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Philip Dick: Scorrete lacrime, disse il poliziotto

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Philip Dick Scorrete lacrime, disse il poliziotto

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Jason Taverner, popolarissimo conduttore di uno show televisivo, si trova all’improvviso senza identità. Nessuno si ricorda più di lui e il suo nome sembra scomparso dagli archivi informatici. L’uomo comincia così un viaggio alla ricerca di qualche traccia della propria esistenza nei bassifondi di una città ipertecnologica e crudele.

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“Farò un altro tentativo” decise. “Proverò con Mory Mann.”

Tirò fuori il portafogli e cercò l’appunto con il numero di Mory.

Il suo portafogli era più sottile del solito.

Tutte le sue tessere d’identità erano scomparse. Tessere che gli permettevano di restare in vita. Tessere che gli facevano superare le barricate di pol e naz senza che gli sparassero o lo sbattessero in un campo di lavori forzati.

“Non riuscirò a vivere due ore senza le mie tessere” si disse. “Non oso nemmeno uscire dall’atrio di questo hotel scalcinato e raggiungere il marciapiede. Penseranno che sono uno studente o un insegnante fuggito da uno dei campus. Passerò il resto della vita da schiavo, a fare massacranti lavori manuali. Sono quella che chiamano una ‘nonpersona’.

“Quindi il mio primo dovere è di restare vivo. Al diavolo Jason Taverner lo show-man. Di questo mi preoccuperò più tardi.”

Sentiva che nel suo cervello i potenti componenti-Sei si stavano già mettendo in moto. “Io non sono come gli altri” si disse. “Ne uscirò, di qualunque cosa si tratti. In un modo o nell’altro.

“Per esempio, con tutti i soldi che ho con me posso fare un salto a Watts e comperarmi delle tessere d’identità false. Tante da riempire il portafogli. Devono esserci almeno un centinaio di piccoli falsari che tirano avanti con attività del genere, da quanto ho sentito. Ma non avrei mai pensato di dovermi servire di uno di loro. Non Jason Taverner. Non una star televisiva con un pubblico di trenta milioni di persone.

“Fra di loro” si chiese “non ce n’è nemmeno una che si ricordi di me? Se ‘ricordare’ è il termine esatto. Sto parlando come se fosse trascorsa un’infinità di tempo, come se fossi un vecchio, una celebrità tramontata che vive di ricordi. E non è questo che sta accadendo.”

Tornato al telefono, cercò il numero dell’anagrafe centrale dello Iowa. Con diverse monete d’oro, dopo una lunga attesa, riuscì finalmente ad avere la comunicazione.

— Mi chiamo Jason Taverner — disse all’impiegato. — Sono nato a Chicago, al Memorial Hospital, il 16 dicembre 19 46. Vuole per favore darmi conferma e preparare una copia del mio certificato di nascita? Mi serve per una domanda di lavoro.

— Sì, signore. — L’impiegato lo lasciò in linea. Jason aspettò.

— Il signor Jason Taverner, nato il 16 dicembre 19 46 nella contea di Cook?

— Sì.

— Qui non risulta nulla per quella persona, in quella data e in quel luogo. È assolutamente sicuro dei dati, signore?

— Mi sta chiedendo se so come mi chiamo e dove e quando sono nato? — La voce sfuggì di nuovo al suo controllo, ma questa volta si lasciò andare. Stava annegando nel panico. — Grazie. — Riappese. Adesso tremava visibilmente. Nel corpo e nella mente.

“lo non esisto” si disse. “Non c’è nessun Jason Taverner. Non c’è mai stato ne mai ci sarà. Al diavolo la carriera. Voglio semplicemente vivere. Se qualcuno o qualcosa vuole fregarmi la carriera, okay, faccia pure. Ma non mi si permette nemmeno di esistere? Non sono mai nato?”

Qualcosa gli si mosse nel petto. Terrorizzato, pensò: “Non hanno estratto del tutto i tubi di suzione Ce n’è ancora qualcuno che cresce e si nutre dentro di me. Quella maledetta senza alcun talento. Spero che finisca a battere per due dollari a botta.

“Dopo quello che ho fatto per lei. Dopo che le ho procurato due audizioni con gli uomini del settore a r. Ma che diavolo, me la sono portata a letto tante volte! Probabilmente siamo pari.”

Risalito in camera, si guardò a lungo nello specchio incrostato di cacche di mosca. Il suo aspetto non era cambiato, a parte il fatto che doveva radersi. Non era più vecchio di prima. Non c’erano nuove rughe o capelli grigi visibili. Le solite spalle robuste, i bicipiti forti. La vita snella che gli permetteva di portare i vestiti aderenti tanto di moda.

