Fredric Brown - Errata corrige

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— E…

— Sì?

— C’è qualcosa che vorrei cercare, — disse Charlie. — Ci sarebbe da qualche parte, a portata di mano, un dizionario in edizione non ridotta? E se c’è, sarebbe chiederle troppo di lasciarmelo vedere per alcuni istanti?

— Be’… Immagino che non ci sia niente in contrario. Ce n’è uno giù in ufficio e non lo usano molto spesso.

— Benissimo. Grazie.

Però, la chiave girò nella toppa quando l’uomo uscì.

La colazione giunse una mezz’ora più tardi, ma il dizionario non arrivò che a metà mattina. Charlie si chiese se ci fosse stata una riunione del personale medico dirigente per discuterne le possibilità letali. Comunque, il dizionario arrivò.

Charlie aspettò che l’inserviente se ne fosse andato, poi mise il grosso volume sul letto e lo aperse alla pagina con la tavola a colori riproducente le monete del mondo. Si tolse di tasca la moneta di rame, la mise vicino alla tavola illustrata e incominciò a confrontarla con le immagini, particolarmente con quelle delle monete dei paesi balcanici. No, niente di simile, tra le monete di rame. Cerchiamo tra quelle d’argento. Sì, c’era una moneta d’argento con sopra la stessa effigie. Una moneta rumena. La dicitura… sì, era la stessa, identica dicitura. Non così la denominazione.

Charlie ricorse allora alla tavola numismatica e sotto Romania…

Rimase senza fiato.

Non poteva essere.

Eppure lo era.

Possibile che le sei vicende successegli potessero essere state…?

Aveva il respiro grosso per l’eccitazione mentre passava alle illustrazioni in fondo al dizionario. Trovate le pagine sugli uccelli, incominciò a cercare tra le anitre. Petto screziato, collo corto, una striscia più scura che partiva proprio sopra l’occhio…

Capì di aver trovato la risposta.

Aveva trovato il coefficiente, che, in aggiunta a quello della periodicità, metteva in relazione tra loro i fatti accadutigli. Se anche questo fattore era applicabile negli altri casi, poteva esserne sicuro. Il lombrico? Certo, e sogghignò all’idea. L’ondata di calore? Ovvio. La faccenda al campo di golf? Era più ostica, questa; ma, pensandoci su un po’, riuscì a venirne a capo.

L’affare dell’etere lo sconcertò parecchio. Gli ci volle un bel po’ di passi avanti e indietro per risolvere il caso, ma alla fine ci riuscì.

E allora? Che cosa poteva fare in proposito?

Periodicità? Sì, concordava. Se…

La volta prossima sarebbe stata… ehm… alle 12,15 del sabato. Si sedette a riflettere. L’intera faccenda era assolutamente incredibile. La risposta era più dura da ingoiare dello stesso problema.

Ma… tutto quanto concordava. Sei coincidenze, scaglionate nel tempo ad intervalli regolari?

Benissimo, dunque, dimentica quanto sia incredibile e cerca di fare qualcosa. Come intendi riuscire a farglielo sapere, a quelli?

Beh, forse sfruttando il fenomeno stesso?

Il dizionario era ancora lì e Charlie, ripresolo in mano, cominciò a cercare nella sezione geografica. Sotto la “H”…

Fiiiuuu! — C’era un luogo che gli offriva una doppia possibilità. E a meno di centosettanta chilometri di distanza.

Se fosse riuscito ad andarsene da lì…

Suonò il campanello e arrivò l’inserviente. — Finito col dizionario, — gli comunicò Charlie. — E senta, potrei parlare col dottore che si occupa del mio caso?

Risultò che chi se ne occupava era tuttora il dottor Palmer, il quale stava proprio venendo da lui.

Il dottore strinse la mano a Charlie e gli sorrise. Era un buon segno, o no?

Beh, se adesso fosse riuscito a mentire in maniera abbastanza convincente…

— Dottore, mi sento in ottima forma, stamattina, — disse Charlie. — Senta… Mi sono ricordato di qualche cosa di cui vorrei parlarle. Qualche cosa che mi è capitato domenica, un paio di giorni prima che io fossi portato in ospedale la prima volta.

