisica.

La ragazza che si era presentata come Nefertiti Tubber arrivò di corsa dalla tenda più piccola.

«Che cosa… Ho sentito mio padre…»

Helen la interruppe. «Calma, tesoro. Non è niente.»

Anche Ed disse la sua. «Le consiglio di tenere d’occhio suo padre. Un giorno o l’altro potrebbe esplodere.» Esaminò la ragazza dalla testa ai piedi con ammirazione.

La ragazza ancora ansimante riprese: «Ho sentito la sua voce così carica d’ira…»

Helen sbadigliò. «Ha un modo di parlare colorito quasi quanto il suo, tesoro. Si è solo scaldato un po’, tutto qui.»

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