“Ed è un dato importante per la tua immagine” si disse. “Il tipo di abito che sei in grado di indossare, specialmente quelli con la vita stretta. Devo averne una cinquantina. O li avevo. Adesso dove saranno? ‘L’uccello è scappato, e in quale radura canta ora?’” Parole uscite dal suo passato, dai giorni di scuola. Che sino a quel momento aveva dimenticato. “È strano” rifletté “quel che ti viene in mente quando ti trovi in una situazione inusuale e spaventosa: a volte le cose più banali che si possano immaginare.

“‘Se i desideri fossero cavalli, i mendicanti potrebbero volare.’ Roba del genere. Da impazzire.”

Si chiese quanti punti di controllo pol e naz esistessero tra quell’hotel miserabile e il più vicino falsario di Watts. Dieci? Tredici? Due? “Per quel che mi concerne” pensò, “ne basta uno. Un controllo casuale eseguito da un veicolo con tre uomini a bordo. Con quella stramaledetta ricetrasmittente che li collega alla centrale dati di Kansas City. Dove tengono i dossier.”

Arrotolò la manica della camicia e studiò l’avambraccio. Sì, eccolo lì: il tatuaggio del suo numero di identità. La sua targa somatica, che doveva portarsi appresso per l’intera vita, che alla fine sarebbe stata sepolta con lui nella tomba.

Quindi, pol e naz del centro mobile di controllo avrebbero comunicato il suo numero d’identità a Kansas City, dopo di che… Cosa? Il suo dossier era ancora lì o era scomparso come il certificato di nascita? E, se non ci fosse stato, cosa ne avrebbero dedotto i burocrati della polizia?

“L’errore di un impiegato. Qualcuno ha sistemato nel posto sbagliato il pacchetto di microfilm che formano il dossier. Salterà fuori. Un giorno o l’altro, quando non avrà più importanza, quando io avrò trascorso dieci anni della mia vita in una miniera lunare, con un piccone in mano. Se il dossier non c’è, presumeranno che io sia uno studente in fuga, perché solo gli studenti non hanno un dossier pol-naz; e persino alcuni di loro, quelli importanti, i leader, ne hanno uno.

“Sono sul fondo del barile della vita. E non posso nemmeno risalire, arrampicarmi di nuovo fino alla semplice esistenza fisica. Io, un uomo che ieri aveva un pubblico di trenta milioni di persone. Un giorno, in qualche modo, troverò la strada che mi riporterà a loro. Ma non ora. Altre cose adesso sono più importanti. Il nudo scheletro dell’esistenza fornito a chiunque all’atto della nascita: io non ho nemmeno quello. Ma l’avrò. Un Sei non è un Ordinario. Nessun Ordinario sarebbe riuscito a sopravvivere, a livello fisico o psicologico, a quello che è successo a me. Specialmente all’incertezza.

“Un Sei, a prescindere dalle circostanze esterne, se la caverà sempre. Perché siamo stati definiti in questo modo a livello genetico.”

Lasciò di nuovo la camera, scese a pianterreno e andò al bureau. Un uomo di mezza età, con i baffetti sottili, stava leggendo una copia di “Box”. Senza alzare la testa, disse: — Sì, signore.

Jason tirò fuori la sua mazzetta di dollari emessi dal governo, mise una banconota da cinquecento dollari sul banco, davanti al portiere. L’uomo diede un’occhiata, poi guardò meglio, questa volta a occhi sgranati. Quindi alzò uno sguardo cauto e perplesso sul viso di Jason.

— Mi hanno rubato le tessere d’identità — disse questi. — Quei cinquecento dollari sono suoi se mi porta da qualcuno che le possa sostituire. Se ha intenzione di farlo, si sbrighi. Non aspetterò. — “Non aspetterò di essere arrestato da un pol o da un naz” pensò. “Bloccato in questo schifo di hotel scalcinato.”

— O sul marciapiede di fronte all’ingresso — disse il portiere. — Ho qualche capacità telepatica. So che questo hotel non è un granché, però non abbiamo pulci. Una volta abbiamo avuto quelle marziane della sabbia, ma niente di più. — Prese il biglietto da cinquecento dollari. — La porterò da uno che può aiutarla — disse. Studiò con aria attenta il viso di Jason, si concesse una pausa, poi aggiunse: — Lei crede di essere famoso. Be’, qui ne vediamo di tutti i tipi.

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