— Un Andy? — domandò lui.
— Oh, cielo!
— Ho capito anche questo. I primi risultati androgeni. — Lei annuisce, con esitazione. — Si, abbiamo bisogno di potenza muscolare per alcuni lavori. Le Kay sono comunque piuttosto forti. Caspita! — Improvvisamente si distende, contorcendosi. — È stata dura, credimi. Non potevamo neppure cantare…
— Perché no?
— Myda era sicura che avremmo fatto qualche errore, avremmo dovuto cambiare tutte le parole. Noi cantiamo molto. — Canticchia una o due strofe.
— Che tipo di canzoni cantate?
— Oh, ogni tipo. Di avventure, lavoro, maternità, vagabondaggi, stati d’animo, preoccupazioni, giochi, tutto.
— E le canzoni d’amore? — azzarda lui. — Ne avete ancora, vero?
— Naturalmente. Come può la gente non amare? — Ma lo osserva dubbiosa: — Le storie d’amore del vostro tempo che io ho sentito sono così, come dire, così fatali. Tetre e passionali. Non sembra amore… Sì, abbiamo delle canzoni d’amore famose, e qualcuna di loro è anche triste. Come quella di «Tamil e Alcmene O»; erano due predestinate a stare insieme. Anche le Connie sono un po’ predestinate. — Gli sorride timidamente. — Ci piace stare con le Ingrid Anders. Anche se è un’esperienza unilaterale. Spero che ci sarà un’Ingrid nel mio prossimo ciclo. È così eccitante, è come un piccolo diamante. — Gli argomenti che lo interessano gli esplodono dentro in una miriade di domande. Ma Lorimer vuole prima chiarire alcuni punti oscuri. — Undicimila genotipi e due milioni di persone, vuol dire una proporzione di duecento a uno, in vostro favore. — Lei annuisce. — Suppongo che siate suddivise in una quantità di tipi.
— Sì, esistono tipo meno vitali. Ma non ne abbiamo perso nessuno fino a questo momento. Si tenta di conservare tutti i geni possibili. Abbiamo individui di tutte le razze principali e un sacco di leggere varianti. Come me: io sono una specie di miscela dei Mari del Sud. Naturalmente non sapremo mai cosa è andato perduto, ma undicimila unità non è poco. Cerchiamo di conoscerci tutte, è uno dei nostri hobby. — Un brivido penetra la sua atarassia. Undicimila… Questa è la vera popolazione della Terra. Immagina duecento donne piccole dalla carnagione olivastra, che hanno nomi di piante, che si eccitano per duecento piccole e luminose Ingrid. Duecento Judy chiacchierone, duecento Lady Blue piene di autocontrollo, duecento Margo, Myda e il resto. Rabbrividisce. Le eredi, le allegre becchine della razza umana. — Così termina l’evoluzione — dice tetramente. — Niente affatto, perché? È solo rallentata. Facciamo ogni cosa più lentamente di voi. Ci piace sperimentare le cose appieno. Abbiamo tempo. — Si stiracchia ancora, sorridendo. — C’è tutto il tempo che vogliamo.
— Ma non avete nuovi genotipi. È la fine.
— Ora ce ne sono. Durante lo scorso secolo si è studiato il modo di combinare i nuclei aploidi. Possiamo ottenere una cellula d’uovo strisciata che funziona come polline — dice orgogliosamente. — Intendo dire sperma. È un po’ complicato, alcune non vengono troppo bene, ma stiamo cercando di operare sui cromosomi X, e ne abbiamo più di cento nuovi tipi. Naturalmente è dura per le nuove nate: non hanno sorelle. Le donatrici cercano di aiutarle. — Oltre un centinaio, lui pensa. Bene. Forse… Ma la faccenda dei cromosomi X… che significa? Deve riferirsi all’epidemia. Eppure lui pensava che essa avesse colpito principalmente gli uomini… La sua mente si accinge tranquillamente a risolvere il nuovo problema, ignorando un suono che, da qualche parte, cerca di penetrare la sua calma. — Era un gene o i geni nel cromosoma X che furono colpiti — ragiona ad alta voce, — non l’Y. E il tratto letale doveva essere regressivo, vero? Così non ci dovrebbe essere stata nessuna nascita per un certo tempo, fino a quando alcuni uomini fossero stati recuperati o isolati abbastanza a lungo da produrre i gameti sani portanti l’X. Ma le donne portano per tutta la vita la loro scorta di ovuli. Non avrebbero più potuto generare. Quando esse si unirono con gli uomini recuperati, poterono essere prodotte solo femmine, dato che le donne hanno due X e il gene anormale della madre sarebbe stato compensato da un normale X del padre. Però il maschio è XY, e riceve solo l’X difettoso della madre. Quindi il difetto mortale si sarebbe invariabilmente manifestato. Il feto maschio non sarebbe sopravvissuto, ed ecco un pianeta di tutte donne e di uomini morenti. Gli ultimi uomini fecondi sono già scomparsi.
