“Sì, ma dico sul serio. I piani alti vogliono evitare a tutti i costi qualsiasi contatto tra le due coppie scomparse. Capito? Parliamo di fine carriera qui, se vogliamo proprio dirla tutta. Ora, normalmente non me ne frega un cacchio di quello che vogliono quei rotti in culo, ma tu sei più il tipo che potrebbe puntare alla carriera, eh?”
“Farò attenzione. Grazie, John.”
Senza aggiungere neanche un ciao o un arrivederci, John chiuse la chiamata e Adele si trovò ancora una volta ad ascoltare il silenzio. Arricciò il naso e infilò il telefono in tasca, sorseggiando ancora l’acqua dal suo bicchiere mentre cercava di elaborare quello che le aveva appena detto.
“Ah, scusa?” la chiamò la Marshall dalla porta, riportando Adele all’inglese. La giovane agente agitò una mano in aria.
Adele si voltò a guardarla. “Scusami,” ripeté la Marshall in inglese. “Ma, ehm,” si schiarì la voce, “chi era?”
Adele inarcò un sopracciglio. “Pardon?”
La Marshall si irrigidì, imbarazzata, ma insistette, indicando la tasca di Adele. “Con chi stavi parlando… è solo che è importante che teniamo il coperchio chiuso su alcuni dettagli del caso. È molto importante, in realtà. Più importante che…” Si accigliò e si interruppe, ma scosse la testa e si irrigidì ancora, aspettando con ansia che Adele le desse una risposta.
Stava per dire più importante che risolvere il caso. Adele ne era sicura. Scosse la testa stancamente. “Solo le forze dell’ordine. Va tutto bene.” Accigliandosi, posò il bicchiere sul ripiano e si voltò del tutto verso l’agente Marshall. “Niente che dovrei sapere sul contesto del caso?”
Apparentemente sollevata, la Marshall sorrise educatamente ma con sguardo enigmatico dalla porta. “Contesto?”
Adele annuì. “Giusto. Tutti sembrano un po’ schivi al riguardo. Ti spiacerebbe spiegarmi perché?”
L’agente Marshall si morse il labbro e Adele socchiuse gli occhi. La giovane emanava una vibrazione da ‘innocente e priva di esperienza’, ma uno non diventava un agente del BKA senza un certo livello di scaltrezza e disciplina. Che stesse fingendo o che si trattasse semplicemente di un tratto della sua personalità, Adele non poteva dirlo, ma sarebbe stato sciocco abbassare la guardia davanti a un agente operativo appartenente a un’altra agenzia.
“Ok,” disse la Marshall schiarendosi la gola. “Non è conoscenza comune, ma uno dei motivi per cui la gente del posto vuole farlo apparire come l’attacco di un orso è per tenere gli occhi alla larga dai giornali. L’attacco di un orso? Si può dimenticare. Due coppie scomparse, però? Possibile omicidio… più difficile da scordare.”
Adele tenne lo sguardo fisso sulla Marshall, impassibile. “Perché?” chiese, semplicemente.
“Io stessa non so tutto. Ma da quello che mi hanno detto, suppongo che tu possa avere bisogno di saperlo.” Questa volta toccò alla Marshall abbassare la voce e guardarsi alle spalle. Entrò nella stanza e si chiuse dietro la porta. “C’è un altro resort, nella regione del Wettersteinspitzen . Il resort di chiama Wetter Retreat.”
“E allora?”
“E allora,” rispose la giovane, estendendo la parola più del dovuto. “Il resort verrà inaugurato domani. Capito?”
Adele sbatté le palpebre. “Un resort come questo?” Guardò ancora verso la finestra, osservando i numerosi edifici che circondavano il corpo centrale dell’hotel.
“A dire il vero, ancora più grande. E più costoso,” disse la Marshall. “Parliamo di centinaia di milioni di investimento, capisci. E se prima dell’apertura saltasse fuori che si è verificato un omicidio praticamente nel loro cortile… puoi immaginare la stampa e il disastro economico, giusto? Migliaia di posti di lavoro, turismo, infrastrutture. Tutto perso.” Scosse la testa.
Adele la fissava. Sentì un brivido freddo sul dorso delle mani mentre guardava la giovane agente. La Marshall era qui per aiutarla a risolvere il caso? O per evitare che Adele creasse guai?
