Falsey, occhi arrossati, alzò lo sguardo.
— Ecco, così va meglio — disse Ewell.
— È morto! — disse Falsey. — L’ha detto la radio: il medico è morto.
Ewell si strinse nelle spalle. — Occhio per occhio.
— Non volevo uccidere nessuno — disse Falsey.
— Lo so. Ma quel medico faceva il lavoro del diavolo. Lo sai, Cooter. Dio ti perdonerà.
Cooter Falsey parve riflettere su quelle parole. — Credi?
— Ma certo — disse Ewell. — Pregheremo per il Suo perdono, tu e io. E Lui lo concederà, sai che lo concederà.
— Che fine faremo, se ci sorprendono qui?
— Nessuno ci sorprenderà, Cooter. Non preoccuparti.
— Quando possiamo andare a casa? — chiese Falsey. — Non mi piace stare in un paese straniero. È stato già brutto venire a Buffalo, ma almeno era negli Stati Uniti, Se ci prendono, chissà cosa ci fanno, i canuck. Forse non ci faranno più tornare a casa.
Ewell pensò di dire che almeno in Canada non c’era la pena di morte, ma cambiò idea. Disse invece: — Ancora non possiamo varcare la frontiera. Hai sentito il notiziario: hanno già immaginato che si tratta degli stessi che hanno fatto saltare la clinica a Buffalo. Meglio stare qui per un poco.
— Voglio andare a casa — disse Falsey.
— Fidati di me — disse Ewell. — Meglio restare ancora un poco. — Esitò, incerto se fosse il momento buono per affrontare l’argomento. — E poi dobbiamo fare ancora un lavoro, quassù.
— Non voglio uccidere nessun altro. Non voglio… non posso farlo, J.D. Non posso.
— Lo so — disse Ewell. Accarezzò il braccio di Falsey. — Lo so. Ma non devi farlo, te lo prometto.
— Non lo sai — protestò Falsey. — Non puoi esserne sicuro.
— Sì, posso — replicò Ewell. — Non devi preoccuparti, stavolta non dovrai uccidere nessuno… quello che cerchiamo è già morto.
— Be’, è stata davvero una conversazione sconcertante — dissi a Hollus, quando il Wreed se ne fu andato.
I peduncoli oculari dell’alieno si incresparono in una S. — Ora capisci perché mi piace parlare con te, Tom. Almeno posso capirti.
— La voce di T’kna pareva tradotta da un computer.
— Sì. I Wreed non parlano in modo lineare. Le loro parole sono intrecciate in un modo complesso che per noi è del tutto non intuitivo. Il computer deve attendere la fine della frase e poi tenta di decifrare il significato.
Riflettei sulla spiegazione. — Qualcosa come le crittografie? Sai, quando scriviamo “lui egli stesso”, ma lo decifriamo come: la parola “lui” è accanto alle parole “egli stesso”; e ne ricaviamo: “lui non è in egli stesso”, ossia una metafora per indicare: “lui è fuori di sé, è in stato d’estrema eccitazione o agitazione”.
— Non ho mai incontrato simili enigmi — disse Hollus. — Sì, mi pare che ci sia una vaga analogia, però con pensieri molto più complessi e con relazioni fra le parole molto più intricate. La sensibilità del contesto ha estrema importanza per i Wreed: le parole hanno significato assai diverso a seconda della posizione nella frase. Molti sinonimi sembrano avere un identico significato, ma solo uno di essi è quello corretto, in un dato contesto. Abbiamo impiegato anni per imparare a comunicare verbalmente con i Wreed. Solo alcuni dei miei ci riescono senza l’aiuto del computer e io non sono fra questi. A parte le mere strutture sintattiche, i Wreed sono diversi dagli esseri umani e dai Forhilnor. Fondamentalmente non hanno il nostro processo di pensiero.
— Cosa c’è di diverso?
— Hai notato le loro appendici digitali? — Le dita? Sì. Ne ho contate ventitré.
— Le hai contate, sì — disse Hollus. — La stessa cosa che ho fatto anche io, la prima volta che incontrai un Wreed. Ma un Wreed non avrebbe dovuto contare: avrebbe semplicemente saputo che erano ventitré.
