Blake Pierce - Non resta che uccidere

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“Quando pensi che la vita non potrebbe andare meglio di così, Blake Pierce arriva con un altro capolavoro del thriller e del mistero! Questo libro è pieno di svolte e il finale porta una sorprendente rivelazione. Lo raccomando fortemente per la biblioteca permanente di ogni lettore che ami i thriller davvero ben scritti.”. –Books and Movie Reviews, Roberto Mattos (riguardo a Quasi Scomparsa) . NON RESTA CHE UCCIDERE è il libro #4 di una nuova serie thriller sull’FBI realizzata dall’autore statunitense campione d’incassi Blake Pierce, il cui bestseller numero #1 Il Killer della Rosa (Libro #1) (scaricabile gratuitamente) ha ricevuto oltre 1.000 recensioni da cinque stelle. . Una giovane donna viene trovata a girovagare in stato confusionale in una stradina rurale in Germania, dopo essere sfuggita a un’aggressione. Se riuscirà a parlare – e a ricordare – magari potrà condurre la autorità al covo del malvivente, salvando le altre donne lì rinchiuse prima che sia troppo tardi… Mentre il caso internazionale si diffonde sempre più, coinvolgendo dozzine di vittime provenienti da molti Paesi, le autorità si rendono presto conto che c’è solo un modo per risolvere la faccenda: chiamare l’agente speciale dell’FBI Adele Sharp, con la sua tripla cittadinanza statunitense, francese e tedesca… Ma anche con la brillante mente di Adele, questo caso – che riporta in superficie ricordi troppo vicini a casa sua – potrebbe rivelarsi sfuggente… Riuscirà Adele a salvare le altre donne prima che sia troppo tardi?. Riuscirà a salvare se stessa?. Un thriller pieno zeppo di azione con intrighi internazionali e suspense che tiene incollati alle pagine, NON RESTA CHE UCCIDERE vi costringerà a leggere fino a notte inoltrata. . Il quinto #5 libro della serie – NON RESTA CHE L’ASSASSINO – è ora disponibile..

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Non poteva fare tardi. Non stasera. Doveva fare il viaggio di ritorno in tempo per poter dormire un po’ prima dell’udienza per la custodia dell’indomani.

Herman si accigliò al pensiero di ciò che la mattina seguente gli avrebbe portato, e per un brevissimo istante abbassò lo sguardo sulla foto della ragazzina dagli occhi castani attaccata con lo scotch sul cruscotto. Parte della sua frustrazione si dissolse mentre osservava la figlia, così sospesa nel tempo.

Solo un breve momento di disattenzione. Risollevò lo sguardo. E gridò.

C’era qualcuno in mezzo alla strada.

Herman si sentì gelare il sangue, sbatté il piede sul freno e ruotò lo sterzo per evitare la persona.

Le ruote fischiarono, protestando per l’improvviso cambio di direzione e velocità. Herman sentì che la cabina del camion rischiava di ribaltarsi. Il cuore gli era già saltato fuori dal petto e sembrava contorcersi da qualche parte in prossimità della gola. Il suo grido si perse nel fragoroso stridio dei freni. Il camion virò fuori strada, andando a sbattere contro uno dei lampioni. Il palo si piegò e la luce della lampadina si infranse, facendo piovere frammenti di vetro sul parabrezza.

Tre luci su sette. Herman rimase seduto immobile, tremante, il sangue che gli gocciolava dal naso. Gli ci volle qualche secondo per capire che l’airbag era esploso. Le sue mani erano ancora strette sul volante. Per un istante ebbe quasi l’impressione di non poterlo lasciare. Fissò le sue nocche. Aveva la vista offuscata e si sentiva pulsare per l’adrenalina. Le mani erano bianche. Delle gocce rosse cadevano ritmicamente sul dorso. Si portò una mano al viso e sentì un liquido caldo che usciva dal naso.

Scosse la testa e sbatté le palpebre un paio di volte. Aveva colpito la persona?

Guardò ancora attraverso il parabrezza e fu nuovamente sconvolto da quanto quelle parti della foresta fossero solitarie e desolate. Nessuno nei paraggi. Guardò da una parte all’altra della strada, allungando lo sguardo in lontananza rispetto a dove si era schiantato, e notò che non c’erano auto parcheggiate a bordo strada. Un lento brivido di paura gli attraversò la schiena.

Herman avrebbe voluto chiudersi a chiave nella cabina del camion e chiamare la polizia. Ma un piccolo e fastidioso senso di preoccupazione gli fece riabbassare lo sguardo sulla foto attaccata al cruscotto. La persona in mezzo alla strada gli era sembrata una ragazzina. Uno slancio di coraggio lo spinse sul bordo del suo sedile. Si sganciò la cintura, spinse da parte l’airbag e aprì la portiera.

Normalmente, anche se era un uomo di mezz’età, era abbastanza atletico da venire giù dal camion con un salto. Ma adesso, con le gambe tremanti, scelse di usare il gradino metallico e smontò lentamente dall’abitacolo.

Il freddo lo avvolse come una coperta. A quanto pareva, un vento gelido aveva iniziato a soffiare. Sopra a lui, il lampione che aveva colpito era morto. Quello dall’altra parte della strada, qualche centinaio di metri più indietro, lampeggiava ancora nel suo bagliore blu.