— Hai proprio capito — gli dice lei con ammirazione. Il suono sta diventando incalzante. Egli rifiuta di ascoltarlo. Ci sono in ballo cose importanti. — Così noi saremmo perfettamente a posto, sulla Terra. Nessun problema. In teoria potremmo sposarci di nuovo e avere famiglia, figlie, comunque.
— Sì — ripete lei, — in teoria. — Il suono improvvisamente fa breccia nelle sue difese. Si trasforma nella voce squillante di Bud Geirr che canta. Si capisce che è completamente ubriaco, adesso. Sembra che il suono arrivi dal giardino principale, a vasche. Quello dove coltivano la verdura, non quello sanitario. Lorimer sente rinascere la paura. Dave dovrebbe tenerlo d’occhio, ma Dave sembra essersi dileguato. Ricorda di averlo visto dirigersi verso la sala di controllo con Lady Blue.
— Oh, il sole brilla splendendo sulla leggiadra ala rossa — canta con gioia Bud. Bisogna fare qualcosa, decide Lorimer penosamente. Si muove. È uno sforzo. — Non preoccuparti — dice Connie. — Andy è con loro.
— Voi non sapete, non sapete a cosa avete dato inizio. — Si dirige verso il portello del giardino. — … Mentre lei giace addormentata un cowboy s’avvicina furtivo. — Risata generale dal portello. Lorimer fluttua attraverso il tunnel. Nel passaggio vede la luce verde. Oltre la siepe dei fagioli scorge Bud che veleggia rannicchiato seguendo Judy Paris. Andy, appeso alla gabbia delle iguana, ride.
Bud afferra una caviglia di Judy e la ferma con un volteggio, facendo attorcigliare il suo pigiama giallo. Lei sorride, mentre lui si capovolge, senza fare alcuno sforzo per liberarsi. — Questo non mi piace — bisbiglia Lorimer. — Non interferire, per favore. — Connie si è aggrappata al suo braccio, ancorando entrambi alla rastrelliera. L’allarmismo di Lorimer sembra essersi placato. Vuole vedere. Lascia che ritorni la serenità. Gli altri non li hanno notati. — Oh, c’era una volta una fanciulla indiana — Bud canta con più ritegno, — che non aveva mai paura che qualche montone glielo mettesse dentro. Hem, hem. — Tossisce ostentatamente, ridendo. — Ehi, Andy, ho sentito che ti chiamavano.
— Cosa? — dice Judy. — Io non ho sentito niente.
— Ti stanno chiamando, ragazzo. Muoviti.
— Chi? — chiede Andy, tendendo l’orecchio. — Loro, perdio! — Bud lascia andare Judy scivolando verso Andy. — Ascolta, ora sei grande. Non capisci che io e Judy abbiamo degli affari da discutere in privato? — Gira gentilmente Andy e lo spinge verso il recinto. — È la sera di Capodanno, poppante — Andy vola via passivamente attraverso la siepe. Bud è di nuovo con Judy. — Buon anno, gattina — sorride.
— Buon anno. Facevate qualcosa di speciale voi, a Capodanno? — chiede lei con curiosità. — Cosa facevamo a Capodanno? — ridacchia prendendola per le spalle. — La sera di Capodanno, sì. Perché non mostrarti qualcuna delle primitive usanze della Terra, eh? — Lei annuisce, gli occhi spalancati. — Be’, innanzi tutto ci volevamo bene l’un l’altro, così. — L’attira a sé e la bacia leggermente sulla guancia. — Cristo, che stupida cagna! — dice con una voce totalmente diversa. — Quando cominciano a piacerti anche le racchie, puoi dire di esser stato troppo a lungo fuori dal giro. Tettona, oh!… — Le sue mani giocano con la blusa di lei. È inconsapevole, comprende Lorimer. Non sa di essere stato drogato. Sta esprimendo i suoi pensieri? Probabilmente… Oddio! Lorimer si rifugia dietro l’oblò di cristallo, un osservatore nella luce protettiva dell’eternità.
Читать дальше