John Varley - Linea calda Ophiucus

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Linea calda Ophiucus: краткое содержание, описание и аннотация

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Lilo era morta, processata, condannata, suicidata. Ma era anche viva. Anzi, c’erano molte Lilo...
Negli anni della dispersione dell’umanità sugli altri pianeti del sistema solare, dopo che gli Invasori ebbero conquistato la Terra, la clonazione era un sistema di sicurezza ormai comune. Clonazione, ovvero riproduzione di un essere umano completo di personalità e memoria, una tecnica rivelata attraverso misteriose trasmissioni provenienti dallo spazio, la Linea Calda Ophiucus, appunto. Nessuno sapeva come e perché quelle trasmissioni avvenissero, ma tutti applicavano entusiasticamente la nuova tecnica. Eppure la donazione era anche un pericolo terribile. E quando venne nelle mani di Tweed, ex capo della Luna, il pericolo diventò realtà, e prese la forma di un complotto contro la Terra. Finché un nuovo messaggio giunse da Ophiucus...
John Varley, texano, autore di numerosi racconti di fantascienza, è al primo romanzo.
è stato accolto con grandissimo favore negli Stati Uniti, sollevando tra critici e fans una “scioccante ondata di eccitazione”.

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Quanto più esaminava la situazione, tanto più diventava chiaro che faceva parte di un meccanismo esistente già molto prima che si presentasse la necessità di farla fuggire. Il controllo che i Terrestri Liberi esercitavano sull’Istituto era tale che Mari aveva potuto far crescere un clone completamente sviluppato — un lavoro di sei mesi — all’interno dell’edificio senza la paura che fossero scoperti. In considerazione di questo, Lilo cominciò a chiedersi se la sua corsa nel vuoto fosse stata davvero necessaria. Era forse stata una specie di prova? Evidentemente ai Terrestri Liberi gli esami piacevano: il suo addestramento, se aveva un qualche scopo, era consistito in una serie infinita di esami, nel confrontarli con ambienti che non avrebbe mai visto, poiché erano tutti ambienti terrestri.

Di certo Tweed manifestava un interesse specifico non per Lilo, ma per le persone come lei. Se si giudicava obiettivamente, trovava solo tre cose che la distinguevano da tutti gli altri. Era una scienziata, ma Tweed poteva ovviamente assumere tutti gli scienziati di cui avesse bisogno. Era una criminale condannata, ma non riusciva neppure a immaginare come ciò potesse rappresentare una qualità. Quindi doveva trattarsi della natura delle sue ricerche, del lavoro che aveva causato il suo arresto.

Nessuno avrebbe potuto stupirsi più di Lilo quando si era accorta di avvicinarsi, lentamente ma decisamente, a campi di ricerca proibiti. Mentre era in prigione aveva avuto il tempo di rifletterci sopra, e adesso, durante l’addestramento, aveva avuto di nuovo l’occasione di ripercorrere i passi che l’avevano resa Nemica dell’Umanità. Era ancora stupita.

Lilo aveva voluto diventare medico. A quanto ricordava, era stata sempre abile con le mani, e da ragazza il suo giocattolo preferito era stato il piccolo chirurgo. Eseguiva operazioni su se stessa e sugli amici, tenendosi sempre aggiornata sulle ultime novità.

Ma sua madre e i suoi insegnanti sapevano che era in grado di fare cose migliori e la indirizzarono a una professione più qualificata. Non si oppose; le piaceva leggere — era piaciuto a tutti i suoi antenati, fin dal tempo precedente l’Invasione — e divorava tutti i libri su cui riusciva a mettere le mani. Gli insegnanti conoscevano il loro mestiere; alla fine le sembrò di avere sempre voluto diventare un ingegnere genetico.

Era brava a fare quello che faceva. Tutte le grandi compagnie richiedevano le sue prestazioni, e aveva lavorato per diverse di loro prima di mettersi in proprio. La sua specialità era il cibo, un campo che era stato a lungo trascurato e che ora riscuoteva un rinnovato interesse.

Mentre la maggior parte dei suoi colleghi si concentravano su cibi idroponici alla moda — miscugli esotici di sapori che ottenevano un grande successo per qualche mese ma venivano rapidamente dimenticati — Lilo considerò i prodotti fondamentali da un nuovo punto di vista. Migliorava, piuttosto che inventare, e ciò si rivelò vantaggioso. Le grandi imprese sapevano che con un adeguato investimento pubblicitario potevano creare una domanda transitoria quasi per qualsiasi cosa. A lungo andare, comunque, era dai brevetti genetici su migliori alberi di bue e su migliori piante da uova che guadagnavano.

