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Jack Vance: Il Faleno lunare

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Jack Vance Il Faleno lunare

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Vance riesce a dispiegare tutto il proprio talento anche nello spazio di un racconto. Perfetto esempio («The Moon Moth», 1961) emblematica avventura di un maldestro inviato terrestre su un mondo nel quale è la maschera — stavolta in senso letterale — che si porta sul viso a esprimere e conferire lo status sociale, aristocratico per le più eleganti e sfarzose, misero per le più semplici e povere, e dove quindi girare a volto scoperto desta più scandalo di qualsiasi nudità L’uomo, intrappolato in un intrigo science-mistery, scoprirà sulla propria pelle quanto il potere di queste maschere, cioè del ruolo sociale che rappresentano, sia sottilmente in grado di plasmare l’identità di colui che le porta, e persino i disegni del suo fato. Un’allegoria che ha poco da invidiare a Pirandello…

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Gli strumenti potevano eseguire dei quarti di tono per cui erano possibili ventiquattro tonalità, che moltiplicate per i cinque modi normalmente usati realizzavano centoventi diverse scale. Tuttavia, Kershaul consigliò Thissell di concentrarsi prima di tutto su due modi soltanto, in modo da imparare ogni strumento nella sua tonalità fondamentale.

Thissell non aveva niente di particolare da fare a Fan, tranne la visita settimanale a Mathew Kershaul, per cui portò la casa galleggiante a quattordici chilometri più a sud e l’ancorò sottovento presso un promontorio roccioso. Se non fosse stato perché doveva esercitarsi continuamente, Thissell avrebbe vissuto una vita idilliaca. Il mare era calmo e trasparente come il cristallo; la spiaggia, circondata dalle foglie grigie, verdi e porporine della foresta, era lì a portata di mano se voleva sgranchirsi le gambe.

Toby e Rex occupavano un paio di cubicoli sul davanti, Thissell aveva per sé tutte le cabine posteriori. Di tanto in tanto si baloccava con l’idea di prendersi un terzo schiavo, magari una giovane femmina, per aggiungere un elemento di bellezza e di vivacità al suo ménage, ma Kershaul sconsigliò un simile passo, temendo che la concentrazione di Thissell potesse in qualche modo diminuire. Thissell accondiscese e si dedicò tutto allo studio dei sei strumenti.

I giorni trascorsero velocemente. Thissell non si stufava mai dello splendore delle albe e dei tramonti; le nuvole bianche e il mare azzurro a mezzogiorno; il cielo notturno che fiammeggiava con le ventinove stelle dell’Ammasso SI 1-715. Il viaggio settimanale a Fan rompeva la routine: Toby e Rex si interessavano del cibo; Thissell visitava la lussuosa casa galleggiante di Mathew Kershaul per ascoltare la lezione e i consigli. Poi, tre mesi dopo l’arrivo di Thissell, arrivò il messaggio e mandò completamente all’aria il solito tran-tran: Haxo Angmark, assassino, agente provocatore, abile e spietato criminale, era giunto a Sirene. Praticare l’arresto e la detenzione di quest’uomo! diceva l’ordine. Attenzione! Haxo Angmark è estremamente pericoloso. Uccidetelo senza esitazione!

Thissell non era in piena forma. Trottò per cinquanta metri, prima che gli mancasse il fiato, quindi si mise a camminare: passò tre basse colline incoronate di bianchi bambù e nere felci; attraversò valli gialle di noccioline; passò per campi pieni di viti selvatiche. Passarono venti minuti, venticinque minuti… venticinque minuti! Thissell sentì un peso alla stomaco e capì che era troppo tardi. Haxo Angmark era atterrato e avrebbe percorso quella stessa strada alla volta di Fan. Ma Thissell incontrò solamente quattro persone su quella strada: un ragazzino che indossava una maschera da Isolano di Alk, ridicolmente truce; due giovani donne che portavano un Uccello Rosso e un Uccello Verde; un uomo che indossava un Dimonio della Foresta. Avvicinandosi all’uomo, Thissell si fermò un momento. Era Angmark?

Thissell mise in atto uno stratagemma. Si avvicinò audacemente all’uomo, fissò la maschera orrenda. — Angmark — berciò nella lingua dei Pianeti Patria — sei in arresto!

Il Dimonio della Foresta lo fissò senza capire, poi riprese a camminare per la sua strada.

Thissell gli andò dietro. Afferrò il suo ganga, poi, ricordandosi la reazione dello stalliere, strimpellò invece un accordo con il suo zacinko.

— Oh, tu che provieni dallo spazioporto — cantò. — Cosa hai visto colà?