— Be’, sono le sue dita!
— No, no, no. Non avrebbe dovuto contare perché non può percepire alla prima occhiata quel livello di cardinalità. — Ballonzolò. — È divertente, ma forse ho studiato psicologia umana più di te… non che sia il mio campo, però… — Rimase di nuovo in silenzio per qualche istante. — Questo è un altro concetto che i Wreed non hanno: uno specialistico campo di tentativo.
— Sei chiaro quanto T’kna — dissi, scotendo la testa.
— Hai ragione, scusami. Riproviamo. Ho studiato psicologia umana, per quanto si possa studiare dalle trasmissioni radio e televisive. Hai contato ventitré dita su T’kna e senza dubbio è vero. Nella tua mente hai detto: uno, due, tre eccetera eccetera, fino a ventitré. E, se sei come me, probabilmente hai rifatto il conteggio, solo per essere sicuro di non avere sbagliato la prima volta.
Annuii: avevo fatto proprio così.
— Bene, se ti mostrassi un oggetto, per esempio un sasso, tu non dovresti contarlo. Ti limiteresti a percepire la sua cardinalità: sapresti che è uno. Lo stesso avviene con due oggetti. Vedi due sassi e in una sola occhiata, senza conteggiare, percepisci che sono due. Puoi farlo per tre, quattro o cinque oggetti, se rientri nella media degli esseri umani. Solo davanti a sei o più oggetti inizi realmente a contare.
— Come lo sai?
— Ho guardato un programma che ne parlava, su Discovery Channel.
— D’accordo. Ma come fu originariamente determinato?
— Con esperimenti per vedere con quanta rapidità gli esseri umani possono contare gli oggetti. Se ti mostrano da uno a cinque oggetti, per dire quanti sono impieghi all’incirca lo stesso tempo. Solo per sei o più impieghi un tempo superiore, che cresce col crescere del numero di oggetti.
— Non lo sapevo — ammisi.
— Chi vive, impara — disse Hollus. — Individui della mia specie possono usualmente percepire cardinalità fino a sei, un leggero miglioramento rispetto a voi. Ma i Wreed ci battono: un normale Wreed può percepire la cardinalità fino a quarantasei e alcuni fino a sessantanove.
— Sul serio? E cosa accade quando il numero degli oggetti è superiore? Devono contarli tutti a partire da uno?
— No, i Wreed non contano! Non sanno contare, letteralmente. O percepiscono la cardinalità o non la percepiscono. Hanno parole distinte per i numerali da uno a quarantasei e poi un’altra parola che significa semplicemente “molti”.
— Ma non hai detto che alcuni percepiscono numeri più alti?
— Sì, ma non possono precisarli; non hanno i vocaboli per farlo. I Wreed in grado di percepire cardinalità superiori hanno ovviamente un vantaggio nella competizione. Uno potrebbe proporre di scambiare cinquantadue animali domestici per sessantotto animali domestici e l’altro Wreed, meno dotato, sapendo solo che tutt’e due sono grandi quantità, non avrebbe modo di valutare l’equità dello scambio. I sacerdoti wreed hanno quasi sempre una capacità superiore al normale in questo.
— Veri cardinali della chiesa — dissi.
Hollus capì la battuta. Increspò i peduncoli oculari e commentò: — Proprio così.
— Perché supponi che non abbiano mai sviluppato la capacità di contare?
— Il nostro cervello ha solo le qualità ricevute dall’evoluzione. Per gli antenati della tua e della mia specie, c’erano effettivi vantaggi orientati alla sopravvivenza nel saper determinare quantità superiori a cinque o sei: se sette individui in collera ti bloccano la strada sulla sinistra e otto sulla destra, le tue probabilità, per quanto scarse, sono migliori se vai a sinistra. Se hai dieci membri della tribù, te compreso, e devi raccogliere frutta per il pranzo, cerca di tornare con dieci frutti, altrimenti ti farai un nemico. Anzi, portare solo nove frutti significherà rinunciare al tuo per tenere buoni gli altri, ossia un maggiore sforzo personale senza personale beneficio.
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