«Dov’è Jim?» domandò la sposina mentre serviva le uova alla sorella.
«Di sopra» fece Ellery, afferrando un crostino.
Jim riapparve in quel momento in cima alle scale; era sempre pallido, ma perfettamente padrone di sé. Portava il cappotto, e aveva in mano varie lettere chiuse.
«Jim, c’è qualcosa che non va?»
«Non ho mai visto una donna così sospettosa!» rise Jim. «Che cosa dovrebbe esserci accaduto? Mamma mia, devo andare!» esclamò poi baciando la moglie. «Eccoti la posta. La solita roba. Be’: arrivederci, Pat; arrivederci, Smith!»
Poco dopo, Ellery si allontanò con la scusa di fare una passeggiatina nei boschi. Mezz’ora dopo, Pat lo raggiunse. Si guardava continuamente attorno come se avesse paura d’essere seguita.
«Mamma mia!» esclamò. «Credevo che non sarei mai riuscita a liberarmi di Nora.»
Ellery aspirò una boccata di fumo pensosamente.
«Pat, dobbiamo leggere la lettera che Jim ha ricevuto.»
«Ellery… ma come finirà tutto questo?»
«Jim è tremendamente scosso. Non può essere una coincidenza. Non so ancora come, ma la lettera di stamattina è collegata col resto del problema. Non può indurre Nora a uscir di casa?»
«Stamattina va in città con Alberta a fare qualche spesa. Ecco il tassì della stazione!»
Il signor Queen spense con cura la sigaretta.
«Benissimo, andiamo» disse.
Pat balzò in piedi: le mani le tremavano.
«Ho vergogna di me stessa» si lagnò. «Ma come potremmo fare, altrimenti?»
«Temo che non troveremo niente» borbottò Ellery mentre entravano in casa di Nora. «Ma sarà meglio dare ugualmente un’occhiata.»
Nello studio di Jim, Pat si appoggiò alla porta con aria stanca. Ellery annusò l’aria e andò direttamente al caminetto. Sul focolare c’era un minuscolo mucchietto di cenere.
«L’ha bruciata!» esclamò Pat.
«Ma non abbastanza bene.»
«Ellery, ha trovato qualcosa!» Pat attraversò di corsa la stanza.
Ellery stava esaminando con grande attenzione un frammento di carta spiegazzata.
«È un pezzetto della busta?»
«Il lembo posteriore. L’indirizzo del mittente. Ma l’indirizzo è bruciato. Rimane solo il nome.»
Pat lesse:
«Rosemary Haight. È la sorella di Jim.» La ragazza allargò smisuratamente gli occhi. «Rosemary, la sorella di Jim! Ellery, quella delle tre lettere!»
«È possibile che…?» Ellery s’interruppe.
«Stava per domandare se è possibile che ci fosse una prima lettera? Una lettera che noi non abbiamo trovato perché era già stata spedita? E questo è quel che rimane della risposta della sorella.»
«Sì.» Ellery infilò il pezzetto di carta nel portafogli. «Ma, ripensandoci bene, non ne sono tanto sicuro. Perché la risposta della sorella dovrebbe preoccuparlo tanto, se le cose stessero così? No, Pat: dev’esserci qualcosa di diverso, qualcosa di nuovo.»
«Ma che cosa ?»
«È appunto questo che dobbiamo scoprire» affermò il signor Queen. Si guardò intorno e prese la ragazza per un braccio. «Andiamocene di qui.»
Quella sera tutti erano seduti sotto il portico di casa Wright, osservando il vento che giocava con le foglie morte sul prato. John e suo genero discutevano con ardore la campagna elettorale per la presidenza.
«John, sai bene che non mi piacciono le discussioni politiche!» si lagnò Hermy. «Mamma mia, voi uomini vi scaldate tanto…»
Jim sogghignò.
«Benissimo, mammina; basta, non parliamone più.» Fece una breve pausa, poi soggiunse con aria noncurante: «Oh, a proposito, Nora: ho ricevuto una lettera da mia sorella Rosemary stamattina.»
«Davvero?» Nora era allegrissima. «Ma che bellezza. Che cosa dice, caro?»
Pat si accostò ad Ellery, al buio, e si sedette ai suoi piedi. Il giovane le appoggiò una mano sul collo: era umido di sudore.