Fu in quella foschia di luce pulsante che scorse di nuovo la persona. Una donna. Una ragazza. Forse una via di mezzo tra le due. Giovane, certo non più di vent’anni. Stava in mezzo alla strada e sembrava non essersi spostata di un centimetro da dove l’aveva vista la prima volta. In piedi. Che stesse in piedi era un segno positivo. Significava che era ancora viva.

“Salve! Fräulein! ” la chiamò. “Si sente bene?” Sollevò una mano, facendosi vedere in mezzo alla statale.

La donna non si voltò. Continuava a fissare davanti a sé, rivolta verso la strada aperta.

Herman guardò da una parte e poi dall’altra, seguendo con gli occhi la strada che serpeggiava in mezzo alla foresta, seguendo una pendenza regolare. C’erano rami scuri con foglie mosse dal vento che si estendevano oltre i bordi della strada. Altri alberi erano stati tagliati, eliminati per fare spazio ai pali del telefono o per non generare pericolo lungo la statale.

Da dove era saltata fuori la ragazza? Non c’era nessun veicolo in vista.

Herman sussultò, sentendo un livido che si stava formando sulle sue costole, dove l’airbag l’aveva colpito. Il naso gocciolava ancora sangue, che si stava lentamente rapprendendo nell’incavo sopra al suo labbro superiore. Sentì un sapore amarognolo e salato mentre parte del sangue gli si infiltrava dall’angolo della bocca. Se lo asciugò con una mano, sempre avvicinandosi cautamente alla ragazza in mezzo alla strada.

Il suo camion era ancora piegato attorno al lampione, che era conciato molto peggio del veicolo. Il suo autoarticolato avrebbe potuto tornare in strada. L’autista continuò ad avanzare, una mano tesa a indicare calma. La ragazza ancora non si girava verso di lui.

A quel punto scorse il sangue.

Rivoli color cremisi scorrevano lungo le sue braccia e cadevano dalle punte delle dita finendo a terra. I suoi piedi erano callosi e screpolati, ricoperti di graffi e tagli. Non indossava scarpe, e dalla condizione in cui versavano i piedi, doveva aver corso scalza in mezzo alla foresta. C’erano degli squarci nella sottile maglietta grigia che indossava. Le braccia presentavano dei tagli. Indossava solo biancheria intima, niente pantaloni.

Herman sentì un altro brivido e fissò la ragazza, guardandola negli occhi. Alla fine lei parve notarlo, come se si fosse destata da un torpore. Lo guardò e iniziò a gridare.

Il suono riecheggiò tra colline e foreste, passando in mezzo agli alberi e allargandosi sulla statale come una cortina di ghiaccio. Con esso sopraggiunse un’orribile sensazione di gelo. Herman scosse la testa, rifiutando di permettere e se stesso di dare ascolto al proprio stomaco. Il suo istinto gli diceva di fuggire, di correre al suo camion, di entrare nella cabina e scappare via, lasciandosi alle spalle questo problema. Notò che anche le mani della ragazza erano insanguinate e con esitazione le chiese: “ Geht’s dir gut? Stai bene?”

Lei stava scuotendo la testa, tremando, il mento spinto in avanti. I suoi occhi non si erano posati su di lui fino a pochi secondi prima, ma ora sembravano non voler guardare altro. La giovane continuava a fissarlo, disperata, un’espressione implorante. Alla fine parlò.

Se la morsa del gelo poteva avere un tono di voce, sarebbe stato come quello con cui la ragazza pronunciò le sue parole. La sua voce era gracchiante e andava a intermittenza. “Per favore,” disse, disperata. Il suo tedesco rivelava un accento americano. Herman sussultò, cercando di capire. “Per favore, non permettergli di riprendermi. Per favore, non permettergli di riprendermi!”

Ora Herman era vicino a lei. Tese una mano e la tenne sospesa sopra alla spalla della ragazza. Non era sicuro se toccarla o no. Voleva confortarla, farle sapere che sarebbe andato tutto bene. Ma allo stesso tempo non voleva spaventarla. Quindi abbassò la mano e cercò invece di comunicare calore e gentilezza attraverso gli occhi. Sentiva che il naso gli sanguinava ancora, ma lo ignorò.

“Da dove sei saltata fuori, piccola?”

La ragazza tirò il bordo della sua maglietta, come se si fosse improvvisamente resa conto che era mezza nuda in mezzo alla statale. Si guardò attorno, fissando in direzione degli alberi.

“Ce ne sono altri,” disse disperata. “Lui ci tiene rinchiusi, nascosti, nessuno può trovarci. Sono riuscita a scappare a malapena. Per favore. Sono stata lì… non so per quanto tempo. Per favore, lui li ucciderà!”

La terribile sensazione che prima lo aveva fatto fremere ora si ripresentò più potente. Herman la fissò e deglutì. “Chi?”

La ragazza lo guardò e rispose: “Per favore, per favore, non permettergli di riprendermi.”

Herman cercò di placarla, mentre con la mano rovistava in tasca e si rendeva conto che il telefono era rimasto nel camion.

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