Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Aveva appreso i procedimenti matematici necessari quando era stato assegnato all’istituto, nell’autunno del 1943. Era in grado di farli. Il lavoro non era impossibile perché non doveva cominciare da zero, doveva semplicemente perfezionare i dati che già possedeva, tornare indietro di qualche minuto.

Ma rimase a fissare il foglio, senza riuscire a pensare. Laura e Chris erano morti.

Senza di loro non aveva nulla.

Puoi riaverli, si disse. Dannazione, concentrati! Puoi fermare tutto prima che accada.

Si mise a lavorare di buona lena per circa un’ora. Sapeva che era improbabile che qualcuno venisse all’istituto a un’ora così tarda e lo scoprisse, ma più volte credette udire dei passi nel corridoio. Si voltò più di una volta verso il tunnel, quasi convinto che i cinque cadaveri stessero tornando dallo spazio in qualche modo rivitalizzati, per dargli la caccia.

Una volta terminati i calcoli, li controllò due volte e poi introdusse i dati nel quadro di programmazione. Tenendo in una mano la mitragliatrice e nell’altra la pistola, entrò nel tunnel e oltrepassò il punto di trasmissione…

… e ritornò all’istituto…

Rimase immobile per un momento, sorpreso, confuso. Poi oltrepassò nuovamente il campo energetico…

… e ritornò all’istituto.

La spiegazione di quel fatto lo colpì con tale forza che si sentì come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. Non poteva anticipare il suo rientro ora, perché si era già materializzato in quel punto cinque minuti dopo la sua partenza; se fosse ritornato ora avrebbe creato una situazione in cui sarebbe sicuramente stato lì a vedere se stesso che arrivava per la prima volta. Paradosso! Il meccanismo del cosmo escludeva che un viaggiatore del tempo potesse incontrare se stesso in qualsiasi punto lungo il flusso del tempo. Ogni volta che un tale viaggio veniva tentato, falliva invariabilmente. La natura disprezzava i paradossi.

Gli tornarono alla mente le parole di Chris, quando in quella squallida stanza d’albergo avevano discusso per la prima volta dell’argomento: «Paradosso! Non è una cosa fantastica, mamma? Non è incredibile? Non è grandioso?» E quella risata accattivante, infantile.

Ma doveva esserci un modo.

Tornò al quadro di programmazione, appoggiò le armi sulla scrivania e si sedette.

Grondava sudore. Si asciugò il volto sulla manica della camicia.

Doveva pensare.

Fissò l’Uzi e si chiese se almeno poteva mandarle quello. Probabilmente no. Quando era tornato la prima volta aveva con sé il fucile mitragliatore e la pistola, perciò se avesse mandato uno o l’altra quattro minuti e cinquantacinque secondi prima, sarebbero esistiti due volte nello stesso luogo, quando si sarebbe ripresentato quattro minuti e cinquantacinque secondi dopo. Paradosso.

Ma forse poteva mandarle qualcos’altro, qualcosa che proveniva da quella stanza, qualcosa che non aveva portato con sé e che perciò non avrebbe creato un paradosso.

Spostò da una parte le armi, prese la matita e scrisse un breve messaggio su un foglio di carta: «SE RIMANETE ACCANTO ALLA MACCHINA LE SS VI UCCIDERANNO. ANDATE VIA. NASCONDETEVI». Si fermò un attimo a pensare. Dove potevano nascondersi in quella piatta pianura desertica? Scrisse: «MAGARI NEL CANALONE». Strappò il foglietto dal blocco. Poi, come se ci avesse ripensato, aggiunse velocemente: «LA BOMBOLETTA DI VEXXON. ANCHE QUELLA È UN’ARMA». Aprì i cassetti del bancone alla ricerca di una bottiglia con un collo stretto, ma in quel laboratorio non c’erano recipienti di quel genere. Percorse in lungo e in largo il corridoio cercando negli altri laboratori, finché trovò ciò di cui aveva bisogno.

Tornò nel laboratorio principale e tenendo in mano la bottiglia in cui aveva introdotto il foglio di carta, entrò nel tunnel e si avvicinò al punto di trasmissione. Gettò l’oggetto attraverso il campo energetico come se fosse un uomo naufragato su un’isola che gettava in mare una bottiglia con un messaggio.