— Di che si tratta, Charles?

— Sono andato davvero a nuotare, e questo spiega la scottatura di sole che doveva manifestarsi martedì mattina; forse spiega anche alcune altre cose. Mi ero fatto prestare la macchina da Pete Johson… — Sarebbero andati a controllare? Forse no. — … e mi sono perso lungo la strada; ho trovato un bel laghetto, mi sono spogliato e mi ci sono buttato dentro. Adesso mi viene in mente che mi sono tuffato dalla riva: penso di aver strusciato la testa su una roccia perché la cosa successiva che ricordo è che ero ritornato in città.

— Ehm, — fece il dottor Palmer. — Così questo spiega la scottatura di sole, e forse può anche spiegare…

— Buffo che mi sia ritornato in mente soltanto questa mattina, quando mi sono svegliato, — disse Charlie. — Suppongo…

— L’ho detto, a quegli scemi, — disse il dottor Palmer, — che non poteva esserci relazione alcuna tra la scottatura di terzo grado e il tuo svenimento. C’era, naturalmente, in un certo senso. Voglio dire che l’aver battuto la testa, mentre nuotavi, spiegherebbe… Charles, sono proprio contento che ti sia tornato in mente. Almeno adesso conosciamo la causa del tuo comportamento, e possiamo curarla. Forse, in effetti, sei già guarito.

— Penso di sì, dottore. Mi sento proprio bene, adesso. Come se mi fossi appena svegliato da un incubo. Suppongo di essermi reso ridicolo in un paio di casi. Ricordo vagamente di aver comprato dell’etere, una volta, e poi, qualche cosa a proposito di liscivia… Ma sono come impressioni di cose avvenute in sogno. Ora la mia mente è limpida come l’acqua. È come se, stamattina, fosse scoppiato qualcosa. Dopo, sono stato di nuovo bene.

Il dottor Palmer sospirò. — Mi sento proprio sollevato, Charles. In tutta sincerità, ci hai davvero preoccupato. Naturalmente, dovrò parlare della cosa con gli altri medici e dovremo farti una visita piuttosto accurata, ma penso…

Arrivarono gli altri dottori, fecero delle domande, esaminarono il suo cranio… ma qualsiasi lesione avesse provocato la roccia sembrava essersi rimarginata. Loro, comunque, non riuscirono a trovarla.

Se non fosse stato per il tentativo di suicidio della sera prima, Charlie se ne sarebbe potuto andare dall’ospedale seduta stante. Ma per tale ragione i medici insistettero perché rimanesse sotto osservazione per altre ventiquattro ore. Charlie acconsenti: questo significava essere fuori venerdì pomeriggio ad ora imprecisata; la cosa non sarebbe successa prima delle 12,15 di sabato.

C’era tempo in abbondanza per un percorso di centosettanta chilometri.

Doveva solo controllare, nel frattempo, ogni parola e ogni gesto, evitando modi di parlare e di comportarsi che uno psichiatra potesse interpretare…

Si diede all’ozio e al riposo.

Alle cinque di venerdì pomeriggio tutto andava per il meglio:

Charlie strinse la mano a varia gente e fu di nuovo un uomo libero. Aveva promesso di passare regolarmente dal dottor Palmer per alcune settimane.

Ma era libero.

XVII

Buio, e pioggia.

Un’acquerugiola fredda e sgradevole che aveva cominciato ad infiltrarglisi nei vestiti, giù per il collo, dentro alle scarpe, fin dal primo momento in cui era sceso dal treno sulla piccola piattaforma di legno.

Ma la stazione era lì e lì era il cartello che gli diceva il nome della cittadina. Charlie lo guardò compiaciuto, ed entrò nella stazione. C’era un’allegra stufetta a carbone nel centro della stanza. Aveva tempo per scaldarsi, prima di muoversi. Tese le mani verso la stufa.

Da un lato della stanza, una testa brizzolata lo scrutava, incuriosita, attraverso lo sportello della biglietteria. Charlie fece un cenno di saluto alla testa e la testa gli rispose con un altro cenno.

— Starà qui per un po’, signore? — chiese la testa.

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