Arthur Clarke - Culla

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Un missile top secret che svanisce in volo. Un tridente d’oro che cambia sorprendentemente forma. Una caverna subacquea custodita da balene... Qualcosa si nasconde nel fondo marino al largo di Key West, un mistero in parte umano ma nello stesso tempo terribilmente alieno. Il suo potere è immenso e terrificante e potrebbe distruggere ogni forma di vita sulla Terra. Ma qualcuno ha deciso di scoprire il terribile segreto. E da quel momento non esiste più alcuna certezza, nessun luogo sicuro in cui nascondersi, nessuna alleanza su cui poter contare. Intorno a una giornalista bella e ambiziosa, disposta a correre qualsiasi rischio pur di arrivare alla verità, si stringe la rete di una cospirazione implacabile: spie militari, killer spietati, ma soprattutto una forza estranea e sconosciuta, le cui mosse nessuna mente umana potrebbe comprendere e prevedere... L’inesauribile immaginazione di Arthur C. Clarke spazia in questo nuovo romanzo dagli enigmi irrisolti del passato alle soglie indecifrabili del futuro, dagli infiniti oceani di stelle all’imperscrutabile fondo del mare. In un appassionante viaggio ai confini della realtà, Culla esplora i percorsi dell’avventura e dell’ignoto.

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Il missile viene trasportato a bordo dai tappeti a scopo di ulteriore analisi. Questa però non svela conoscenze nuove, e così gli archivi-dati si limitano a catalogare le somiglianze tecnologiche fra missile e satellite artificiale. La concomitante valutazione dei danni subiti dall’astronave conclude che materiali grezzi e strumenti necessari per le riparazioni sono tutti presenti, tranne piombo e oro nelle quantità necessarie, elementi entrambi la cui fabbricazione per mezzo del tramutatore richiede un lungo e difficile processo. Potendo trovare piombo e oro sufficienti, l’astronave sarebbe in grado di lasciare il pianeta nel giro di tre giorni, tempo locale; dovendo invece fabbricare piombo e oro da sé, e tenendo conto della quantità ottenibile per lisciviazione dalle tracce presenti nell’oceano circostante, l’opera di riparazione potrebbe richiedere un totale anche di trenta giorni.

Gli altri due processori arrivano a conclusioni probabilistiche egualmente interessanti. Sulla base soprattutto dei dati presi durante la cattura delle specie in pericolo di sette cicli addietro, essi identificano in due sole specie animali, una terricola e l’altra acquicola, le uniche possibili responsabili del balzo evolutivo capace di generare viaggiatori spaziali in così breve periodo. Secondo l’elaboratore, anzi, se gli esseri umani terricoli fossero sopravvisuti al loro precedente nadir (raggiunto più o meno all’epoca del prelevamento di alcuni loro esemplari da parte delle navi-zoo della Colonia) e non si fossero estinti, avrebbero avuto una probabilità di gran lunga maggiore di diventare i viaggiatori per eccellenza dello spazio, come dimostrato dai risultati degli esperimenti condotti su di loro nel Complesso-Zoo. Ma se i discendenti di quelle creature bipedi, erette e aggressive sono diventati davvero dei viaggiatori spaziali — avverte il processore —, allora le probabilità degli zigoti in culla di sopravvivere fino alla maturità sono estremamente basse. A meno che non si possano apportare qui stesso biomodifiche di rilievo alla culla o tener segreto agli umani, per almeno un milliciclo, lo sviluppo dei rimpatriati.

Più preoccupante dal punto di vista della missione nel suo complesso è, per l’astronave extraterrestre, la conclusione provvisoria secondo la quale l’astronave stessa potrebbe venir scoperta entro un tempo relativamente breve dagli abitanti, intelligenti e potenzialmente ostili, del pianeta-obiettivo. Se scoperta e seriamente minacciata, essa potrebbe partire rapidamente dal pianeta alla ricerca di un altro rifugio per le riparazioni, ma il viaggiare nell’ambiente spaziale nelle precarie condizioni attuali sarebbe assai rischioso. Un’altra scelta potrebbe essere quella di mandare i robot dell’astronave alle miniere del pianeta, perché estraggano il piombo e l’oro necessari a garantire in pratica il raggiungimento in condizioni di sicurezza del pianeta seguente, dove i metalli pesanti abbondano.

Nell’un caso come nell’altro, la scoperta prematura da parte dei Terrestri sarebbe quasi certamente fatale alla culla di zigoti lasciata sulla Terra, qualora venisse scoperta la provenienza del sistema-culla del velivolo alieno. Il primo atto dell’astronave è perciò quello di controllare, collocare e quindi nascondere la culla-Terra lontano da sé. I tappeti localizzano un punto a cinque o seicento metri di distanza sul circostante fondo oceanico, e le piattaforme portano la culla metallica d’oro sotto la sporgenza rocciosa che lo copre.