Questa volta non tornò indietro.

… ma il temporaneo vuoto fu seguito da una folata di vento caldo pregna del debole profumo alcalino del deserto. Tenendosi stretto a Laura, Chris disse: «Accidenti, hai visto che roba, mamma? Non è fantastico?»

Laura non rispose perché aveva notato una macchina bianca che aveva abbandonato la strada e stava avanzando nel deserto.

Lampi e tuoni scossero di nuovo il giorno, lasciandola senza parole, e una bottiglia di vetro apparve a mezz’aria, cadde ai suoi piedi, frantumandosi sulla roccia. Vide che all’interno c’era un foglio.

Chris afferrò il foglio fra i cocci di vetro. Con la disinvoltura abituale che dimostrava in queste faccende, esclamò: «Dev’essere di Stefan!»

Laura prese il foglio, lesse il messaggio, consapevole che la macchina bianca aveva svoltato verso di loro. Non capiva come e perché quel messaggio fosse stato inviato, ma ci credeva. Terminato di leggere, mentre continuava a lampeggiare e tuonare, udì il motore della macchina bianca.

Sollevò lo sguardo e vide il veicolo avanzare sobbalzando verso di loro, sempre più rapidamente, mentre l’autista accelerava. Erano a circa trecento metri di distanza, ma si stavano avvicinando alla massima velocità che quel terreno impervio consentiva.

«Chris, prendi i due Uzi dalla macchina. Ci incontriamo sul bordo del canalone. Sbrigati!»

Mentre il bambino correva verso la portiera aperta della Buick , Laura si affrettò verso il bagagliaio aperto. Afferrò la bomboletta di Vexxon e raggiunse Chris prima che questi arrivasse sul bordo del profondo canale che durante le piene diventava un fiume tumultuoso, mentre ora era secco.

L’auto bianca era a meno di centocinquanta metri.

«Vieni», disse Laura, portandolo verso est, lungo il bordo, «Dobbiamo trovare un modo per scendere nel canale.»

Le pareti declinavano leggermente verso il fondo, nove metri più in giù, ma solo leggermente. L’erosione aveva scavato dei canaletti verticali che portavano sul fondo del canale principale, alcuni non più larghi di qualche centimetro, altri anche di due metri. Durante un temporale, l’acqua piovana trascinava con sé i detriti del deserto, riversandoli sul fondo del canale. In alcuni la terra era stata trascinata via mettendo a nudo delle rocce che non avrebbero consentito una discesa veloce, mentre altri erano parzialmente bloccati da robusti cespugli che si erano radicati profondamente nelle pareti.

A meno di un centinaio di metri, l’auto aveva lasciato la superficie rocciosa, si era inoltrata nella zona sabbiosa, e quindi era stata costretta a rallentare.

Laura aveva percorso appena una ventina di metri lungo il bordo del canale, quando scoprì una specie di sentiero che portava direttamente sul fondo di quel fiume in secca, non ostruito da rocce o arbusti. Ciò che aveva di fronte era essenzialmente uno scivolo di terra battuta, levigato dall’acqua, largo circa un metro e mezzo e lungo nove.

Lasciò andare la bombola di Vexxon che rotolò fino a metà senza fermarsi.

Si fece dare da Chris uno degli Uzi, si voltò in direzione della macchina, che ora era a circa una settantina di metri, e aprì il fuoco. Vide che le pallottole avevano perforato almeno in due punti il parabrezza. Il resto del vetro si incrinò all’istante.

L’auto, riuscì a vedere che era una Toyota , compì un intero giro su se stessa, poi girò di altri novanta gradi, sollevando nuvole di polvere e sradicando un paio di cespugli ancora verdi. Si arrestò a una quarantina di metri dalla Buick e a circa sessanta da lei e Chris, l’estremità anteriore puntata verso nord. Sull’altro lato le portiere si spalancarono. Laura sapeva che gli occupanti stavano sgattaiolando fuori proprio dalla parte in cui non poteva vederli, rimanendo bassi.

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