C’era più di un particolare che mi induceva a riflettere. La questione dell’informatore nella polizia, per esempio. Io e Rachel avevamo dato per scontato che nella polizia o nell’FBI ci fosse qualcuno che raccontava a Bacard e soci delle nostre mosse. Ma se a uccidere Monica era stata Stacy, questa teoria non stava in piedi. Per non parlare del fatto che mia moglie era stata trovata nuda. Forse ora capivo il perché, ma certo Stacy non si sarebbe mai sognata di spogliare sua cognata.
Ma il vero catalizzatore fu il calendario, nel momento in cui, guardandolo, mi resi conto che era mercoledì.
La tragedia in casa mia era successa di mercoledì. In quei diciotto mesi c’erano stati ovviamente moltissimi mercoledì. Un giorno della settimana è qualcosa di abbastanza innocuo: ma adesso, dopo aver saputo certe cose, dopo che il mio cervello aveva elaborato tutti quei nuovi dati, alcune caselle vuote cominciarono a riempirsi. Tutti quei piccoli interrogativi, quei piccoli dubbi, tutte quelle idiosincrasie, tutti quei momenti che avevo dato per scontati senza darmi la pena di esaminarli… tutti modificarono leggermente la propria fisionomia. E ciò che vidi fu addirittura peggio di quanto avessi immaginato.
Ero tornato a Kasselton, a casa mia, dove tutto aveva avuto inizio.
Mi serviva una conferma e telefonai a Tickner.
«A me e a mia moglie hanno sparato con due calibro 38, vero?» gli chiesi.
«Sì.»
«Ed è certo che si trattasse di due pistole diverse?»
«Sicuro.»
«E una delle due era la mia Smith and Wesson?»
«È una cosa che sa già, Marc.»
«Avete già ricevuto tutte le perizie balistiche?»
«Quasi tutte.»
Mi inumidii le labbra preparandomi alla domanda successiva, nella speranza folle di sbagliarmi. «Contro chi ha sparato la mia pistola: me o Monica?»
Lui si fece evasivo. «Perché adesso mi fa questa domanda?»
«Curiosità.»
«Già, giusto. Aspetti un momento.» Lo udii scartabellare dei fogli ed ebbi l’impressione che la gola mi si potesse chiudere da un momento all’altro. Stavo per riattaccare. «Sua moglie.»
Quando sentii l’auto che si fermava davanti a casa mia, riattaccai. Lenny girò la maniglia e aprì la porta, senza bussare. Ma lui non bussava mai.
Me ne stavo seduto sul divano, la casa era silenziosa, tutti i suoi fantasmi dormivano. Lui teneva in mano due bicchieri di Slurpee e sfoggiava un gran sorriso. Mi chiesi quante volte avevo visto quel sorriso. Me lo ricordavo più simile a un ghigno, me lo ricordavo con l’apparecchio ortodontico. Me lo ricordavo insanguinato, dopo che Lenny aveva sbattuto contro un albero scendendo insieme a me su uno slittino lungo il pendio dietro la casa dei Goret. Ripensai alla volta in cui, facevamo la terza elementare, Lenny saltò sulla schiena di Tony Merruno, un bambino grande e grosso che voleva picchiarmi: ora ricordo che in quella circostanza Tony Merruno gli mandò in pezzi gli occhiali, ma non credo che Lenny se la prese più di tanto.
Lo conoscevo così bene. O forse non lo conoscevo affatto.
Quando Lenny mi guardò, il sorriso scomparve dal suo volto.
«Quella mattina, Lenny, dovevamo andare a giocare a racquetball, ricordi?»
Lui posò sul tavolo i bicchieri.
«Tu non bussi mai ma apri direttamente la porta, come hai fatto adesso. Che cos’è successo allora quella mattina, Lenny? Sei venuto a prendermi, hai aperto la porta.»
Prese a scuotere la testa, ma ormai lo sapevo.
«Le due pistole, Lenny. È questo che ti ha tradito.»
«Non so di che cosa tu stia parlando.» Ma nella sua voce non c’era convinzione.
«Pensavamo che Stacy non fosse riuscita a procurare a Monica una pistola, che mia moglie cioè avesse sparato con la mia. Non è andata così invece, sai. Ho appena controllato le perizie balistiche. È buffo, non mi hai mai detto che a Monica avevano sparato con la mia pistola, e a me invece con l’altra.»