Lilo si concentrò sugli alberi di maiale. Riuscì a migliorare il rendimento e la dolcezza della carne bianca interna, facendo contemporaneamente abbassare il rapporto fra carne grassa e carne magra nella pancetta. Questo le fruttò abbastanza denaro per migliorare il proprio laboratorio: le si aprirono nuovi orizzonti.

Il lavoro sugli alberi di maiale le aveva permesso di rendersi conto che molti organismi fondamentali erano stati a lungo trascurati per la loro incapacità di competere con le colture artificiali ormai considerate basilari. C’era stato un tempo in cui gli alimenti principali della razza umana erano il grano, la soia, le patate, il granturco, il riso. Adesso non c’era nessuno che avesse visto quelle cose.

Però esistevano nella Banca della Vita, dove c’erano praticamente tutti gli animali e le piante della Vecchia Terra. I cibi che aveva mangiato per tutta la vita, constatò, erano tutte piante create artificialmente, almeno quattrocento anni prima. Le sembrava che nella genetica vegetale l’era delle scoperte fosse ormai remota e che non fosse stata inventata nessuna coltura fondamentale nuova da quando la civiltà umana si era stabilita negli Otto Mondi. Non stette a chiedersi a cosa fosse dovuto; si mise a inventare una coltura nuova.

Il risultato fu l’albero bananacarne, un successo immediato e duraturo. Come indicava il suo nome, derivava dal frutto tropicale, ma il suo sapore si distingueva da ogni altro. Era qualcosa di diverso, e i tentativi di dire che sapeva di pollo o di selvaggina erano sempre inadeguati.

Lilo non lo diceva, ma la carne che aveva il sapore più simile al bananacarne era quella umana. La sua prima azione criticabile, compiuta innocentemente e per spirito di ricerca, era stata di includere una coltura di tessuti presi dal suo corpo nei campioni che stava analizzando; la sua prima azione illegale era stata di introdurre dei mutamenti nella coltura e trapiantare parti di DNA nei geni della banana.

Il bananacarne la rese ricca. Non in modo fantastico, ma tanto da darle il tempo e i mezzi perché fosse tentata di tornare al suo primo amore: il corpo umano.

Ricordava i giorni felici trascorsi gingillandosi con la struttura esterna del proprio corpo e di quello di altri. Sebbene continuasse a considerarla una fase della propria crescita — e ormai disprezzava la maggior parte delle variazioni cosmetiche del corpo — continuava a esserne affascinata.

Pensava agli eventi genetici incredibilmente casuali che avevano plasmato e plasmavano la vita sua e di tutti gli esseri umani. Le piaceva leggere; a molti altri non piaceva. La spiegazione sociale prevalente dell’analfabetismo era che alcune persone, per carattere, non erano adatte a leggere (e in realtà, in un mondo computerizzato e saturato dagli schermi, c’erano poche professioni per le quali fosse necessario saperlo fare). Lilo accettava il fatto, ma aveva sempre avuto la sensazione che la maggior parte della gente non imparasse a leggere semplicemente perché non era abbastanza intelligente.

Ciò non la faceva sentire superiore. Anzi, era un caso, e quindi la disturbava. La sua intelligenza non era opera sua, ma era stata predeterminata allorché due gameti erano finiti l’uno addosso all’altro in un placentario.

Irritata per dover subire le restrizioni delle leggi genetiche, si dedicò a studiarne le origini; rimase esterrefatta nello scoprire che la messa al bando per cinquecento anni degli esperimenti sugli esseri umani doveva essere solo una moratoria. Per allora era stata una decisione ragionevole, con la razza umana in una situazione fluttuale, davanti a un futuro incerto. Ma quando era il momento di smettere? La situazione attuale dell’umanità esauriva tutte le permutazioni che potevano essere effettuate sul limitato patrimonio genetico dei sopravvissuti all’Invasione. Le malattie e i difetti genetici erano già stati tutti eliminati, prima della messa al bando della ricerca. La razza umana era sufficientemente sana. Ma stava progredendo?

La sua sorpresa aumentò quando venne a conoscenza degli aspetti riproduttivi della genetica. Lilo non era una genetista o un’allevatrice, nello stesso senso in cui chi costruisce una macchina può sapere poco della metallurgia che ne ha fabbricato le parti. Lilo si rendeva solo vagamente conto dell’esistenza delle leggi dell’ereditarietà. Il suo lavoro era quello di prendere qualcosa che esisteva già e di piegarlo al proprio volere manipolandolo direttamente con le tecniche apprese tramite la Linea Calda Ophiucus. Adesso era immersa nel mondo dei caratteri recessivi e degli incroci. Cominciò a domandarsi se fosse possibile che gli esseri umani si stessero trasformando in idioti, in mancanza di un punto di riferimento che indicasse il cambiamento.

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