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Kate Wilhelm: La casa che usside

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Kate Wilhelm La casa che usside
  • Название:
    La casa che usside
  • Автор:
  • Издательство:
    Mondadori
  • Жанр:
  • Год:
    2004
  • Город:
    Milano
  • Язык:
    Итальянский
  • Рейтинг книги:
    4 / 5
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«Lo porto su in camera» disse.

Laura balzò in piedi. «Lo sai che non ci resto qui insieme ad altre due persone» disse, e si mise a ridere, ma nessuno rise insieme a lei.

«Questa maledetta storia durerà per tutto il fine settimana» borbottò Beth guardandoli allontanarsi. «Vorrei riuscire a trovare Gary. Devo parlargli.»

«Potrebbe essere ovunque» le rispose Milton stringendosi appena nelle spalle. «In piscina a nuotare, nella Jacuzzi, a lavorare, a dormire, a guardare il film con Maddie. In questo momento potrebbe essere impegnato a uccidere qualcuno, oppure sta per essere ucciso. Sai, pensa che tu sia qui per chiedergli il divorzio. Mi ha domandato se c’è un modo per evitarlo.»

Beth fece un respiro profondo. «E tu cosa gli hai risposto?»

«Che non è il mio campo. Beth, dovresti farti rappresentare da un avvocato. Non affrontarlo da sola.» Milton si avviò verso la porta. «A domani. Buonanotte.»

Beth finì di bere il latte riflettendo su Milton e sull’inquietante sensazione che non fosse affatto preoccupato per lei, ma piuttosto volesse evitare di assistere a una scenata durante la permanenza forzata in quella casa. Non era cambiato nulla, pensò stancamente. Avevano ancora tutti paura di Gary e delle sue sfuriate. Mise il bicchiere nella lavastoviglie. Gary era ancora sveglio, ne era certa. Non andava mai a letto prima delle due o addirittura le tre del mattino. Non si alzava mai prima dell’una, e alle due riprendeva a stento delle fattezze umane. Se non gli avesse parlato quella sera lo avrebbe rivisto soltanto il giorno seguente nel primo pomeriggio. Si sentiva così stanca che avrebbe anche potuto addormentarsi in piedi. "Cinque minuti" si disse. Se non lo trovava entro cinque minuti avrebbe lasciato perdere e sarebbe andata a dormire, ma se lo trovava avrebbero messo le cose in chiaro. Beth sorrise risolutamente. Lei e Rich, pensò, erano gli unici a non avere nulla da perdere.

Uscì dalla cucina e si diresse verso la sala tv. Prima di arrivarvi udì Maddie urlare con rabbia.

«Ti avevo detto di non includermi tra i giocatori! Davvero! Lasciami in pace!»

Beth si fermò sulla soglia a guardare. La stanza era illuminata da un gigantesco schermo sul quale stavano ballando Ginger Rogers e Fred Astaire. Il volume era stato tolto.

«Lo hai visto! L’ho colpito e tu lo sai!» urlava Gary. Bruce lo spinse bruscamente da parte e uscì a grandi passi. Beth si scansò. Bruce non si fermò nemmeno quando Gary lo inseguì urlandogli: «Figlio di puttana! Non andartene! Ti ho preso!»

«Gary!» gemette la madre.

«Non hai preso proprio nessuno, testa di cazzo!» gli urlò Bruce con una voce stridula.

Beth si premette le mani sulle orecchie, si voltò e corse via rifugiandosi nella sua stanza. Quando ebbe chiuso la porta si accorse che stava tremando, non per la paura ma per la rabbia, una rabbia che non immaginava fosse capace di provare.

3

Beth non riusciva a dormire e coprì il monitor del computer con un asciugamano, ma anche così per molto tempo le sembrò di udire dei passi prima sul balcone, poi nel corridoio e nella stanza accanto alla propria. Sapeva che tutto questo era dovuto alla sua immaginazione che continuava a lavorare anche a quell’ora, eppure non riusciva a smettere di stare in ascolto anche del minimo rumore. Poco dopo le sette si alzò, aveva il mal di testa ed era tutta indolenzita. Uscita dalla doccia, udì le quattro note della Bellringer Company e agguantò l’asciugamano scoprendo lo schermo. C’era un messaggio per lei.

BUONGIORNO, BETH. TRA POCHI MINUTI TI VERRÀ SERVITA IN CAMERA LA COLAZIONE. SONO STATE SCELTE PER TE LE VOCI CHE VEDI ILLUMINATE. SE VUOI APPORTARE DEI CAMBIAMENTI PER FAVORE SELEZIONALI DAL MENU.