«E allora?» Lenny si era trasformato nell’avvocato. «Questo non significa nulla, forse Stacy gliel’aveva trovata davvero una pistola.»
«Ed è stato così, infatti.»
«E allora i conti tornano.»
«Spiegami come.»
Cambiò posizione. «Forse Stacy aveva procurato a Monica una pistola. Monica ti spara con quest’arma e quando, dopo pochi minuti arriva Stacy cerca di sparare anche a lei.» Lenny si avvicinò alle scale come per darmi una dimostrazione di quanto stava dicendo.
«Stacy corre su, Monica spara e questo spiegherebbe il foro di proiettile.» Mi indicò con il dito il punto con il foro riempito di stucco. «Stacy va in camera da letto, prende la tua pistola, ridiscende e spara a Monica.»
Lo guardai. «È così che è andata, Lenny?»
«Non lo so. Voglio dire, potrebbe essere andata così.»
Attesi un momento, lui si girò dall’altra parte. «C’è un particolare» dissi.
«Quale?»
«Stacy non sapeva dove tenevo la pistola e non sapeva nemmeno la combinazione della cassetta di sicurezza.» Mi avvicinai a lui di un passo. «Tu invece lo sapevi, Lenny, perché era lì che tenevo tutte le mie carte legali. Ti avevo affidato tutto. Ora quindi voglio la verità. Monica mi ha sparato, tu sei arrivato e mi hai visto sul pavimento. Pensavi che fossi morto?»
Lenny chiuse gli occhi.
«Fammi capire, Lenny.»
Lui scosse lentamente la testa. «Tu credi di amare tua figlia, ma non hai idea di che cosa significhi. L’amore cresce giorno dopo giorno e più passa il tempo più il tuo legame con un figlio si fa stretto. L’altra sera, tornando a casa dallo studio, ho trovato Marianne che piangeva perché alcune bambine l’avevano presa in giro a scuola. Sono andato a letto con il cuore pesante e mi sono reso conto in quel momento che posso essere felice solo come il mio figlio più triste. Capisci che cosa intendo dire?»
«Dimmi che cos’è successo quella mattina.»
«In pratica hai capito tutto. Arrivai a casa tua e aprii la porta, Monica parlava al telefono e aveva in mano la pistola. Corsi verso di te, non riuscivo a crederci, ti tastai il polso ma…» Scosse di nuovo la testa. «Monica prese a urlarmi dietro, diceva che non avrebbe permesso a nessuno di portarle via la sua bambina. Mi puntò la pistola contro. Cioè, Cristo, ero certo che stavo per morire. Allora rotolai sul pavimento e poi salii di corsa le scale. Ricordavo che tenevi una pistola di sopra. Lei mi sparò.» Indicò di nuovo il foro nel muro. «È li che si è conficcato il proiettile.»
Si fermò a prendere fiato. Attesi.
«Ho preso la tua pistola.»
«Monica ti ha inseguito su per le scale?»
La sua voce si era fatta dolce. «No.» Poi cominciò a battere le palpebre. «Forse avrei dovuto tentare di telefonare, forse sarei dovuto scappare. Non lo so. Ci ho pensato e ripensato centinaia di volte, cercando di immaginare quello che avrei dovuto fare. Ma sul pavimento c’era il mio migliore amico, morto, e quella maledetta pazza gridava che si sarebbe portata via tua figlia, la mia figlioccia. Mi aveva già sparato una volta e non sapevo che cosa avrebbe potuto fare.»
Distolse lo sguardo.
«Lenny?»
«Non lo so che cos’è successo, Marc. Davvero non lo so. Sono sceso senza farmi sentire, lei stringeva ancora la pistola…» La sua voce si affievolì lentamente.
«E quindi le hai sparato.»
«Non volevo ucciderla o, almeno, non credo. Ma all’improvviso eravate tutt’e due morti, a terra. Stavo per chiamare la polizia, ma poi mi sono reso conto che le apparenze erano contro di me. Avevo sparato a Monica da un’angolazione insolita e quelli avrebbero potuto sostenere che quando l’ho colpita mi stava dando le spalle.»
«Pensavi che ti avrebbero arrestato?»
«Naturalmente, la polizia mi odia, sono un penalista di successo e faccio assolvere i miei clienti. Secondo te, che cosa sarebbe accaduto?»
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