Fischiò sommessamente. “Un progetto da milioni di dollari in apertura domani… Lasciami indovinare: ogni genere di politico e celebrità, eccetera… Tutta la compagnia al completo?”
“Non so cosa intendi per tutta la compagnia,” disse la Marshall. “Ma sì, ci sarà gente importante. Capito? Dobbiamo mantenere il silenzio.”
Capito? Sì, pensò Adele tra sé e sé. Stava iniziando a capire tutto molto bene. Non volevano che Adele risolvesse il caso. Volevano che lo spazzasse sotto al tappeto, che ci mettesse un coperchio sopra. O che lo risolvesse in silenzio, dietro le quinte.
“Mi pare giusto,” disse con tono netto. “Possiamo almeno parlare con la squadra di ricerca e salvataggio? Vedere la scena del crimine? Ho sentito che è successo tra i boschi: immagino sia tanto distante che non dovremmo attirare nessuna attenzione.”
La Marshall sorrise, anche se parve in parte irrigidirsi. “Sì, certo. Faccio la chiamata al capo squadra perché venga qui a parlare con noi. Ti serve qualcosa da mangiare o bere? Cibo? Posso ordinare un…”
“Sono a posto,” disse Adele interrompendola. “Vorrei vedere la scena del crimine. Hai una macchina?”
L’agente Beatrice Marshall annuì di nuovo e, senza una parola di più, si girò, spinse la porta della stanza e uscì in corridoio facendo cenno ad Adele di seguirla.
Ad Adele tornò in mente il motivo per cui aveva scelto il lato degli Stati Uniti dalla parte di San Francisco come residenza. Certe persone semplicemente non erano fatte per il freddo.
Si tirò su il cappuccio in modo da coprirsi bene le orecchie e tirò i lacci del pesante giaccone in flanella per farlo chiudere meglio attorno alla gola. Rabbrividiva contro le più deboli folate di vento gelido e non sopportava il sommesso scricchiolio della neve sotto agli scarponi. Il sentiero era stato ben pressato poco prima e Adele ne era grata. Nonostante gli scarponi che aveva ai piedi, sospettava che arrancare nella neve per i tre chilometri necessari da dove avevano parcheggiato sarebbe stato uno sforzo accompagnato dalla disperazione, oltre che dalla morsa del gelo.
Davanti a loro, Luka Porter, il capo della squadra di volontari addetti al salvataggio montano, le guidava lungo le innevate piste da sci.
“Una nevicata fresca,” disse in tedesco, voltando la testa e indicano l’aria davanti a loro con la mano guantata.
“Vedo tracce di sci: sono fresche?” chiese Adele. Si schiarì la gola, deglutendo un paio di volte e scoprendosi non solo le labbra screpolate, ma anche la gola secca.
Il Golden State le mancava. Borbottando interiormente, ma rifiutandosi di comunicare alcuna debolezza ai colleghi tedeschi, Adele seguì Luka in mezzo agli alberi fino alla fine del sentiero pressato.
L’uomo indicò con una mano la rada boscaglia. “Li abbiamo trovati lì,” disse sottovoce. Un tono cupo impregnava le sue parole. “Fatti a pezzi, davvero un lavoro orribile. Un sacco di sangue,” aggiunse. “Probabilmente sono rimasti vivi per buona parte di quel macello.” Sussultò, il volto pallido.
Adele annuì, scrutando gli alberi. Oltre alle deboli tracce di sci, che ipotizzava appartenere alla squadra di ricerca e salvataggio, c’era ben poco in materia di prove fisiche. Niente impronte digitali ritrovare, secondo il rapporto, e i corpi erano stati recuperati da tempo, o almeno ciò che ne era rimasto.
“Qual è la vostra teoria?” chiese, respirando lentamente e permettendo al proprio fiato vaporoso di salire verso gli aghi di pino che facevano da riparo al terreno, formando figure sparpagliate per mezzo delle ombre disegnate dal sole.
Luka si grattò un orecchio sotto al berretto termico. “Molto probabilmente un orso bruno,” disse. “Erano spariti da decenni dalle Alpi, ma un paio di anni fa ci sono stati degli avvistamenti. Siamo solo,” si guardò alle spalle e poi mise gli occhi sullo smartwatch che aveva al polso, “a circa tre chilometri dal resort dove alloggiavano.”
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