«Le solite cose» proseguì Jim. «Dice che avrebbe piacere di conoscerti… di conoscere tutti i tuoi… e via di seguito.»
«E come no?» fece Hermy. «Anche noi siamo ansiosi di conoscere tua sorella, Jim. Ha intenzione di venirci a trovare?»
«Ecco… avevo pensato di chiederglielo, ma…»
«Oh, Jim!» esclamò Nora. «Ti ho chiesto mille volte d’invitare tua sorella a Wrightsville! Se mi dai l’indirizzo le scriverò questa sera stessa.»
«Non disturbarti, cara; scriverò io.»
Quando rimasero soli, circa un’ora dopo, Pat disse ad Ellery:
«Nora aveva paura.»
«Già. È un problema. Naturalmente si trattava della lettera che Jim ha ricevuto stamattina.»
«Ellery, Jim ci nasconde qualcosa.»
«Non c’è dubbio.»
«Se sua sorella Rosemary gli ha scritto che voleva venire qui in visita, o gli ha detto qualcosa di altrettanto normale… perché Jim ha bruciato la sua lettera ?»
Il signor Queen rimase in silenzio per lungo tempo. Finalmente borbottò:
«Vada pure a dormire, Patty. Ho bisogno di pensare.»
L’otto novembre, quattro giorni dopo che Franklin Delano Roosevelt era stato eletto presidente degli Stati Uniti per la terza volta, la sorella di Jim Haight giunse a Wrightsville.
“La signorina Rosemary Haight” scriveva la cronista mondana del giornale locale “era elegantemente abbigliata in un completo da viaggio di camoscio, di colore neutro. Portava una ricca cappa di volpi azzurre, accompagnata da un cappellino verde bordato di volpi, con accessori verdi…”
Il signor Ellery Queen, per caso, quella mattina aveva fatto una passeggiata alla stazione di Wrightsville. Vide così Rosemary Haight, seguita da un facchino che portava il suo bagaglio, scendere dal treno e restare un attimo in posa, al sole, come una stella del cinema. La vide poi avvicinarsi a Jim e baciarlo, poi voltarsi radiosa verso Nora e porgerle la guancia. Gli occhi del signor Queen si rannuvolarono.
Quella sera stessa, a casa di Nora, ebbe modo di consolidare la sua prima impressione. Evidentemente, Rosemary non era una ragazza di campagna, emozionata da un lungo viaggio: era un prodotto stracittadino, insolente e annoiato, che cercava di nascondere il suo tedio alla meno peggio. Inoltre era pericolosamente bella.
Hermy, Pat e Nora la presero immediatamente in antipatia; Ellery se ne accorse subito dall’estrema cortesia con la quale la trattavano. John era affascinato, vivace e galante. Più di una volta Hermy lo rimproverò con un’occhiata silenziosa. Quella notte Ellery perse varie ore di sonno cercando di far quadrare la signorina Rosemary Haight nel grosso problema che gli si presentava, ma non venne a capo di nulla.
In quei giorni Jim cominciò ad avere molto da fare alla banca, e lasciò il problema d’intrattenere la sorella a Nora. Non era un compito facile perché, come Pat ebbe a dire ad Ellery, Rosemary assumeva verso tutto e tutti un’aria superiore e sprezzante.
Bisognò sopportare l’assalto delle signore della città, e la lunga sequela di feste in onore dell’ospite. Le pettegole locali si misero immediatamente in azione. Emmeline Du Pré diceva che Rosemary Haight aveva un’aria ambigua e Clarice Martin riteneva che i suoi abiti fossero troppo audaci; e la signora Malensky dichiarò in tono categorico ch’era una sgualdrina nata, e che tutti gli uomini che le giravano intorno erano degli idioti. A Hermy Wright riuscì molto difficile difenderla perché, sotto sotto, era dello stesso parere.
«Vorrei che se ne andasse» sospirò Pat a Ellery alcuni giorni dopo l’arrivo di Rosemary. «Non è una cosa orribile? Ma io la dico ugualmente. E pensare che ora ha mandato a prendere i suoi bauli!»
«Ma io credevo che non le piacesse star qui.»
«Infatti. Anch’io non riesco a capire. Nora diceva che si sarebbe fermata pochissimo, ma Rosemary si comporta come se avesse intenzione di mettere le radici per tutto l’anno. Naturalmente, Nora non può far nulla per scoraggiarla.»
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