Il Dimonio della Foresta afferrò la tromba a mano, uno strumento usato per deridere gli avversari sul campo di battaglia, per chiamare le bestie o qualche volta per manifestare una rozza e immediata cattiveria. — Da dove vengo e cosa ho visto sono cose che riguardano me solo. Stai indietro o ti camminerò sopra. — Si mise in movimento e, se Thissell non avesse fatto un salto da una parte, il Dimonio della Foresta avrebbe messo in atto la sua minaccia.

Thissell rimase a fissare quello che se ne andava. Angmark? Improbabile, con un simile tocco sicuro della tromba a mano. Thissell esitò, e poi si voltò e continuò per la sua strada.

Arrivato allo spazioporto, andò direttamente nell’ufficio. La pesante porta era socchiusa; mentre Thissell si avvicinava, un uomo apparve sulla soglia. Portava una maschera di squame verdi opache, piastrine di mica, legno nero laccato di blu e aculei neri… l’Uccello Lacustre.

— Ser Rolver — chiamò ansiosamente Thissell — chi è sceso dal Carina Cruzeiro?

Rolver studiò Thissell un lungo momento. — Perché me lo chiede?

— Perché lo chiedo? — ripeté Thissell. — Lei deve aver visto lo spaziogramma che ho ricevuto da Castel Cromartin!

— Ah, sì — disse Rolver. — Si capisce. Naturalmente.

— Mi è stato consegnato solo mezz’ora fa — disse Thissell amareggiato.

— Sono corso qui il più velocemente possibile. Dov’è Angmark?

— A Fan, suppongo — disse Rolver.

Thissell bestemmiò piano. — Perché non lo ha trattenuto, non lo ha bloccato in qualche maniera?

Rolver alzò le spalle. — Io non ho né l’autorità, né la voglia, né la capacità di fermarlo.

Thissell cercò di scacciare la sua rabbia. Con voce volutamente calma disse:

— Venendo ho incontrato uno con una maschera piuttosto spaventosa… occhi a piattino, bargigli rossi.

— Un Dimonio della Foresta — disse Rolver. — Angmark aveva proprio quella maschera.

— Ma quello suonava la tromba a mano — protestò Thissell. — Angmark non poteva…

— Egli conosce bene Sirene; ha passato cinque anni a Fan.

Thissell grugnì, seccato. — Cromartin non ha fatto cenno di questo.

— È cosa risaputa — disse Rolver con un’alzata di spalle. — Era Rappresentante Commerciale prima che venisse Welibus.

— Lui e Welibus si conoscono?

Rolver fece una breve risata. — Si capisce. Ma l’unica cosa poco onesta che sia capace di fare Welibus è quella di truccare i suoi conti. Le assicuro che non è complice di un assassino.

— A proposito di assassini — disse Thissell. — Lei ha qualche arma da prestarmi?

Rolver lo fissò meravigliato. — Lei è venuto qui a prendere Angmark a mani nude?

— Non avevo scelta — disse Thissell. — Quando Cromartin dà un ordine, si aspetta dei risultati immediati. In ogni caso c’era qui lei con i suoi schiavi.

— Non faccia conto sul mio aiuto — disse stizzosamente Rolver. — Io indosso l’Uccello Lacustre e non pretendo di avere del coraggio. Ma le posso prestare la mia pistola a energia. È un po’che non la uso; non le posso garantire che funzioni.

Rolver entrò nell’ufficio e ne uscì subito dopo con la pistola.

— Adesso cosa farà?

Thissell scosse tristemente il capo. — Cercherò di rintracciare Angmark a Fan. O sarà andato a Zundar?

Rolver ci pensò su. — Angmark potrebbe benissimo cavarsela anche a Zundar. Ma dovrà prima rispolverare la sua abilità musicale. Immagino che rimarrà a Fan qualche giorno.

— Ma come faccio a trovarlo? Dove devo cercare?

— Non glielo saprei dire — rispose Rolver. — Lei sarebbe più al sicuro se non lo trovasse. Angmark è un uomo pericoloso.

Thissell ritornò a Fan per la strada che aveva già percorso prima.

Dove il sentiero svoltava dalle colline per andare sulla pianura, c’era un edificio pisé de terre, dalle spesse pareti. La porta era stata ricavata da una solida asse di legno nero; le finestre erano protette da sbarre di acciaio rinforzato. Questo era l’ufficio di Cornely Welibus, agente commerciale, import-export. Thissell trovò Welibus seduto tranquillamente sulla veranda piastrellata, con indosso una modesta variazione della maschera Waldemar. Pareva perduto nei suoi pensieri e poteva anche non aver riconosciuto il Faleno Lunare di Thissell; in ogni caso, non si alzò per salutarlo.

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