Николай Лилин - Сибирское воспитание

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Сибирское воспитание: краткое содержание, описание и аннотация

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В 1938 году по приказу Иосифа Сталина из Сибири в приднестровский город Бендеры ссылают общину урок. Урки — это не обычные воры или бандиты, а древний сибирский клан благородных преступников, фактически отдельная малая народность. Они живут в строгом соответствии с собственным моральным кодексом, в котором, в частности, говорится, что настоящие урки обязаны презирать власть, какой бы она ни была, царской, коммунистической или капиталистической. Урки грабят сберкассы, товарняки, корабли и склады, но живут очень скромно, тратя награбленное лишь на иконы и оружие. Они зверски расправляются с милиционерами, но всегда приходят на помощь обездоленным, старикам и инвалидам. Чуть ли не с пеленок учатся убивать, но уважают женщин.
В 1980 году в одной из наиболее авторитетных семей этой общины рождается мальчик Николай (позже ему дадут прозвище Колыма). Книга написана от его лица. На обложке говорится, что это автобиография, а Николай Лилин — «потомственный сибирский урка». Первое оружие, первая сходка, первая отсидка, парочка убийств, гибель друзей, вторая отсидка, обучение ремеслу тюремного татуировщика — вот и вся канва.

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Stando sempre voltati, Gagarin ha spiegato ai georgiani che avevano commesso un grave errore di comportamento: avevano offeso i minorenni di un altro quartiere mentre stavano svolgendo un compito sacro per la loro comunità, un compito che doveva essere rispettato da ogni comunità criminale.

— Rinuncio alla responsabilità di condurre trattative con voi, — ha aggiunto. - E se volete spararci alla schiena fate pure. Altrimenti ritiratevi. Nei prossimi giorni presenteremo la questione alle autorità di Fiume Basso, per chiedere giustizia.

Gagarin ha concluso con un colpo da maestro: ha chiesto i loro nomi. In questo modo ha sottolineato un altro errore commesso dai georgiani, poco grave ma abbastanza significativo. I criminali dignitosi si presentano, si salutano e si augurano ogni bene anche prima di ammazzarsi.

Il georgiano non ha risposto subito: era evidente che l’acquisto stava funzionando. Poi si è presentato come il fratel lo di un altro, un criminale giovane molto vicino al Conte, e ha detto:

— Per questa volta vi lascio andare, ma solo per non complicare le relazioni già difficili tra le nostre comunità.

— Beh, — l’ha rimbeccato Gagarin con ironia, — mi pare che tu hai fatto già abbastanza per appesantire la situazione: tua e di chi sta sopra di te.

Senza salutarli siamo andati verso le nostre macchine. Quando siamo ripartiti erano ancora lì, sotto il faro, a parlottare tra di loro. Evidentemente non riuscivano ancora a capire cos’era successo.

Ma tutto gli si sarebbe chiarito ben presto.

Per l’esattezza tre giorni dopo, quando Gagarin, io, Mei e Muto abbiamo fatto formalmente «richiesta» a nonno Kuzja per offesa del gruppo e minacce.

Dopo le trattative diplomatiche con i criminali di varie zone della città, quei balordi sono stati puniti dagli stessi georgiani, stanchi del pesante boicottaggio da parte delle comunità di altri quartieri. So di preciso che della gente del Centro ha minacciato di chiudere tutti i negozi che i georgiani gestivano nella loro zona.

Il ragazzo magro che aveva parlato con noi è scomparso nel nulla. Qualcuno diceva che era stato sepolto in una doppia tomba: era cosi che si nascondevano i cadaveri scomodi, mettendoli nella stessa tomba di un altro. Era un modo sicuro per far sparire la gente. Nella tomba di un vecchietto qualsiasi potevano esserci più persone date per disperse dalla loro stessa comunità.

Lasciato Caucaso, abbiamo puntato verso il Centro, dove volevamo raccogliere altre informazioni sugli strani aggressori visti da Mino e dai suoi amici. Bisognava scoprire se c’entravano qualcosa con il nostro tristissimo e disperato caso.

La strada tra Caucaso e il cuore di Bender passava da un quartiere chiamato Balka, che in russo significa semplicemente «trave di legno», ma in gergo criminale vuol dire cimitero. Si era guadagnato quel nome per il semplice fatto che una volta li si trovava il vecchio cimitero ebraico polacco. E proprio attorno al cimitero — mi raccontava mio nonno — era nato e poi si era allargato, dagli anni Trenta in poi, il quartiere ebraico.

Non potevo passare per Balka senza ricordare ogni volta la storia bellissima e terribile che mi raccontava mio nonno. E che adesso racconto a voi.

La guida spirituale della comunità ebraica di Balka era un anziano che si chiamava Moisa. Secondo la leggenda era stato il primo ebreo ad arrivare in Transnistria, e grazie al suo carattere e alla forte personalità si era guadagnato la stima di tutti. Aveva tre figli maschi e una figlia femmina, come si dice da noi «da sposare», cioè una giovane donna che non aveva nessun compito sociale tranne quello di badare alla casa e imparare a obbedire al futuro marito, crescere i suoi figli e, sempre come diciamo noi, a «tossire nel pugno», cioè dimostrare sottomissione totale.

