Dean Koontz - Lampi

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Lampi: краткое содержание, описание и аннотация

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In una tempestosa notte di gennaio Laura Shane viene miracolosamente alla luce grazie all’intervento di uno sconosciuto che annuncia il proprio arrivo con un lampo. Il destino però ha in serbo per lei ben più terrificanti pericoli che supererà con l’aiuto del misterioso personaggio. Ma chi è l’enigmatico protettore? Nel giorno del suo tredicesimo compleanno per Laura è pronta un’agghiacciante rivelazione…

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Diede una rapida occhiata alla stanza per controllare di non avere dimenticato qualcosa che avrebbe potuto tradire la sua presenza lì quella notte. I tabulati dell’IBM erano già in tasca. La bomboletta di Vexxon era già stata da tempo inviata nel futuro. Sembrava non avesse dimenticato nulla.

Entrò nel tunnel e si avvicinò al punto di trasmissione carico di una speranza che in tanti anni non aveva mai osato nutrire. Era riuscito ad assicurare la distruzione dell’istituto e la sconfitta della Germania nazista attraverso una serie di manipolazioni del tempo e delle persone, perciò sicuramente lui e Laura sarebbero stati in grado di affrontare quell’unica squadra di SS che si trovava in qualche punto di Palm Springs nel 1989.

Immobilizzata a terra, Laura urlò: «No!» Quell’esclamazione uscì in un sussurro, perché non aveva la forza né il fiato a sufficienza per fare di più.

L’uomo aprì il fuoco su Chris e per un attimo Laura ebbe la certezza che il bambino sarebbe riuscito a evitare i proiettili correndo a zigzag. Non era che un’ultima disperata fantasia, ovviamente, perché era solo un piccolo bambino, ed era proprio a portata di tiro quando i proiettili lo colpirono, trafiggendogli la fragile schiena e gettandolo nella sabbia, dove rimase immobile in una pozza di sangue.

Se anche avesse percepito tutto il dolore del suo corpo straziato non sarebbe stato che una milionesima parte di quella lancinante angoscia che la colse alla vista del corpo senza vita di suo figlio. Attraverso tutte le tragedie della sua vita, non aveva conosciuto un dolore uguale. Era come se tutte le perdite che aveva subito — la madre che non aveva mai conosciuto, il padre, Nina Dockweiler, la piccola Ruthie e Danny, per il quale avrebbe dato volentieri la sua vita — si rinnovassero in questa nuova brutalità che il destino le aveva riservato, perciò non solo sentì il lancinante dolore per la morte di Chris, ma percepì ancora una volta la terribile agonia di tutte le morti precedenti. Giaceva paralizzata e insensibile ma in un profondo tormento, spiritualmente lacerata, emotivamente spezzata sull’odiosa ruota del destino. Non era più in grado di essere coraggiosa, non era più in grado di sperare o di prendersi cura di qualcuno. Suo figlio era morto. Non era riuscita a salvarlo e con lui tutte le prospettive di gioia erano morte. Si sentì terribilmente sola in un freddo e ostile universo. Ora l’unico suo desiderio era morire. Entrare nel vuoto, nell’infinito nulla. Porre fine a quel tormento.

Vide l’uomo che si avvicinava.

Laura disse: «Mi uccida. Per favore mi uccida». Ma la sua voce era così debole che probabilmente lui non la udì.

Qual era il significato della sua vita? Qual era stato il senso di tutte le tragedie che aveva dovuto sopportare? Perché aveva dovuto soffrire e continuare a vivere se tutto doveva finire in quel modo? Qual era la coscienza crudele che stava dietro l’operato dell’universo, che la costringeva a lottare in una vita travagliata che alla fine risultava non aver alcun significato o scopo apparente?

Christopher era morto.

Sentì le lacrime rigarle il volto, ma quello era tutto ciò che riusciva a sentire fisicamente, quello e la durezza della roccia contro la guancia destra.

In breve l’uomo la raggiunse dominandola dall’alto e le sferrò un calcio nel fianco. Laura non sentì assolutamente nulla.

«Mi uccida», mormorò.

Si sentì improvvisamente terrorizzata al pensiero che il destino avrebbe cercato di riproporre anche troppo fedelmente il modello che era stato predestinato e in quel caso le sarebbe stato permesso di vivere ma solo sulla sedia a rotelle dalla quale Stefan l’aveva salvata quando aveva modificato le circostanze della sua nascita. Chris era il figlio che non aveva mai fatto parte dei piani del destino e ora era stato cancellato dall’esistenza. Ma lei avrebbe anche potuto non esserlo, perché nel suo destino era scritto che doveva vivere come storpia.