Al fine di ridurre la probabilità di scoperta, l’astronave cambia superficie esterna in modo da adattarla al fondale oceanico. Dopo una complessa serie di analisi dell’intera matrice di decisione, l’elaboratore centrale conclude che la massima probabilità di riuscita della missione complessiva è offerta dal tentativo di valersi delle balene o degli esseri umani come fornitori sia del piombo sia dell’oro necessari, sia delle nuove informazioni da trasmettere alla culla. L’astronave compie perciò le riparazioni immediate, si dispone in attesa di lancio, e avvia l’opera di comunicazione coi Terrestri.

I dati ottenuti dagli esploratori dello Zoo sette cicli addietro (corrispondenti a circa centomila anni terrestri) indicavano che, all’epoca, balene ed esseri umani avevano approssimativamente il medesimo potenziale intellettivo. La lingua della balena, più ricca e complessa all’epoca di tale indagine, era stata brevemente studiata dagli esploratori dello Zoo, che ne avevano archiviato i princìpi fondamentali. Basandosi su questi vecchi dati e tentando, nel contempo, di sviluppare uno scenario adatto alla comunicazione con gli umani, l’astronave si sforza di prendere contatto con le balene. Gli sforzi ottengono un successo potenziale: non essendo le balene fondamentalmente cambiate nel frattempo. Capiscono di venir chiamate, ma, confuse in genere dai messaggi, non sanno come rispondervi.

Due piccoli branchi, tuttavia, riescono a decifrare il messaggio trasmesso nell’oceano dalla nave aliena e muovono verso la sua fonte. I robot le esaminano accuratamente, giungendo perfino a mostrare a un branco il missile catturato per sollecitarne il riconoscimento, e giungono alla conclusione che la specie di viaggiatori spaziali non possa essere la loro. I grandi passi evolutivi sono pertanto stati compiuti dagli esseri umani, i quali vanno quindi contattati e in qualche modo indotti a fornire il piombo, l’oro e le prescritte informazioni. I tentativi di comunicazione con le balene vengono così interrotti.

Il caso offre un’occasione ideale prima che la nave aliena abbia stabilito il metodo di contatto con l’umanità. Durante le interazioni finali con le balene, tre esseri umani si trovano a nuotare nelle vicinanze. Per un incredibile colpo di fortuna, costoro trovano la culla e la portano a terra. Per precauzione, l’elaboratore dell’astronave ordina mutamenti temporanei all’interno della culla, così da assicurare la sua protezione e un monitoraggio più frequente delle sue condizioni. Per il momento, comunque, non ci sono preoccupazioni gravi, perché gli umani non riconoscono il rapporto fra culla e astronave e, inoltre, la culla è estremamente robusta, dato lo stadio di gemmazione in cui versano gli zigoti. Il possesso della culla da parte degli umani può anzi considerarsi un vantaggio per i superalieni, perché i ricevitori al suo interno possono ascoltare a comando le conversazioni e inviare telemetricamente all’astronave-madre informazioni che consentiranno di imparare i rudimenti del linguaggio umano.

I processi logici degli elaboratori extraterrestri si estendono al massimo nel tentativo di escogitare un modo di contatto con gli esseri umani che non crei indebiti rischi sia alla culla-Terra sia al resto della missione. Proprio quando stanno per decidere un rapido assalto alle miniere per il piombo e l’oro necessari, gli elaboratori si rendono conto, sulla base di una comprensione parziale del loro linguaggio, che i tre umani, che hanno trovato la culla, stanno probabilmente tornando nei paraggi. Tutti i processori dell’astronave vengono allora collegati, in modo che elaborino uno scenario adatto a indurre questi umani a prestare il loro aiuto. Per il loro arrivo, viene addirittura riconfigurato del tutto l’interno stesso dell’astronave. Se lo scenario si rivelerà valido, esiste infatti un’alta probabilità che essa possa continuare la missione — dopo aver depositato con successo i milioni di zigoti rimpatriati e senza aver disgregato il flusso primario della vita terrestre. Qual era, appunto, l’obiettivo originario.

DOMENICA

1

Quando la Florida Queen lasciò il porto puntando verso il Golfo del Messico, erano ormai le due del mattino. Carol e Troy erano al parapetto, Nick al timone. «Be’, angelo, è già stata un’esperienza incredibile, non ti pare?» disse Troy. «E devo ammettere che io stesso provo una certa inquietudine al pensiero di quello che potremo trovare laggiù, stavolta.»

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