La figlia del rabbino si chiamava Zilja, ed era una ragazza molto bella, con due grandi occhi azzurri. Aiutava la madre a gestire un negozio di stoffe in Centro, e parecchi clienti entravano solo per la gioia di stare un attimo con lei. Molte famiglie ebraiche avevano fatto al rabbino domanda di matrimonio per i loro figli, ma lui non accettava nessuno, perché tanti anni prima, quando Zilja era appena nata, aveva già promesso la sua mano a un giovane di Odessa, figlio di un suo amico.

Tra ebrei si usava fare matrimoni combinati, su iniziativa dei padri delle famiglie interessate a unire la loro stirpe; in queste tristi occasioni gli sposi non sapevano niente l’uno dell’altra, e raramente erano d’accordo con la scelta dei loro genitori, ma non osavano contraddirli e soprattutto non osavano andare contro le tradizioni: anche perché chi lo faceva sarebbe stato espulso dalla comunità per sempre. Così accettavano con grande dolore il loro destino, e tutta la loro vita diventava un’eterna tragedia. Era un’usanza così nota che anche tra noi siberiani ironizzavamo sull’infelicità delle donne ebree, chiamando qualunque situazione disperata e triste «moglie ebrea».

Zilja sembrava già bell’e convinta. Come un’ebrea perfetta accettava, senza ribellarsi al padre, l’idea del matrimonio con un uomo che aveva vent’anni più di lei e — a quanto si diceva — anche molti difetti.

Finché un giorno nel negozio non è entrato Svjatoslav', un giovane criminale siberiano appena arrivato in Transnistria. Faceva parte della banda di un famoso criminale chiamato «Angelo», che per più di dieci anni aveva terrorizzato i comunisti rapinando treni in Siberia. Svjatoslav' era rimasto ferito in uno scontro a fuoco, e i suoi amici lo avevano mandato in Transnistria per la convalescenza. Gli avevano dato del denaro per la comunità dei siberiani, che lo aveva accolto senza problemi. Svjatoslav' non aveva famiglia, i suoi genitori erano morti. Per farla breve, Svjatoslav' si è innamorato di Zilja, e anche lei si è innamorata di lui.

Per non andare contro le regole umane, si è presentato a casa del rabbino Moisa e gli ha chiesto la mano di sua figlia, ma quello lo ha trattato male, pensando che era un poveraccio perché aveva un aspetto modesto, e seguendo la legge siberiana non manifestava il suo benessere.

Dopo aver subito quelPumiliazione, Svjatoslav' si è rivolto al Guardiano di Fiume Basso, che a quei tempi era un criminale di nome Sidor, chiamato «Zampa di lince», un anziano Urea siberiano. Dopo aver ascoltato la questione, Zampa di lince ha pensato che l’ebreo poteva essersi comportato cosi perché forse aveva avuto dei dubbi sulle possibilità economiche di Svjatoslav', e allora gli ha suggerito di non disperarsi, di tornare dal rabbino con dei gioielli da offrire in regalo alla figlia.

L’usanza siberiana vuole che sia lo sposo stesso a fare domanda di matrimonio, ma accompagnato da qualcuno di famiglia о in casi estremi da un vecchio amico. Cosi, per rispettare la legge, Zampa di lince ha proposto a Svjatoslav' di accompagnarlo lui stesso in quel suo secondo tentativo. Si sono presentati a casa del rabbino con molti gioielli preziosi, e hanno spiegato nuovamente la questione, ma per la seconda volta il rabbino li ha maltrattati, permettendosi persino di offender li. Prendendo i gioielli in mano ha fatto finta di bruciarsi il palmo, facendoli cadere per terra, e quando gli ospiti gli hanno domandato che cosa Г aveva scottato, lui ha risposto:

«Il sangue umano di cui sono coperti».

I due siberiani se ne sono andati, sapendo già cosa fare. Zampa di lince ha dato a Svjatoslav' il permesso di portare a vivere nel quartiere siberiano la figlia del rabbino, se lei era d’accordo.

La bella Zilja è fuggita di casa la notte stessa. Per la legge siberiana non doveva portare nessun bene dalla casa del padre all’infuori di se stessa, cosi Svjatoslav' le aveva procurato persino dei vestiti per la fuga.

II giorno dopo il rabbino ha mandato dei criminali ebrei a trattare con i siberiani. Zampa di lince ha spiegato a quegli uomini che secondo la nostra legge ogni persona che raggiunge i diciotto anni è libera di fare quello che vuole, ed è un grande peccato opporsi, soprattutto quando si parla della formazione di una nuova famiglia e di amore, che sono due cose volute da Dio. Gli ebrei hanno voluto dimostrare la loro prepotenza e hanno minacciato di morte Zampa di lince. A quel punto lui non ci ha più visto, ne ha ammazzati tre all’istante con una sedia di legno; all’ultimo ha rotto un braccio e lo ha mandato dal rabbino Moisa con queste parole:

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