In quel momento vide davanti a sé il suo futuro: viva, paraplegica, condannata su una sedia a rotelle, ma intrappolata in qualcosa di molto più tremendo, intrappolata in una vita di tragedia, di amari ricordi, di infinito dolore, nell’intollerabile desiderio di suo figlio, di suo marito, di suo padre e di tutte le altre persone che aveva perso.

«Oh, Dio, la prego, la prego mi uccida!»

L’uomo che la stava scrutando dall’alto sorrise e disse: «Be’, devo essere un messaggero di Dio».

Rise in modo sgradevole. «Comunque, esaudirò la sua preghiera.»

Ci fu un saettare di lampi e rombi di tuono nel deserto.

Grazie ai calcoli ottenuti attraverso il computer Stefan tornò nel punto esatto del deserto da cui era partito. Esattamente cinque minuti dopo la sua partenza. La prima cosa che vide nell’accecante luce del deserto fu il corpo insanguinato di Laura e l’ufficiale delle SS accanto a lei. Poi, un po’ più in là, vide Chris.

L’uomo armato reagì ai tuoni e ai lampi, e cominciò a girarsi da una parte all’altra alla ricerca di Stefan.

Stefan premette il bottone sulla sua cintura per tre volte. La pressione dell’aria aumentò immediatamente; l’odore di cavi elettrici bruciati e di ozono riempì la zona.

Il criminale lo scorse, alzò il fucile mitragliatore e aprì il fuoco, dapprima a vuoto, poi spianò l’arma direttamente su di lui.

Prima che le pallottole potessero colpirlo, Stefan scomparve dal 1989 e tornò all’istituto, alla sera del 16 marzo 1944.

«Merda!» esclamò Klietmann quando vide che Krieger era svanito nuovamente nel flusso del tempo, illeso.

Bracher aveva lasciato il suo nascondiglio dietro la Toyota e stava arrivando correndo e gridando: «Era lui! Era lui!»

«Lo so che era lui», disse Klietmann quando Bracher lo raggiunse. «Chi altri poteva essere, Cristo risorto per la seconda volta?»

«Ma che cosa sta architettando?» chiese Bracher. «Perché è tornato indietro? Che cosa sta succedendo qui?»

«Non lo so», rispose Klietmann irritato. Poi rivolse lo sguardo alla donna gravemente ferita e le disse: «Tutto ciò che so è che ha visto lei e il cadavere di suo figlio e non ha neanche cercato di uccidermi per ciò che le ho fatto. Ha tagliato la corda, pensando bene di salvare la pelle. Che cosa pensa del suo eroe adesso?»

Laura non faceva che pregarlo di ucciderla.

Klietmann si allontanò di qualche passo dalla donna e disse: «Bracher, fatti in là».

Bracher si spostò e Klietmann fece partire una raffica di dieci o venti colpi, che raggiunsero la donna, uccidendola sul colpo.

«Avremmo potuto interrogarla», disse il caporale Bracher. «Farle delle domande su Krieger, su ciò che stava facendo qui…»

«Era paralizzata», spiegò Klietmann con impazienza. «Non riusciva a sentire nulla. Le ho dato un calcio nel fianco e devo averle rotto qualche costola e lei non ha neanche gridato. Non puoi costringere qualcuno a parlare quando non sente neanche il dolore.»

16 marzo 1944. L’istituto.

Stefan balzò fuori dal tunnel e corse al quadro di programmazione. Il cuore gli batteva in petto come il martello di un maniscalco. Dalla tasca tirò fuori il foglio in cui erano scritti i dati elaborati con il computer e lo aprì sulla piccola scrivania.

Si sedette, prese una matita e da un cassetto estrasse un blocco. Le mani gli tremavano tanto che fece cadere la matita per ben due volte.

Aveva già i dati che gli consentivano di tornare in quel deserto cinque minuti dopo che ne era partito. Da quelle cifre poteva risalire a nuovi dati che lo avrebbero riportato nello stesso luogo quattro minuti e cinquantacinque secondi prima, cioè solo cinque secondi dopo che aveva lasciato Laura e Chris.

Se fosse tornato solo dopo cinque secondi, gli assassini delle SS probabilmente non avevano ancora ucciso Laura e il bambino. Stefan avrebbe potuto dare il suo contributo e forse sarebbe stato sufficiente a mutare il destino.

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