Stava giusto dando una scorsa al menù quando le tende alle sue spalle si aprirono. Beth si voltò di scatto. C’era il sole e all’orizzonte, sul mare, si vedeva un banco di nebbia o di nuvole basse. Più vicino alla costa l’oceano era di un azzurro brillante e appariva calmo. «Quali sono le previsioni del tempo della giornata?» domandò a voce alta.

VUOI CHE OGGI UTILIZZI LA MODALITÀ AUDIO, BETH?

«No.» "Stavo solo facendo una prova" pensò, quindi si volse a guardare lo schermo. Le stava mostrando le previsioni del tempo che veniva annunciato soleggiato con rannuvolamenti nel tardo pomeriggio, temperatura massima venti gradi, minima sette gradi, vento da nord-est a dieci miglia all’ora con raffiche fino a venti. Si voltò verso la finestra e quando si girò nuovamente le previsioni sullo schermo erano scomparse. La osservava, pensò. Osservava e registrava ogni movimento. Decise di mangiare qualcosa e uscire. Sarebbe restata fino al pomeriggio.

Rientrò che era l’una passata. Aveva il viso arrossato dal vento e una fame da lupi. Si lavò e seguì le voci che provenivano dalla sala da pranzo dove era stato allestito un buffet con insalate, fette di salumi, formaggi e uno scaldavivande con del cibo fumante. Rich Schoen e Alexander Randall erano seduti a tavola e mangiavano, Jake Kluge si stava servendo. Quando Beth entrò sollevarono tutti lo sguardo e la conversazione s’interruppe per un istante. Rich scosse la testa e infilzò con la forchetta un pezzo di prosciutto.

«Brutto fine settimana per chi soffre di ulcera» disse. Sul tavolo c’era un grosso rotolo di copie cianografiche e Rich lo avvicinò a sé come per fare spazio a qualcun altro.

«Scusate» mormorò Beth raggiungendo Jake al buffet. D’un tratto avvertì nuovamente la consapevolezza della corporatura di Jake, di cui invece tendeva a dimenticarsi quando era seduto o in piedi in mezzo a una stanza. Era alto più di un metro e ottanta, aveva spalle larghe e un torso massiccio, ma in quello stesso istante Beth capì che non si serviva della sua stazza come un’arma, e questo era importante. Si sentiva confusa riguardo al peso che quella particolare riflessione poteva avere. In quel momento non riuscì a darsi una spiegazione, ma sapeva che era importante. Mio Dio, cosa sarebbe successo se allo smisurato ego di Gary fosse corrisposta una simile corporatura? Il solo pensiero la fece rabbrividire.

Jake le sorrise, le fece posto davanti al buffet, si voltò verso Rich e riprese la conversazione. «Quindi al momento la casa può operare su quattro modalità. Accidenti, è davvero impressionante. Sicurezza, gestione della casa, manutenzione e… giardino? Ma certo, perché no? Il computer controlla l’irrigazione automatica, la concimazione, la creazione di una dozzina di differenti microclimi. Rich, Alexander, mio Dio! Tanto di cappello.»

Rich mostrava un grande sorriso e Alexander si contorceva per l’imbarazzo e la soddisfazione. Jake era capace di avere questo effetto sulle persone, pensò Beth. Era prodigo di complimenti e sembrava non mostrare la minima invidia nei confronti dei risultati altrui. Una volta Beth aveva assistito alla fine di una partita a scacchi tra lui e Gary. Gary aveva vinto e se n’era vantato fino a diventare sgradevole, ma Jake aveva ricostruito le ultime dieci mosse per mostrarle la bellezza della trappola finale allestita dall’amico. Naturalmente Jake avrebbe accettato il folle gioco di quel fine settimana, l’avrebbe trovato eccitante e divertente esattamente come Gary. Ora però, osservandolo, Beth si rese conto che la causa della sua euforia era Smart House. Rimase nuovamente colpita da quanto Jake sembrasse più giovane con le lenti a contatto rispetto agli spessi occhiali con cui era abituata a vederlo. Quel cambiamento e il suo entusiasmo le diedero la sensazione che fosse diventato un estraneo, non più l’ospite di famiglia che di rado veniva a farle visita. L’eccitazione e la soddisfazione di Jake contagiarono anche Alexander e Rich, e Beth si sentì fuori posto, incapace di condividere le stesse emozioni.

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